Zurigo, cliente non paga la prostituta: “È un lavoro immorale”. Condannato per frode

Piuttosto contraddittoria la difesa dell'uomo che rifiutandosi di pagare la prostituta con cui era appena stato, la accusa di immoralità.

Clarice Subiaco
Clarice Subiacohttps://medium.com/@ClariceSubiaco
Classe 1986, passato di studi umanistici e presente nel mondo dei dati. In mezzo, esperienze di lavoro come Digital PR, Content Strategist e Project Manager per startup e agenzie internazionali. Ama raccontare l'innovazione che ha un forte impatto sociale.
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L’Alta corte svizzera ha condannato per frode un uomo che si è rifiutato di pagare una prostituta. Il tribunale ha respinto la tesi dell’imputato secondo cui la natura immorale della prostituzione lo avrebbe assolto da illeciti criminali.

Si presentava come generoso acquirente di servizi sessuali

Su internet, dove cercava servizi sessuali, l’uomo si mostrava molto generoso, in particolare con donne “giovani” a cui prometteva anche 2.000 franchi svizzeri, pari a circa 1.850 euro, a prestazione. Il caso che l’ha portato in tribunale risale al 2016, in occasione di un appuntamento con una prostituta in una camera d’albergo. Alla richiesta di pagamento anticipato, l’uomo si affrettò a rassicurare la ragazza, dicendole che l’avrebbe pagata subito dopo.  

Al termine della prestazione, il cliente si è invece dileguato, lasciando la giovane prostituta senza la dovuta ricompensa. 

L’accusa di frode e l’assurda difesa

In seguito a questa vicenda l’uomo è stato condannato per frode, ma ha portato il caso al tribunale federale dopo che un grado di giudizio inferiore aveva respinto il suo ricorso. Nella sentenza federale si legge che l’uomo avrebbe addotto come scusa per il mancato pagamento il fatto che il contratto di prostituzione sarebbe “immorale”.

In Svizzera il lavoro sessuale è legale dal 1942 e per questo i compensi dei lavoratori e delle lavoratrici del sesso sono tassati come qualsiasi altro reddito.

In considerazione di ciò, non è più possibile considerare immorale il contratto tra la prostituta e il suo cliente senza alcuna restrizione.

Si legge nel rapporto del tribunale.

Alle accuse verso la donna di aver agito in modo sconsiderato il tribunale sentenzia:

Può essere vero che in una certa misura sia stata credulona non insistendo sul pagamento anticipato. Tuttavia, anche un grado considerevole di ingenuità o incoscienza da parte della vittima non porta necessariamente all’impunità dell’autore del reato.

Ad oggi l’attività di prostituzione in Svizzera è annoverata tra le professioni autonome, chi la svolge deve dichiarare la propria attività al fisco, pagare le imposte sui servizi offerti e rispettare i requisiti normativi. È consentita, sotto diverse licenze, sia l’attività individuale in appartamento, sia quella in luogo condiviso (postribolo), sia quella in strada. Fino al 2014, in Svizzera era consentita anche la prostituzione minorile fino ai 16 anni di età.

Lo stato del lavoro sessuale in Italia

In Italia, la vendita di prestazioni sessuali in cambio di denaro non è di per sé un reato. Lo è invece ogni attività di sfruttamento, favoreggiamento, l’organizzazione in luoghi chiusi come bordelli, e in generale il controllo da parte di organismi terzi. Tale configurazione deriva dalla legge Merlin, entrata in vigore nel 1958, che aboliva le case chiuse e di fatto rendeva illecite tutte le attività che fanno da corollario alla prostituzione. Oggi, dunque, anche se legale, il lavoro sessuale non viene riconosciuto come attività lavorativa vera e propria e perciò i proventi di tale attività non sono sottoposti a tassazione, né tantomeno alle tutele previste dagli altri contratti lavorativi come ferie, malattia, contributi pensionistici. A questo si aggiunge lo stigma sociale che rende il lavoro sessuale un macigno insostenibile per chi decide di fare questa scelta.

Collettivo Ombre Rosse: “Vogliamo che il sex work sia un lavoro come un altro”

Siamo per rendere il sex work un lavoro come un altro, dando la possibilità alle prostitute di aprire una partita Iva, creare una cooperativa, o lavorare da libere professioniste.

In Nuova Zelanda, ad esempio, le sex worker pagano le tasse, hanno accesso ai diritti ed è garantito l’anonimato.

Queste le parole rilasciate all’agenzia Dire, da una rappresentante del collettivo Ombre Rosse, che da anni difende i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici del sesso.

Prostituzione e Covid-19

La pandemia da Covid-19 ha lasciato senza lavoro migliaia di sex worker, che da un giorno all’altro si sono ritrovate senza clienti. Se questa attività fosse regolamentata, anche chi opera in questo settore avrebbe potuto beneficiare di sussidi e qualche tutela in più. Vista la difficile situazione, qualcuna ha deciso di continuare a lavorare cercando di limitare al minimo i rischi:

Facendo attenzione e usando determinate posizioni si possono anche mantenere le distanze.

Riferisce una sex worker del collettivo Ombre Rosse, che preferisce rimanere anonima.

Il modello abolizionista svedese: la prostituzione è una forma di stupro

In alcuni paesi come Svezia, Islanda, Norvegia, Francia, Corea del Sud, Irlanda e Israele sono state introdotte delle leggi per favorire l’uscita dal mondo della prostituzione attraverso una depenalizzazione delle prostitute e un inasprimento delle pene per gli acquirenti di servizi sessuali. Cecilie Høigård, una delle ricercatrici che si è occupata dell’elaborazione di tale modello, racconta che dopo aver raccolto migliaia di testimonianze, ha realizzato che i racconti delle prostitute non erano poi così dissimili a quelli delle donne vittime di abusi sessuali:

Dopo che il compratore aveva consumato, diventava sempre più difficile riavere indietro il proprio sé. Alla fine le donne si percepivano come senza valore, sporche e disgustose.

Spiega nella relazione alla sua ricerca.

Leggi anche: Prostituzione in Italia, il fenomeno della tratta al servizio di 16 milioni di uomini

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