Addio a Napolitano: da militante nel Partito Comunista a riformista e imparziale figura istituzionale

Ci lascia Giorgio Napolitano, primo presidente della Repubblica ad essere rieletto, e leader per molti anni dell’ala riformista del Partito comunista.

Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.
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Ieri il Presidente Emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è spento a 98 anni nella clinica Salvator Mundi al Gianicolo di Roma. Le sue condizioni di salute erano precarie da molto tempo per via dell’età. A darne l’annuncio è stato il presidente del Senato Ignazio La Russa.

Uomo di gran classe, elegante e “pignolo”, come lui stesso si è definito, gran lavoratore, ha accompagnato l’Italia nel periodo più buio degli ultimi 50 anni, dal punto di vista politico ed economico, garantendo quella stabilità politica di cui il nostro Paese aveva bisogno.

La sua non è stata una presidenza facile, ma ha saputo mantenere l’impegno preso nel 2006, quando davanti alle Camere ha promesso che avrebbe sempre guardato agli interessi dell’Italia. È ricordato come un presidente della Repubblica interventista, rimasto però sempre all’interno dei dettami costituzionali.

Chi era Giorgio Napolitano, dal PCI a presidente della Repubblica

Addio Napolitano da militante nel PC a figura istituzionale

Giorgio Napolitano è nato a Napoli il 29 giugno del 1925 in una famiglia borghese. Il padre era un avvocato e poeta, originario di Gallo di Comiziano, paesino della provincia di Napoli, mentre la madre, Carolina Bobbio, era di origini piemontesi. Ha studiato dapprima al liceo classico per poi laurearsi in giurisprudenza, all’Università Federico II di Napoli.

Durante l’università ha scritto articoli per la rivista dei Gruppi universitari fascisti (GUF), un gruppo studentesco di volontari, per poi entrare a far parte, nel 1945, del Partito Comunista Italiano, di cui incarnava l’ala riformista. Per i riformisti la strada non era la contrapposizione netta al capitalismo o la rivoluzione ma portare avanti con gradualità le riforme. La sua adesione al comunismo moderato però non è stata immediata ma frutto di un percorso lungo maturato nel tempo.

Nel 1953 viene eletto per la prima volta in parlamento, fino al 1996, fatta eccezione per la IV legislatura, dove viene rieletto nella circoscrizione di Napoli. Il periodo più difficile dell’epoca è stato quando l’Ungheria, che dopo la fine della Seconda guerra mondiale si trovava sotto l’influenza dell’Unione Sovietica, si è ribellata alla dittatura filosovietica portando alla repressione dell’esercito russo. Inizia così la crisi del comunismo internazionale. Se inizialmente Napolitano appoggia l’intervento sovietico in Ungheria, quando un decennio dopo avviene una situazione simile in Cecoslovacchia ne critica l’invasione.

È con lo scioglimento del Partito Comunista, nel 1991, che Napolitano ne prende le distanze per diventare una figura più istituzionale, che possa assumere cariche importanti per cui era necessaria una certa imparzialità. Quando diventa Presidente della Repubblica, inizialmente, il suo mandato, ma è nel 2010, con la crisi dei debiti sovrani, che riesce a gestire la difficile situazione italiana, di cui pare essere l’unico ad avere contezza, suggerendo a Berlusconi di dimettersi e nominando presidente del Consiglio l’economista Mario Monti.

Napolitano viene rieletto, alla scadenza del settennato, contro la sua volontà, a patto che la politica si impegnasse a portare avanti le riforme di cui l’Italia aveva bisogno. Fautore di un Governo delle larghe intese, dopo aver appurato le intenzioni riformatrici del Governo che aveva nominato, e vista l’età avanzata decide di dimettersi. Questo una parte del suo discorso pronunciato in quel frangente, come riportato da Il Post:

A quanti auspicano – anche per fiducia e affetto nei miei confronti – che continui nel mio impegno, come largamente richiestomi nell’aprile 2013, dico semplicemente che ho il dovere di non sottovalutare i segni dell’affaticamento e le incognite che essi racchiudono, e dunque di non esitare a trarne le conseguenze.

Giorgio Napolitano e la sua idea di politica

Giorgio Napolitano aveva fiducia nella politica, ne faceva un fatto di fede e ragione, fondata sulla concezione di come dovrebbe essere amministrata e organizzata la vita pubblica. Spiegava così il suo pensiero, citando le parole che Thomas Mann aveva indirizzato dall’America ai tedeschi durante il nazismo, e come riportato da Il Corriere della Sera:

Resto convinto che la politica racchiuda in sé molta durezza, necessità, amoralità, molte expediency (opportunismi, ndr)…

ma non potrà mai spogliarsi del tutto della sua componente ideale e spirituale, mai rinnegare completamente la parte etica e umanamente rispettabile della sua natura.

L’aspettò più interessante è come il suo sentimento fosse rimasto lo stesso di quando aveva cominciato il suo percorso di dirigente di partito e uomo delle istituzioni, nonostante ne vedesse gli aspetti reali, meno virtuosi.

Dietro un grande uomo vi è sempre una grande donna: chi era la compagna di vita di Giorgio Napolitano

Giorgio Napolitano era sposato dal 1959 con Clio Bittoni, 89 anni, che gli ha dato due figli, Giovanni, dirigente dell’Agcom, e Giulio, ordinario di Diritto amministrativo all’università Roma3, e ha sacrificato molto per la carriera del marito. Il suo nome è stato scelto dai genitori, militanti socialisti confinati a Ponza durante il fascismo, ai quali piaceva così tanto il nome della figlia di un compagno greco segregato con loro sull’isola, da chiamare la loro figlia così, ma anche perché non era il nome di un santo, conciliandosi con la loro natura laica.

La madre la portava in sezione ad ascoltare le discussioni sul voto femminile, ed è in questo ambiente che la giovane Clio si è formata, sviluppando la passione per la politica e per i diritti civili. Si laurea in Giurisprudenza, alla Federico II di Napoli, stessa università frequentata da Napolitano, ed è in quel periodo che inizia a frequentarlo. Racconta così a Paola Severini nel libro Le mogli della Repubblica:

Vivevo con un’amica in una stanza in affitto, mangiavamo solo cibo di rosticceria, m’erano venute le macchie di fegato sul collo.

Quando Napolitano cominciò a invitarmi a cena, a casa mia dissero che m’aveva preso per fame.

La coppia si sposa a Roma, in Campidoglio nell’ottobre del 1959, mentre il marito continua la scalata al partito. Clio ha saputo lasciare il suo incarico al momento opportuno, senza nessuna recriminazione, ma con profondo senso delle istituzioni, quando il suo lavoro poteva entrare in conflitto con il ruolo del compagno, eletto dapprima presidente della Camera e poi della Repubblica.

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