Chi è Agnese Rapposelli e come ha sfidato i baroni della malauniversità

Intervista ad Agnese Rapposelli, la studiosa che ha sfidato i baroni della malauniversità scrivendo e vincendo numerosi ricorsi al TAR contro la Chieti-Pescara.

Cecilia Capanna
Cecilia Capanna
Appassionata di temi globali, di ambiente e di diritti umani, madre di tre figli del cui futuro sente un grande senso di responsabilità
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Agnese Rapposelli è la protagonista di una delle tante vicende di malauniversità che accadono in Italia e che generalmente restano nell’ombra. Questa volta però la tenacia di questa giovane abruzzese, gentile ma soprattutto forte, ha scoperchiato il sistema scorretto dei concorsi dell’Università Chieti-Pescara, tanto da provocare le indagini addirittura di due Procure contemporaneamente.

Ad accendere un faro sulla storia di Agnese Rapposelli, il longform sui concorsi truccati di Repubblica ha dato ulteriore spinta alla ricercatrice universitaria ad andare avanti nella sua battaglia, che a quel punto da personale è diventata di tutte le vittime della malauniversità, un simbolo per il cambiamento. La abbiamo intervistata e ci ha raccontato la sua tortuosa vicenda e le forti emozioni che la hanno accompagnata.

La storia di Agnese Rapposelli

Agnese Rapposelli appare una persona solare e sorridente, molto simpatica e comunicativa. La conversazione è subito vivace e semplice, senza fronzoli. Via via che racconta la sua storia però impressionano la sua forza e la sua tenacia, una tenacia da monaco certosino.

Si è laureata molto presto e molto presto è diventata mamma. La sua carriera universitaria è cominciata proprio all’Università “G. D’Annunzio Chieti-Pescara” con la laurea in Economia e Commercio e subito dopo con il Dottorato in Statistica a soli 26 anni. La sua vocazione universitaria a quel punto ha dettato la sua scelta di continuare come ricercatrice. Agnese Rapposelli ha cominciato così a produrre dei lavori scientifici con varie borse di studio e assegni di ricerca sempre per l’Università di Chieti-Pescara, poi pubblicati su varie riviste internazionali. Agnese ha ricordato quel periodo:

La carriera non è precaria, di più. Non solo all’inizio ma poi anche per molti anni. Ci sono periodi in cui si lavora con borse di studio e assegni di ricerca, periodi in cui non si viene pagati. A quel punto devi fare un lavoro fuori dall’università e la sera studiare per pubblicare. E poi quando escono questi agognati bandi di concorso si prova a farli. Nel mio caso ho scelto di farli solo a Chieti-Pescara per ragioni familiari.

È qui che comincia il calvario di una brillante ricercatrice sicura delle proprie capacità, un cervello che ha deciso di non fuggire e di intraprendere la carriera universitaria nel suo paese. Tutto l’anticipo guadagnato durante i veloci anni di studio Agnese Rapposelli lo ha perso scontrandosi con il muro di commissioni che ad ogni concorso la destinavano ad arrivare seconda, sempre e inesorabilmente seconda.

È iniziato così il ping pong di concorsi e ricorsi al TAR che Agnese ha fatto in modo indefesso e che ha portato la Procura di Pescara e la Procura di Chieti ad andare a fondo della questione.

Le motivazioni delle indagini in corso

Ad insospettire i giudici è stato in particolare l’ultimo concorso sostenuto da Agnese Rapposelli per la prima volta nel 2018, una prova che la ricercatrice ha dovuto ripetere per ben 3 volte dopo che il TAR le dava sempre ragione. Si tratta del Concorso di Statistica Economica di tipo B con in palio un posto ambitissimo: ricercatore per tre anni ma potenzialmente a tempo indeterminato se si è in possesso dell’Abilitazione scientifica nazionale (che la studiosa ha dal 2017) e se si è valutati positivamente a fine incarico. Agnese ha spiegato:

Le sentenze del TAR hanno motivato così l’annullamento del concorso: “Sono stati stabiliti criteri di valutazione irragionevoli, è manifesto il difetto di irragionevolezza e proporzionalità dei criteri”. I criteri di valutazione quindi non erano stati equi e equilibrati. 

Ma la cosa particolare è che tutte le volte i giudici del TAR Abruzzo hanno inviato gli atti in procura, questa è una cosa molto rara. Quindi oltre ad annullare il concorso da un punto di vista amministrativo, l’invio degli atti in procura significa che sono stati ravvisati degli elementi tali che fanno ipotizzare un reato. Una prima volta alla Procura di Pescara, la seconda volta alla Procura di Chieti. Quindi attualmente ci sono due procure che stanno indagando su un concorso, mi sa che è un caso unico. 

I peccati dell’università Chieti-Pescara

Di fatto, ciò che aveva spinto i giudici a coinvolgere la procura era il fatto che alla espressa richiesta del TAR di rifare il concorso con una commissione differente è seguito un anno e mezzo di blocco perché non si riusciva a comporre una nuova commissione. Perché? Agnese Rapposelli ha raccontato:

I commissari vengono sorteggiati tra i professori del settore in tutta Italia. Il problema era che ad ogni sorteggio tutti declinavano l’invito. A quel punto ho dovuto fare un altro ricorso che si chiama “ricorso per ottemperanza”, cioè un ricorso in cui chiedi che venga eseguita la sentenza.

I tre giudici mi hanno dato ragione anche quella volta e hanno emesso una sentenza molto pesante. Di fatto imputavano all’Università la negligenza nel non aver verificato la disponibilità dei convocati e le motivazioni di chi rinunciava, “prima di procedere a ripetuti inutili sorteggi”.

A quel punto è stato nominato un commissario ad acta nella persona del Prefetto di Chieti che, se entro 30 giorni non si fosse conclusa questa storia, avrebbe direttamente nominato il vincitore. In quel momento sono stati inviati gli atti alla procura di Chieti, evidentemente anche per delle irregolarità sul procedimento amministrativo circa la nomina delle commissioni. In più gli atti sono stati inviati anche alla Procura della Corte dei Conti per danno erariale a carico dello Stato.

Tirando le somme, questa la trafila di storture della malauniversità:

  • Irregolarità nei criteri di valutazione;
  • irregolarità nella nomina dei commissari;
  • inottemperanza sia da parte dell’Università, che per un anno e mezzo non aveva formato la nuova commissione richiesta dalla sentenza, che da parte dei professori che declinavano la chiamata a farne parte (ben 38 su 43!);
  • danno erariale in quanto le spese legali di tutta questa faccenda sono a carico dell’università, dunque dei contribuenti.

A tutto questo, si è aggiunta la testimonianza di un video, pubblicato da Repubblica, in cui un professore di Chieti-Perscara insiste nel “far ragionare” Agnese mentre le fa proposte alternative. La ricercatrice però su questo non si sbottona, le indagini in corso non lo permettono.

La vittoria parziale di Agnese Rapposelli

Pochi giorni fa la vicenda è arrivata ad una conclusione parziale. Infatti, sebbene ancora non fosse arrivata la sentenza dell’ennesimo ricorso, Agnese Rapposelli ha ottenuto l’incarico. Il posto però è diventato suo per “slittamento”, perché il primo classificato si è ritirato, probabilmente per aver vinto un concorso altrove.

Resta la giustizia ancora da fare nelle aule dei tribunali e l’amaro di anni spesi a combattere contro la malauniversità recidiva ma con la speranza che le due procure che stanno indagando vadano fino in fondo. Agnese ha raccontato cosa la ha spinta nella sua battaglia:

La ricerca secondo me dovrebbe essere la massima espressione della libertà, io non avrei potuto fare altrimenti per come sono fatta. Quando ho iniziato a intraprendere questa strada sapevo che probabilmente il posto non lo avrei preso ma ero determinata.

Certo è che in alcuni momenti non mi sarei aspettata tanto. Più che una salita è stato un burrone ripido da scalare. Però per me era o così o niente. Ho avuto momenti di scoraggiamento, di pianto disperato, ma subito dopo ho reagito e sono tornata sulle carte. È una questione di principio, una questione che va al di là del personale.  

Agnese risponde all’accusa di essere una ricorrente seriale

Agnese Rapposelli

Se Agnese Rapposelli è riuscita a fare e vincere tanti ricorsi al TAR lo deve non solo alla sua tenacia e determinazione ma anche alla sua preparazione. Le sono venuti in soccorso gli esami di Diritto fatti per la laurea in Economia e Commercio. Questo mix vincente di qualità e di competenze però è oggettivamente raro. Ci si chiede quante altre situazioni simili di malauniversità passino in sordina perché le vittime sono sprovvedute e costrette a rassegnarsi.

Qualche provocatore le ha dato l’appellativo “ricorrente seriale”, Agnese risponde così:

Mi hanno fatto sorridere perché mi è sembrata una valutazione molto superficiale. Dietro a questa “ricorrente seriale” ci sono anni di serate passate a leggere le carte, a scrivere, a fare i report per l’avvocato, a fare e rifare concorsi, oltretutto con una figlia. Sfido io.

Oltretutto avendo l’abilitazione da commercialista, nel frattempo lavoravo anche in uno studio e tutti questi ricorsi “seriali” li preparavo la sera e nei week end. Chi mi definisce una ricorrente seriale ha un’idea? È proprio fermarsi alla superficie delle cose, non andare a fondo. 

Lo fai anche perché speri che qualcosa cambi, lo fai per un ideale, perché sennò razionalmente non lo consiglierei, ci vuole una fortissima tenuta psicologica e un buon equilibrio altrimenti è devastante.

Sminuire il problema secondo me non fa bene all’università buona che c’è, esiste. Non voglio dire che fa tutto schifo, anche perché sennò non avrebbe senso il fatto che io voglia entrare in un posto dove penso che faccia tutto schifo.

L’università buona dovrebbe cercare di crearsi gli anticorpi per eliminare quelle che sono delle storture, degli elementi patologici. 

I consigli di Agnese Rapposelli a chi è vittima di malauniversità

Agnese Rapposelli è stata molto sostenuta, l’opinione pubblica è dalla sua parte. Continua a ricevere moltissimi messaggi di incoraggiamento sia sui social, sia via mail. Questo dimostra che il suo messaggio è passato e che la frustrazione per le ingiustizie all’interno delle università è alta.

Per concludere, le abbiamo chiesto quali sono i suoi consigli alle vittime di malauniversità, la sua risposta:

A qualcuno che avesse il mio problema mai potrei consigliare altre strade. Io dico sempre che bisogna entrare dal portone, mai dalla finestra.  È chiaro che è la strada più dura, però è anche la strada che ti lascia libero. Con le scorciatoie non sarai mai libero, credi di esserlo ma dovrai sempre rendere conto a qualcuno. Io non avrei mai potuto fare altro. 

Esiste poi un’associazione che aiuta proprio le persone vittime di malauniversità. Si chiama TRAME, “L’unversità che vogliamo, trasparenza e merito”. Sono entrata a farne parte dal primo ricorso. Ho scoperto che il mio non è un caso raro, ce ne sono proprio tanti e purtroppo non è che vanno tutti a buon fine.

Leggi anche Milano, concorsi truccati all’università statale: indagato anche il virologo Massimo Galli

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