Achille Lauro tra musica e arte: “Ecco i quadri che hanno ispirato le mie maschere al Festival”

Perché il valore dell'arte sta nell'emozionare e far riflettere. E Achille Lauro con i suoi quadri sul palco dell'Ariston ha fatto tutto questo.

Asia Solfanelli
Asia Solfanelli
Intraprendente e instancabile penna, poliglotta, appassionata lettrice e avida viaggiatrice. Sviscerata amante del cinema. E ultimo, ma non per importanza, eterna studiosa, perché non si finisce mai d’imparare.
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Achille Lauro, l’ospite più visionario, spettacolare, imprevedibile, atteso e discusso di Sanremo 2021.

In scena non porta soltanto la sua voce e i suoi singoli, in scena porta musica, porta arte, moda, poesia, porta verità, porta dolore, sofferenza, riscatto, rivendicazione, libertà di essere, di apparire, lo scempio dei pregiudizi, la condanna dei giudizi, la cattiveria umana e la sofferenza che ne deriva.

Sul palco dell’Ariston, vestito Gucci, Achille Lauro si denuda, si racconta, mostra quel sé che sa tanto di tutti noi.

Rifiuta tutte le etichette e, in esibizioni che in anni di Festival della musica hanno pochi eguali, sconvolge, scandalizza e zittisce i bigotti lasciando dominare quella qualità che accomuna, o meglio, dovrebbe accomunare tutti gli uomini: la sensibilità.

E a Dio chiede di benedire chi è, chi gode, gli incompresi, chi sene frega, Dio benedica gli essere umani, perché “davanti a Dio siamo tutti uguali”: “un invito a vivere la vita con il senso che ognuno desidera. Realizzare i propri sogni, nella totale libertà”.

Sfacciato, provocatorio, ma terribilmente autentico, anche sotto chili di trucco, glitter e sangue finto: è l’essere umano nella sua pura essenza, quello che rifiuta categorizzazioni e ipocrisie, quello che non ha paura.

È Achille Lauro.

I quadri di Achille Lauro, un viaggio attraverso i generi musicali e un’umanità in evoluzione

I quadri di Achille Lauro, un viaggio attraverso i generi musicali e un'umanità in evoluzione.

Cinque generi musicali raccontati attraverso cinque canzoni e cinque performance.

Il mio sarà un viaggio nei generi musicali, i quadri ne saranno i contenitori. Generi che hanno definito e influenzato non solo la mia sensibilità di artista ma anche la percezione che la gente aveva di sé e del mondo.

Ogni genere rappresenta un’epoca, un modo di vivere e di pensare: un momento di rottura e di cambiamento.

La musica ancora oggi ne è il motore. Ha cambiato il modo di pensare, di vestire, di ballare, di interpretare la realtà e di esprimersi.

Ha legittimato la ribellione, la libertà e ha aperto le porte all’individualità.

Spiega così l’artista quel viaggio, che dall’esuberanza, curata, colorata e vistosa del glam rock passa alla trasgressione del rock n’ roll per giungere al genere più incompreso della storia, il pop. E da lì continuare nella scorrettezza e nell’anticonformismo del punk rock per finire in quella che è la rappresentazione di un’umanità continuamente trafitta dalla severità, dalla maldicenza e dall’ottusità. Perché progresso è apertura.

Perché qualunque di queste epoche musicali si prenda in considerazione, si ricorderà che al coraggio di osare ha sempre corrisposto il veleno della critica, una brutalità demolitrice a scapito di note e voci, ma soprattutto sentimenti.

Perché dietro ogni musicista, dietro ogni voce, chitarra, basso o batteria, c’è sempre e comunque un uomo e “le parole feriscono, e non tutti riescono a farsele scivolare addosso”.

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Una viaggio nella storia della musica e attraverso la sensibilità umana

Una viaggio nella storia della musica e attraverso la sensibilità umana.

Coperto da un trucco della stessa tinta dei capelli, blu, vestito brillanti e piume rosa, sopra tacchi vertiginosi, la prima sera Achille Lauro non incarna un personaggio, ma l’essenza dell’epoca glam, lusso e decadenza.

Versa lacrime di sangue che rovinano quella maschera tanto accuratamente progettata e creata, perché sotto tutto quello sfarzo, quell’esuberanza e quella teatralità esiste un cuore solitario che in pochi hanno il coraggio di mostrare nella sua debolezza.

Nella seconda serata, con quella lunga treccia rossa e quel neo sulla guancia, il quadro è dedicato a Mina. Francesca Barra e Claudio Santamaria, che danzano una coreografia ispirata a Pulp Fiction, lo accompagnano in quel dipinto dell’irriverenza, di quegli anni in cui le tenebre prendevano il sopravvento, il proibito era godimento e la parola d’ordine era “trasgredire”.

Monica Guerritore apre la terza esibizione dando voce a Penelope, quella donna che ha “aspettato, aspettato, per divenire una leggenda, un bastone con cui colpire altre donne che non avrebbero saputo essere così assennate, oneste e pazienti”.

Il pop è incompreso, banalizzato, “condannato ad una lettura disattenta, superficiale”, mancano apertura, inclusione, accettazione e, soprattutto, comprensione.

“La libertà che guida il popolo”, di Eugène Delacroix è il quadro che ispira la quarta performance, quando il cantante si presenta in abito da sposa, sventolando la bandiera italiana accompagnato dalle note dell’inno di Mameli.

Entra e bacia Boss Doms perché come il punk rock “se ne frega”, ripudia il perbenismo, l’omofobia dei poveri di spirito, i canoni di un passato che non ha più ragione di essere presente.

La “strana fiaba” finisce con l’artista in ginocchio per terra, con una rosa che gli trafigge il petto, da cui cola sangue. Perché siamo “tutti con la stessa carne debole, la stessa rosa che ci trafigge il petto. Insieme, inginocchiati davanti al sipario della vita”.

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Achille Lauro, in scena porta l’uomo come essere umano

Achille Lauro, in scena porta l'uomo come essere umano.

Eccessivo, sregolato, costruito, profanatore, esibizionista, per molti tutto questo, per altri molto di più.

Temerario e audace, Achille Lauro fa protagonista l’essenza e l’impulso umano, quell’istinto a rompere con schemi prestabiliti, le congetture, in nome di quella insaziabile sete di libertà, per sua stessa natura impossibile da sopire.

In molte delle sue sfaccettature, in scena c’è l’uomo, sia esso “colpevole, innocente, attore, uditore, santo, peccatore”.

A quei adulti e anziani ancora ancorati ad una tradizione ormai passata. A quei giovani che chiedono alla società più spazio e attenzione e, non appena qualcuno se li prende, sono i primi a dire “anni fa l’hanno fatto meglio”.

A chi non riesce ad aprire gli occhi e vedere come non solo la musica, ma anche il mondo e l’umanità cambiano, a chi troppo spesso dimentica che sotto ogni trucco e parvenza si nasconde un’anima.

Achille Lauro, che ne piaccia o meno la voce, o le canzoni, tra scenografie e costumi di un grande spettacolo, emoziona e fa riflettere.

Ed è questo o no il valore dell’arte?

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