Roma, 15 aprile 1967: muore Antonio De Curtis, in arte Totò, il Principe della risata italiana

Il 15 aprile 1967, esattamente 54 anni fa, ci lasciava Antonio De Curtis, in arte Totò, meglio conosciuto come il Principe della Risata.

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Al mio funerale sarà bello assai perché ci saranno parole, paroloni, elogi, mi scopriranno un grande attore: perché questo è un bellissimo paese, in cui però per venire riconosciuti qualcosa, bisogna morire.

Totò, in arte Antonio De Curtis: attore, commediografo, poeta, paroliere e sceneggiatore

totò antonio de curtis

Attore, commediografo, poeta, paroliere e sceneggiatore italiano: così lo descrive Wikipedia ai più che non ne conoscono la grandezza e che ignorano quanto fosse, in realtà, molto di più. Un nobile, per esempio.

Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio è il vero (e chilometrico) nome di Totò che, da sempre appassionato di titoli nobiliari, combatté con le unghie e con i denti per ottenere il riconoscimento del proprio.

Un nome iconico, che basta sentire anche solo di sfuggita per ricordarne la buffa espressione dalla mandibola leggermente storta. Le sue frasi ad effetto – “E io pago!” – lo hanno accompagnato nei ruoli più disparati: Pinocchio, d’Artagnan, uno sceicco, un maresciallo, un reduce di guerra e pure un egiziano. Scatenando sempre una scia di risate infinita.

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Totò, i migliori film e il suo irresistibile spirito partenopeo

totò peppino e la malafemmina

Attore in ben 97 film della scena comica italiana, Totò incarna perfettamente lo spirito partenopeo. Tra le pellicole che ci sentiamo di ricordare come veri capolavori c’è Totò, Peppino e la Malafemmina (1956), emblematica per l’importante lavoro di improvvisazione di Totò e Peppino, soliti stravolgere i copioni e agire di testa propria.

Ma anche Miseria e Nobiltà (1954), con Totò nei panni di Felice Sciosciammocca, un uomo senza soldi, separato dalla moglie e che vive tutto un po’ “alla giornata”. E a fare la storia c’è anche Totòtruffa 62, capolavoro del 1961, i cui protagonisti sono due ex trasformisti che vivono di piccole truffe e che riescono, troppo spesso, a sfuggire alla Legge.

Ruoli a volte diversi tra loro, accompagnati tutti da un senso di comicità e un talento spiccati, incapaci di risparmiare applausi e risate, ma che nascondono, però, anche una grande sensibilità interiore. A dimostrazione che, in fondo, “c’è chi può e chi non può: io può”, diceva Totò.

È bella la notte: bella quanto il giorno è volgare. […] Io amo tutto ciò che è scuro, tranquillo, senza rumore. La risata fa rumore. Come il giorno.”

Dall’intervista di Oriana Fallaci, L’Europeo, 1963.

di Vittoria Lolli

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