Ulay, il più grande artista sconosciuto

Definirlo lo 'storico compagno di Marina Abromonić' è non rendere giustizia alla sua arte e al suo genio.

Asia Solfanelli
Asia Solfanelli
Intraprendente e instancabile penna, poliglotta, appassionata lettrice e avida viaggiatrice. Sviscerata amante del cinema. E ultimo, ma non per importanza, eterna studiosa, perché non si finisce mai d’imparare.
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Ulay, pseudonimo per Frank Uwe Laysiepen. Un nome spesso coperto dalla grandezza dell’ombra di quello della sua ex partner Marina Abramović, ma che nasconde la singolare esistenza di un uomo che, non solo ha fatto dell’arte la sua vita, ma che ha saputo dare vita all’arte stessa.

Ulay e l’inseparabile connubio tra arte e vita

Ulay e l'inseparabile connubio tra arte e vita.

Nato a Solingen il 30 novembre 1943, l’artista, che diventerà al mondo noto come Ulay, è di famiglia nazista.

Rimasto fin da giovanissimo non solo orfano, ma anche solo, vive con così tanta insofferenza le sue origini che, pur abbandonando una moglie e un figlio piccolo, decide di trasferirsi in Olanda, rinnegando il suo nome e rifiutando la sua nazionalità.

Attratto dal movimento anarchico dei Provo, Ulay si trasferisce ad Amsterdam dove approccia e inizia a sperimentare la fotografia, prima con la macchina analogica, poi con gli straordinari poteri artistici della Polaroid.

Proprio ad Amsterdam conosce Marina Abramovic mentre la stessa si esibisce alla Galleria De Appel: il sodalizio è subito forte, sentimentale ma anche artistico.

A bordo di un van girano il mondo, si esibiscono, si amano, si odiano, si feriscono, si supportano e restano insieme per ben dodici anni. Fino a quando, dopo aver ognuno percorso a piedi mezza muraglia cinese, si incontrano a metà cammino per dirsi addio.

Lasciata la sua compagna, Ulay torna a dedicarsi alla fotografia e nel 2009 si trasferisce a Lubiana, dove gli verrà diagnosticato un cancro.

Dopo aver rivisto i luoghi e le persone più importanti della sua vita, l’artista morirà il 2 marzo 2020 proprio nella capitale slovena.

Ma chi è davvero Ulay?

Ma chi è davvero Ulay?

Fin da giovane Ulay si mostra temerario e intraprendete, nell’arte si sperimenta e c’è ancora molto da esplorare, soprattutto se si considerano tutte le possibilità offerte dai nuovi media.

Allora la fotografia si poteva considerare come un’invenzione piuttosto recente e l’avvento della Polaroid, che consente di scattare e stampare quasi a un solo tempo, cattura completamente il giovane Ulay. Radicale, anarchico, provocatorio e sfrontato.

Nella sua arte ci sono i sobborghi, ci sono i reietti, ci sono travestiti, tossicodipendenti, persone con problemi mentali, c’è quella parte di società malandata e abbandonata a sé stessa. E ci sono gli autoscatti: una serie infinita di autoritratti che mostrano l’artista alla ricerca dell’altro in sé stesso. Lo troviamo truccato solo per metà volto, e con la lunga chioma solo da una parte. Gioca con i travestimenti, gli abiti e il corpo.

Tra le opere più originali si ricorderà il furto dell’opera “Der arme Poet di Carl Spitzweg dalla Nationalgalerie di Berlino. Si narra fosse il dipinto preferito di Adolf Hitler nonché una sorta di icona identitaria per la Germania.

Dal museo berlinese Ulay porta il quadro in uno dei quartieri più poveri della capitale, a Kreuzberg, un vero e proprio ghetto di immigrati in cui una famiglia di origine turca si offre di partecipare alla ‘esibizione’.

Piazzato il quadro è lo stesso artista ad avvertire la polizia e ad assumersi le conseguenze delle sue azioni, mentre una camera riprende l’intero evento, nonché i volti perplessi degli astanti.

Ma questa non è che un esempio del suo folle genio e delle sue trovate. Nell’arte performativa Marina e Ulay trovano sangue alla loro vena artistica: l’arte si anima e respira, c’è tensione, c’è dolore, sentimento, sofferenza, c’è vita.

Se cerco le origini genetiche della mia identità, devo andare sotto alla mia stessa pelle.

Il corpo, usato anche in modo violento, sottoposto a tagli e contusioni, diviene soggetto e oggetto d’arte. I Relation Works, che spingono gli artisti a esplorare i limiti della resistenza fisica e psichica, sono tra le opere più note, insieme a Imponderabilia (1977) e Rest Energy (1980).

Amati tanto quanto discussi.

Leggi anche: Firenze si sveglia con “La Ferita” del Covid sull’arte: JR apre i musei a modo suo

L’artista sconosciuto nell’ombra di Marina Abramović

L'artista sconosciuto nell'ombra di Marina Abramović.

Celato dietro al più grande nome della sua ex compagna, Ulay è un’artista poco considerato, trascurato, malgrado nelle sue opere ci sia invece molto da apprezzare.

Polemico, dissacrante, rivoluzionario e tormentato, Ulay porta con sé e nella sua arte il suo spirito esuberante, trasgressivo, la sua curiosità e quell’instancabile propensione verso i limiti e oltre di essi.

Nello Stedelijk Museum di Amsterdam si trovano parte delle sue opere. Mentre, chiunque voglia approfondire l’esistenza di quest’incredibile personaggio troverà nel video, prodotto dal Louisiana Museum of Modern Art, un uomo canuto e dalla folta barba che con emozione racconta la sua stessa vita e la sua carriera.

Leggi anche: Nessuno è immune: il Covid contagia anche l’arte e i grandi artisti

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