Serena Mollicone, pm: “A toglierle la vita fu Marco Mottola”

Serena Mollicone sarebbe stata uccisa da Marco Mottola, figlio dell'ex comandante della caserma di Arce, dove ha perso la vita la giovane nel 2001.

Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.
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Il processo Mollicone sembra essere giunto a un punto di svolta. L’autore dell’omicidio di Serena Mollicone, la studentessa 18enne assassinata nel 2001 nella caserma di Arce e poi sepolta in un bosco, è Marco Mottola.

I reperti ritrovati e filtrati presso l’Istituto di medicina legale di Milano, quali i frammenti di legno con composti di colla che è noto non essere presenti all’interno dei vegetali, sono stati identificati come frammenti della porta dell’alloggio di servizio, trattenuti dai capelli della vittima.

Di conseguenza la tesi della difesa, che colloca la morte della ragazza fuori dalla caserma contro una superficie che non è compatibile con una porta, non regge, spiega la pm Maria Beatrice Siravo alla corte d’Assise.

Processo Mollicone, Mottola: “Io e Serena non avevamo nessun flirt”

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Marco Mottola è uno degli imputati accusato di omicidio e occultamento di cadavere insieme al padre Franco Mottola, ex comandante della caserma, e la madre Anna Maria. Gli altri due imputati sono il luogotenente Vincenzo Quatrale e l’appuntato dei carabinieri, Francesco Suprano.

Mottola si è difeso così in aula difende per scagionarsi dalle accuse:

Non ho ucciso Serena Mollicone, né nessuno dalla mia famiglia l’ha fatto. Non ho mai litigato con lei che conoscevo dai tempi delle scuole medie.

Conoscevo Serena perché andavo a ripetizioni di francese dal padre. Ci siamo frequentati in comitiva fino ai 16 anni, non abbiamo mai avuto una relazione, nessun flirt.

Processo Mollicone, prove che incolpano Mottola

La difesa sostiene inoltre che le lesioni ritrovate sulla porta dell’alloggio di servizio della caserma siano state causate da un pugno sferrato in un momento d’ira durante un litigio tra padre e figlio. Anche in questo caso l’accusa ha portato come prova un calco del pugno in 3D realizzato con le mani e appartenenti agli imputati Marco Mottola e Franco Mottola. Nessuno dei due calchi sarebbe compatibile con il foro presente sulla porta.

Vi è inoltre la ricostruzione dei medici legali, secondo i quali la giovane sarebbe stata dapprima aggredita presso l’alloggio di servizio di Mottola, che le avrebbe poi fatto sbattere la testa alla porta. La giovane però, il cui corpo fu trovato qualche giorno dopo nel bosco dell’Anitrella, non sarebbe morta sul colpo e poteva essere salvata, invece specificano i periti:

Fu lasciata, invece, in queste condizioni per 4/6 ore prima di essere uccisa dal nastro adesivo che gli è stato applicato sulla bocca e sul naso provocandone il soffocamento.

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