Non solo attrice, e regista, vale la pena conoscere l’altro volto di Loredana Cannata. Sì, l’abbiamo vista brillare sul grande schermo in Diamanti di Özpetek, riuscitissimo omaggio alla forza femminile e in Youth – La giovinezza di Sorrentino e, di recente, a un passo dal vincere l’Isola dei Famosi nella sua ultima partecipazione televisiva. Oggi vogliamo conoscerla sotto un’altra veste di una personalità dolce e al tempo stesso granitica, di lei possiamo infatti ammirare talenti umani, come empatia e sensibilità spiccate, doti che sin dalla giovanissima età ha manifestato fortemente nella sua Sicilia.
Abbiamo dialogato con Loredana attivista, che dona “mani” e “voce”, al di là del cinema, a difesa dei più deboli. In questo caso la battaglia è per gli animali. Tutti andrebbero difesi, e tra l’altro negli ultimi giorni si celebra un traguardo immenso: ottobre 2025 è un mese epocale poiché il Miami Seaquarium, che aveva imprigionato la tenerissima orca Lolita per mezzo secolo e il celebre delfino Flipper, è stato definitivamente chiuso. Un enorme passo per i diritti, ma siamo a metà del percorso.
Infatti, il rischio di cadere nel razzismo animale è troppo frequente: fare l’errore di empatizzare con i nostri cani e gatti a casa, che fanno le fusa, dimenticandoci di tutto ciò che resta sommerso nel mondo animale. Loredana si batte proprio contro questo oblio e per tutti. Oggi vuole salvare le scimmie dalla sperimentazione in laboratorio. Sono così simili all’essere umano, ci somigliano anche, ma vengono trattate con crudeltà.
Vediamo la rivoluzione messa in atto da Loredana per salvarle, accanto a I-CARE EUROPE per il progetto “Primati Zero”.
L’intervista a Loredana Cannata

1. Il Digitale vuole raccontare rivoluzioni in grado di fare la differenza. Loredana, qual è la tua?
La mia rivoluzione è superare definitivamente gli esperimenti sulle scimmie nei laboratori delle università italiane.
Se avessi vinto L’Isola dei Famosi, avrei destinato il 50% del montepremi al progetto Primati Zero dell’Associazione I-CARE EUROPE per fornire le capacità e i metodi sostitutivi che danno veramente dei risultati più attinenti alla fisiologia umana.
Negli anni I-CARE EUROPE ha già permesso di superare gli esperimenti nei laboratori delle università italiane su gatti, cani e cavalli. Non si fanno e non si faranno più esperimenti su questi animali e sono stati forniti metodi sostitutivi che hanno finalmente superato questa pratica ormai obsoleta.
2. Non solo cani e gatti, chi dobbiamo salvare oggi con la massima urgenza?
Adesso dobbiamo superare gli esperimenti sulle scimmie che rimangono, ancora, nelle università italiane. Ogni anno sono circa 300 i primati che vengono utilizzati e io sono molto fiduciosa in questo progetto, perché, grazie alle prime donazioni e al crowdfunding, abbiamo potuto avviare la fase 2 del progetto, quella giuridica.
Ovviamente, dobbiamo essere cauti e ancora muoverci in segreto, in un certo senso, ma è una fase che si concluderà entro quest’anno e potremo dare tutti gli aggiornamenti non appena li avremo.
3. Perché l’università ha un ruolo chiave nei confronti delle nuove generazioni?
È una cosa rivoluzionaria, perché la sperimentazione animale viene fatta in quanto c’è una prassi. I laboratori sono organizzati in questo modo, i progetti e i finanziamenti vengono dati a esperimenti che sono fatti come sono sempre stati fatti. Quindi, agire nelle università, dove vengono educate generazioni di scienziati, significa educare le nuove leve della scienza a utilizzare i metodi sostitutivi che sono più efficaci, perché più attinenti alla fisiologia umana.
Andare a lavorare nelle università italiane significa proprio questo: allargare a tutte le altre realtà i metodi sostitutivi.
4. Come sei diventata attivista?
Io penso di essere nata attivista, perché fin da piccola in realtà sognavo di salvare il mondo. Poi negli anni l’ho declinato in dare il mio contributo all’evoluzione dell’umanità, perché sono nata il 14 luglio, giorno della Rivoluzione francese, e questa parola, ’rivoluzione’, è entrata molto presto nella mia vita.
5. Quando sei scesa in campo per la prima volta?
La mia prima manifestazione è stata quando avevo 16 anni, perché c’era l’intenzione di portare a vivere in regime di semilibertà dei boss mafiosi nei comuni della provincia di Ragusa, da cui provengo. E allora andai in falegnameria di mio papà a creare i cartelli con cui manifestare, facemmo l’occupazione del Comune e vincemmo quella battaglia.
Quella fu la mia prima vera mobilitazione. Poi avevo un sogno da realizzare che non era facile, cioè fare l’attrice, quindi mi concentrai, ma tenendo sempre dentro di me la voglia di dare il mio contributo per un mondo migliore.
6. C’è un evento che ti ha veramente cambiata?
Sì, c’è stata una cosa che poi mi ha davvero scatenata. È stata Genova 2001. Io non sono potuta andare, non ero organizzata, non sapevo con chi andare, ero tornata da Cuba da pochi giorni e quindi seguii tutto davanti alla televisione. E quando fu ucciso Carlo Giuliani giurai che sarei scesa in campo e questa volta avrei dato, davvero, il mio tempo, le mie mani, la mia voce per creare un mondo migliore.
È stata la morte di Carlo Giuliani a farmi scendere in piazza.
Leggi anche: Chiuso TikTok alla “pescivendola più bella d’Italia”, vincono i diritti degli animali