Il cibo dovrebbe essere un diritto fondamentale, come menzionato anche dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, ma spesso non lo è, soprattutto nei paesi che vivono situazioni di guerre e carestie. Il problema della povertà alimentare si sta presentando anche in Italia, come conseguenza della povertà economica, complice la crisi subentrata con l’arrivo della pandemia. Ma non è tutto.
Tenendo conto dei dati Istat che registrano un aumento di milioni di poveri in assoluto, e secondo l’ultimo report stilato da ActionAid, la povertà alimentare in Italia sta divenendo un fenomeno destinato a perdurare nel tempo.
Povertà alimentare: il rapporto di ActionAid
L’indagine svolta da ActionAid sulla povertà alimentare e il Covid-19 ha riguardato il territorio metropolitano di Milano, in particolare i comuni di Corsico, Cinisello Balsamo, Baranzate e Rozzano. Nello specifico il report si è basato su interviste svolte a 53 famiglie del territorio.
Dalle interviste emerge uno scenario di grande disagio. Ecco cosa ha raccontato Giuliana, mamma di tre figli:
Sono una mamma di tre ragazze, finché si può cerchiamo sempre di lavorare. Cosa vuol dire essere al limite? Non avere i soldi per fare la spesa.
Patrizia, un’altra mamma, ha detto che spesso si è privata insieme al marito di qualcosa per non farla mancare ai figli:
Mi è capitato spesso in questo anno, sia io che mio marito di non mangiare qualcosa perché se no non bastava per tutti.
Spesso mi chiedono le lasagne ma io non posso prepararle, non ho soldi.
Dal rapporto inoltre emerge come siano le donne i soggetti più colpiti dalla povertà, perché sono loro che spesso si occupano della questione riguardante il cibo per tutta la famiglia.
Povertà alimentare: come intervenire?
Roberto Sensi, responsabile del programma povertà alimentare dell’associazione, ha così commentato il problema sempre più dilagante della povertà alimentare, affrontando anche le possibili soluzioni:
Le politiche di contrasto messe in campo finora hanno avuto prevalentemente un carattere emergenziale. Con la pandemia, però, la povertà alimentare è diventata una questione sociale come non era da almeno 30 anni e i limiti delle iniziative attuate risultano oggi più evidenti.
Il sistema della redistribuzione delle eccedenze, sviluppatosi negli ultimi anni, è senza dubbio utile, il privato sociale e gli enti no profit fanno tanto, ma queste non possono essere le risposte delle istituzioni. Occorre in primo luogo che queste ultime si facciano carico di un’indagine statistica completa per valutare le dimensioni del problema e prendere contromisure adeguate.
Inoltre Sensi vuole ribadire il concetto che gli aiuti dati fino ad ora sono utili sì, ma servono solo a tamponare il problema senza risolverlo alla base. Ed ha aggiunto:
I buoni spesa erogati in occasione della pandemia hanno rappresentato un punto di partenza ma hanno anche tanti aspetti critici, a partire dai criteri di distribuzione e dal carattere emergenziale.
Per valutare l’entità di un sostegno al reddito adeguato ai diritti della persona, bisogna che il governo consideri correttamente il costo medio di una dieta sana e dignitosa. Un costo che, per una famiglia di quattro persone, supera i 700 euro al mese.
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