Regolarizzare i lavoratori in nero migranti e salvare i nostri raccolti

Elza Coculo
Elza Coculo
Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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La filiera agroalimentare, settore produttivo strategico dell’economia italiana, è messo a dura prova dai disagi causati dal coronavirus. Si fatica a trovare la manodopera necessaria per la raccolta stagionale e molti prodotti stanno macerando nei campi. La questione è prioritaria, bisogna agire velocemente. Sempre più voci si levano per la regolarizzazione dei circa 600 mila lavoratori clandestini, altrimenti sfruttati dalla criminalità. Aperture anche dalla Ministra all’agricoltura, Teresa Bellanova, che in aula al Senato ha chiesto alla politica più coraggio:

La filiera alimentare non ha interrotto un solo giorno di lavoro, ma le criticità sono all’ordine del giorno. Le associazioni ci parlano di una carenza di 270-350 mila lavoratori. Colleghi e colleghe abbiamo il dovere di un’assunzione di responsabilità. O è lo stato a farsi carico di queste persone o sarà la criminalità.

I migranti possono aiutarci a superare questa pandemia

Già il 15 gennaio scorso la Ministra dell’interno, Luciana Lamorgese, aveva annunciato la possibilità di un provvedimento da parte del governo per intervenire sulla regolarizzazione dei migranti senza permesso di soggiorno, in presenza di un contratto di lavoro. A causa dell’emergenza Covid la Camera dei deputati ha rinviato il convegno sul tema, organizzato dalla campagna Ero straniero, previsto a fine febbraio. Ma ora, proprio a causa della stessa emergenza, la proposta torna al vaglio. Così tra i Ministeri di agricoltura, lavoro, interni, economia e giustizia circola, per ora in via riservata, una bozza di legge nella quale si parla esplicitamente della loro regolarizzazione tramite una ‘dichiarazione di emersione dei rapporti di lavoro’. Si tratta di una scelta di legalità e sicurezza necessaria, con effetti positivi molteplici. M rilancia Ero straniero:

Un provvedimento del genere, limitato nel tempo e a determinati settori, non andrebbe a intaccare il grosso dell’irregolarità e non contribuirebbe a combattere il fenomeno del lavoro nero nel nostro Paese. Il governo vada fino in fondo.

L’allarme arriva dalla filiera agroalimentare, ma questo non è l’unico settore interessato dal lavoro nero. Si pensi, per esempio, alle migliaia di badanti o ai lavoratori nei cantieri. Già oggi molte altre realtà sono in crisi per l’assenza di manodopera straniera. Leggi anche: Coronavirus: andrà via con l’estate?

‘Impediamo alle mafie di continuare a gestire queste persone’

Il dibattito è politico. E nonostante l’articolo 7 della bozza decreto escluda dal provvedimento destinatari di espulsioni, condannati o soggetti pericolosi per la sicurezza dello Stato, ciò non ha certo calmato le opposizioni. Ma cosa significa regolarizzare? Parla il capo della Direzione nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho, in un’intervista per Avvenire:

Da un lato si darebbe corpo al senso di umanità che deve sostenere qualunque iniziativa politica e sociale. Dall’altro impedirebbe alle mafie di continuare a gestire le difficoltà e le sofferenze di queste persone con la mannaia dell’intimidazione e del condizionamento. Le mafie si arricchiscono nel settore dell’intermediazione dalla manodopera. Costruiscono vere e proprie società che poi molto spesso chiudono dopo due, tre anni senza aver adempiuto agli oneri tributari e a quelli previdenziali.

Regolarizzare significa offrire l’opportunità, a chi già si trova nel nostro Paese, di vivere e lavorare legalmente senza essere costretto a lavoro nero e sfruttamento. Significa avere maggiore controllo e contezza della presenza sul territorio di centinaia di migliaia di persone di cui oggi non sappiamo nulla. Dunque più sicurezza, soprattutto nel periodo di emergenza sanitaria che stiamo vivendo. Significa nuove entrate fiscali e contributive preziosissime. E permetterebbe di rispondere alle richieste pressanti dei tanti datori di lavoro che, bisognosi di personale, attualmente non possono assumere. Leggi anche: “Non emigrate”: il profugo cantante che vuole convincere gli africani a non partire

Immigrazione, coronavirus e sicurezza

Gestire centinaia di migliaia di persone che sono sul territorio, ma di cui non sappiamo nulla, significa più sicurezza anche dal punto di vista sanitario. Vista l’emergenza in corso è importante farsi carico anche di questi ‘invisibili’ che come chiunque altro, potrebbero essere veicolo del virus. Ha dichiarato Pietro Bartolo, medico di Lampedusa prestato all’Europarlamento, ai microfoni dell’emittente Radio Cusano Campus:

Questi invisibili non sono rientrati neanche nei decreti d’emergenza per il coronavirus. Ma queste persone ancora oggi, in modo non normale, lavorano nei campi e rischiano di prendere il virus.

Bartolo elogia l’esempio del premier portoghese Antonio Costa, che regolarizzando gli immigrati ha dato loro la possibilità di avere accesso ai diritti sanitari. E così facendo ha potuto tenere sotto controllo chi ha contratto il virus. di Elza Coculo

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Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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