Ponte aereo di Kabul: i precedenti e perché sembra quasi completamente una sconfitta

Ponte aereo di Kabul: le difficoltà e gli errori di valutazione di Biden. Quali scenari futuri si aprono per l'Afghanistan?

Domenico Di Sarno
Domenico Di Sarno
Informatico e politologo laureato con Lode. amante dei libri di ogni genere perché fortemente convinto che la cultura sia come il cibo, ne serve ogni giorno per nutrire la mente. Appassionato di storia e diritto costituzionale.
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Ponte aereo di Kabul: una situazione difficile per gli Usa. Il 14 agosto 2021 il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha dato il via al ritiro delle forze della coalizione NATO dall’Afghanistan. Da quel momento è iniziata una guerra di tensioni tra i talebani e la gente di Kabul, in modo particolare tra le donne e coloro che hanno collaborato con gli americani e gli alleati in questi 20 anni. Le forze armate americane sono state gestite male e indirizzate da studi sbagliati, quelli del Pentagono, che ritenevano che Kabul avrebbe resistito addirittura 90 giorni.

Il ponte aereo a Kabul, la difficile situazione per gli USA

Per il presidente Biden si tratta di una sconfitta di politica interna ma anche una situazione imbarazzante sullo scenario politico internazionale. Sono già alcuni mesi che i talebani hanno avviato delle trattative con Russia e Cina. In particolare Pechino è considerata mediatrice interessata e importante per la stabilità regionale. In un primo discorso alla nazione il presidente aveva detto che gli avversari politici degli Stati Uniti, in particolare Cina e Russia, avrebbero voluto un prolungamento della missione che logorava le casse e le forze armate degli Stati Uniti. Questa interpretazione tutta politica non ha trovato riscontro nei vertici delle forze armate americane e nemmeno nei pareri delle cancellerie e dei governi europei.

A complicare ulteriormente la situazione ci si è messa poi la presa di posizione dei talebani che hanno imposto agli americani un vero e proprio ultimatum, una deadline da rispettare per lasciare il paese con scadenza martedì 31 agosto. Da quel momento gli alleati europei hanno fatto pressione sul presidente USA perché prolungasse la permanenza nel paese in modo da poter completare quello che egli stesso aveva definito “il ponte aereo più difficile della storia.”

Ma Biden, che con il ritiro ha applicato una decisione presa dal suo predecessore Donald Trump, è stato irremovibile e ha confermato il ritiro entro il 31 agosto.

Quando il presidente americano parla di un ponte aereo molto difficile, date le cifre ad oggi disponibili che parlano di oltre centomila persone evacuate in meno di due settimane, ha certamente ragione ma l’aeronautica degli Stati Uniti e dei paesi che attualmente fanno parte della NATO ha affrontato altri ponti aerei in condizioni analoghe e talvolta più difficili.

Ponte aereo di Kabul, il precedente del “blocco di Berlino”

Ponte aereo di Kabul, il precedente del “blocco di Berlino”

Quando si sente l’espressione “ponte aereo” il pensiero va al Blocco di Berlino che vide contrapposte l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti con gli alleati tra il 24 giugno del 1948 e il 12 maggio del 1949. Come tutti sanno alla fine della Seconda Guerra Mondiale la Germania fu divisa in quattro settori: quello inglese, quello francese, quello americano e quello sovietico. La città di Berlino era a sua volta divisa in quattro settori pur essendo completamente circondata dal territorio del settore sovietico. Il 24 giugno del 1948 l’Unione Sovietica decise di bloccare tutti i collegamenti stradali tra i settori alleati e la città di Berlino. Gli Stati Uniti studiarono la possibilità di inviare una colonna armata su strada, seppure con finalità puramente umanitarie.

Il presidente Truman, per evitare potenziali conflitti con l’ex alleato Sovietico optò per un ponte aereo con lo scopo di rifornire Berlino di tutto ciò che era necessario alla vita quotidiana dei suoi abitanti. Gli aeroplani impegnati furono dei B-29, lo stesso modello utilizzato per sganciare la bomba atomica su Hiroshima e dei C-47 per il trasporto di merci. Per ben 462 giorni tutti gli aerei di tipo C-47 degli Stati Uniti furono impegnati nel ponte aereo e nel rifornire l’ex capitale della Germania nazista. Furono trasportati quasi 2 milioni e mezzo di tonnellate di cibo e 1 milione e mezzo di tonnellate di carbone ad una media di 220 voli ogni ora, tutti i giorni dell’anno.

Sì trattò di un ponte aereo più impegnativo di quello attuale e soprattutto più duraturo nel tempo. Uno sforzo che affermò la potenza non solo militare ma anche organizzativa degli USA e l’inutilità della scelta politica dell’URSS.

Ponte aereo di Kabul, cosa hanno imparato gli USA negli ultimi decenni?

Tornando all’attuale Ponte aereo di Kabul, il presidente Biden ha sicuramente ragione nel mettere in evidenza la difficoltà che hanno incontrato le truppe tuttavia, da più parti, piovono critiche sulla Casa Bianca accusata di aver fatto molti errori di valutazione. Considerando le critiche, il settantanovenne presidente degli Stati Uniti deve incassare anche una quella prestigiosa dell’ex consigliere per la sicurezza nazionale ed ex segretario di stato Henry Kissinger.

Kissinger considerato eminenza grigia della politica americana dalla fine degli Anni ‘60 alla fine degli Anni ‘70, nei giorni scorsi ha rilasciato un’intervista pubblicata anche da vari giornali italiani nella quale afferma:

ci siamo persuasi che l’unico modo per impedire Il ritorno delle basi terroristiche nel paese era quello di trasformare l’Afghanistan in uno Stato moderno, dotato di istituzioni democratiche ma l’Afghanistan non è mai stato un paese moderno.

L’ex Segretario di Stato entra anche nel concetto di sovranità che attualmente, a suo parere, non esiste a Kabul:

erigere uno Stato democratico moderno in un paese così diviso, dove i decreti del governo vengano rispettati da un capo all’altro del paese, richiede anni, se non decenni.

Il novantottenne di origini tedesche conclude affermando che gli Stati Uniti hanno avuto degli obiettivi politici troppo astratti e obiettivi militari irraggiungibili, almeno con un calendario a scadenza.

Ponte aereo di Kabul, ritiro americano e prospettive future

Ma cosa può significare dal punto di vista della politica internazionale la defezione degli Stati Uniti? Ben altra cosa fu il simbolo dell’elicottero che lasciava l’ambasciata americana in Vietnam il 30 aprile del 1975, si trattò di una sconfitta degli Stati Uniti sul campo e non di una ritirata, come quella di oggi, programmata e priva di sconfitte militari di rilievo. Sicuramente l’assenza della superpotenza occidentale lascia lo spazio vuoto che dovrà essere riempito da altri.

Dopo il golpe fallito o perlomeno molto ambiguo del 2016 in Turchia, il presidente Erdogan si è avvicinato alla Russia e alla Cina. Oggi l’aeroporto di Kabul è gestito su richiesta dei talebani da personale turco.

La Turchia continua a essere un paese della NATO ma dal punto di vista della politica interna può adesso decidere di gestire i flussi migratori provenienti dall’Afghanistan e di conseguenza potrebbe tenere in scacco l’Europa circa la ripartizione delle quote di migranti o addirittura sull’esistenza stessa di un corridoio umanitario che permetta a chi vuole abbandonare il regime dei talebani, di raggiungere l’Europa.

Ponte aereo di Kabul, il futuro ruolo di Russia e Cina

La Russia e la Cina sono al lavoro sia dal punto di vista diplomatico sia da quello economico. Non bisogna dimenticare che gli afghani hanno avuto il merito di liberarsi delle due superpotenze del ventesimo secolo. Dal 1979 al 1990 sono state sbaragliate le truppe sovietiche, non senza la complicità implicita della CIA. Dal 2001 al 2021 i talebani sono riusciti a liberarsi dell’occupazione americana e delle forze NATO.

Nei giorni scorsi i giornali parlavano di governare con il bastone e la carota alludendo al fatto che probabilmente nei paesi occidentali qualcuno riteneva, erroneamente, che l’economia afghana avrebbe avuto bisogno di fondi americani, circa tre miliardi di dollari. La super potenza emergente, la Cina, potrebbe fiutare l’affare e lanciarsi in un tipo di politica nuova, una sorta di colonialismo cinese non basato sulla presenza militare ma su quella economica.

L’Europa dal canto suo si è dimostrata incapace di rispondere alle richieste di aiuto dei propri collaboratori senza l’appoggio del potente alleato americano. Un altro motivo di discussione, e probabilmente di disaccordo, sarà il modo in cui aiutare in maniera condivisa i profughi.

Ponte aereo di Kabul, la sconfitta politica degli Stati Uniti

Gli Stati Uniti hanno commesso l’errore più grande e hanno cercato il disimpegno sulla scia della politica del risparmio voluta da Trump ma non hanno tenuto conto del vuoto politico e di potere che lasciavano agli avversari russi e cinesi. Nei prossimi anni la situazione potrebbe anche ribaltarsi e i fautori dell’austerità militare potrebbero avere ragione. Meno spese oggi possono significare maggiore potenza tra qualche decennio. Va aggiunto però che anche se le spese americane nella guerra in Afghanistan appaiono alte, sono in realtà poca cosa in confronto al PIL.

Come In altri casi non è in discussione la potenza militare degli Stati Uniti che hanno la capacità di distruggere e invadere un territorio bensì quella di poter amministrare e quindi controllare quel territorio dopo averlo invaso.

Ponte aereo di Kabul, le prospettive Afgane e le strade per il capitalismo

Un’ultima considerazione va fatta a proposito del regime dei talebani. Potrebbero innanzitutto riavvicinarsi all’Occidente come ha già fatto il Vietnam dagli anni ’90 del Novecento. Un’altra opzione sarebbe quella di entrare nell’orbita cinese con partner turchi e arabi. Tutte le scelte portano però al capitalismo finanziario. La Cina è un gigante neocomunista che con il comunismo di Mao non ha più nulla a che vedere. Oggi il dragone è un paese in cui vige un capitalismo, certo, un capitalismo di stato, ma pur sempre capitalismo. I talebani possono quindi scegliere di restare immobili e chiusi in casa loro con una chiusura al resto del mondo. In alternativa tutte le strade portano al capitalismo.

Leggi anche: Cos’è e cosa vuole l’ISIS-K: ora progetta una nuova strage. Sale a 170 il numero delle vittime dell’attentato

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