Minacce ai giornalisti: 27 intimidazioni in Sicilia nel 2020

Minacce triplicate nell'anno del virus nei confronti dei giornalisti siciliani. Un aumento preoccupante rispetto alle otto del 2019.

Tommaso Panza
Tommaso Panza
Salentino, classe 1993. Una laurea in mediazione linguistica. Fondazione Basso(Roma). Amante della lettura e del cinema, in particolare delle opere che raccontano spaccati di realtà. Deciso sin da piccolo a diventare un giornalista.
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Minacce aumentate. Questi sono i dati analizzati ieri in una video conferenza organizzata dal “Centro di coordinamento per le attività di monitoraggio, per una analisi e scambio permanente di informazioni sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti”.

Conferenza a cui hanno preso parte non solo rappresentati dei giornalisti siciliani, ma anche i prefetti di Agrigento, Messina, Ragusa, Siracusa e Trapani.

Rappresentanti delle prefetture di Catania, Caltanissetta, Enna e anche il sindaco di Palermo Leoluca Orlando.

L’evento è stato presieduto anche dal prefetto Vittorio Rizzi, vice direttore generale della Pubblica Sicurezza, che a margine della conferenza ha dichiarato:

<<LE MINACCE DOVRANNO ESSERE CONTRASTATE SUL NASCERE PER EVITARE UN’ESCALATION DI VIOLENZA>>

Minacce che spesso costringono tantissimi giornalisti a cambiare le proprie abitudini di vita per salvaguardare se stessi e le persone care intorno a loro.

Le minacce del 2020.

minacce ai giornalisti in sicilia

Su 27 minacce avvenute lo scorso anno, 16 sono quelle riconducibili alla matrice politico-mafiosa.

La pandemia ha però fatto si che le minacce classiche, quella da proiettile nella busta o da telefonata anonima per intenderci, “evolvessero” a una stadio 2.0.

La quasi totalità dei messaggi intimidatori è infatti arrivata via web (13 su 16). Perfettamente in linea con l’impennata dei casi legati al mondo del cyber-crime, fenomeno ovviamente esasperato dalle restrizioni domestiche dovute al Covid-19.

La video conferenza di ieri è avvenuta nell’ambito della strategia nazionale di contrasto al fenomeno, tracciata dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, la quale aveva in precedenza ribadito:

<<bisogna richiamare l’attenzione sull’importanza della formazione delle forze di polizia perché intercettino sul nascere i pericoli e venga sempre salvaguardato un bene costituzionalmente garantito come la libertà di stampa>>

Secondo i dati forniti dal Viminale, i casi verificati sono stati: 13 nella provincia di Ragusa, 7 in quella di Palermo, 5 a Catania e 1 nelle zone di Trapani e Siracusa.

I nomi dei giornalisti minacciati.

minacce ai giornalisti il report

Nel corso dell’incontro sono stati nominati alcuni dei casi più gravi. Paolo Borrometi (vice direttore dell’Agi e fondatore della testata “La Spia”) oggetto di minacce dal 2014.

Leggi anche: Convivere con la paura e sotto scorta, intervista a Paolo Borrometi

Salvo Palazzolo (Repubblica), minacciato dopo che lo scorso anno aveva raccontato la distribuzione di beni alimentari e buoni spesa nella zona dello Zen a Palermo. Distribuzione organizzata da parte di Giuseppe Cusimano, arrestato lo scorso 26 gennaio, e fratello del già carcerato e ben più noto Nicolò. Poi Angela Caponnetto (RaiNews24), oggetto sul web di “attacchi squadristi” da alcuni giornalisti di estrema destra per i suoi pezzi su Lampedusa.

Ancora, Raffaella Cosentino (Tgr Rai), intimidita durante una manifestazione dei ristoratori, lo scorso 25 ottobre a Palermo, davanti Palazzo D’Orleans, da parte di soggetti esterni alle categorie commerciali coinvolte. Persone probabilmente riconducibili ad ambienti fascisti di estrema destra.

Valentino Sucato (collaboratore del Giornale di Sicilia), lo scorso 18 aprile qualcuno cosparge di liquido infiammabile e brucia lo zerbino posto davanti alla porta della sua abitazione, a Misilmeri (Palermo), danneggiando l’ingresso dello stabile.

Antonio Condorelli (LiveSicilia.it), soggetto a minacce, pesanti a tal punto da affidargli una protezione. Addirittura denunciato per avere fatto il suo dovere di cronista per aver raccontato per primo che la Guardia di Finanza aveva appena eseguito una perquisizione negli uffici del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) di Catania. Il procedimento è nato dalla denuncia di un giudice amministrativo del Tar della Sicilia. Antonio ha recentemente dichiarato a “Ossigeno” di essere:

<<preoccupato dal protrarsi dell’inchiesta giudiziaria nei suoi confronti a fronte degli accertamenti già svolti, che dimostrano pienamente l’insussistenza delle accuse che gli sono state mosse>>

Francesco Scollo (anche lui LiveSicilia.it), il quale continua ancora oggi a essere soggetto di gravissime minacce nei suoi confronti. Il 9 febbraio del mese scorso infatti l’auto del giornalista è stata data alla fiamme in tarda serata proprio sotto la sua abitazione a Caltagirone (Catania).

Una delle sue ultime inchieste , pubblicata nei mesi scorsi su Live Sicilia, era legata ai soggetti che controllano il traffico di droga a Caltagirone. Nell’inchiesta viene fatta una ricostruzione della macchina organizzativa dello spaccio in città, gestito dalla malavita locale. C’è poi quella sull’edilizia sociale (Social Housing). Francesco ha infatti reso note alcune perplessità sulla partecipazione del comune di Caltagirone al bando della Regione Sicilia per questioni riguardanti alcune abitazioni.

Tra i suoi articoli  recenti, quello dello scorso dicembre sulla morte di Francesco “Ciccio” la Rocca membro di spicco di Cosa nostra, ritenuto capo di Caltagirone. Morte per la quale Rosario Bruno, presidente uscente della Confcommercio ed ex presidente dell’ Associazione Antiracket e Antiusura “Francesco Borzì” di Caltagirone, aveva manifestato le condoglianze alla figlia di Ciccio La Rocca su facebook, post poi rimosso.

Si sospetta ovviamente che il rogo della sua auto sia legato alla sua attività di giornalista. Le indagini su questo episodio proseguono.

Sperando che possa proseguire anche la mobilitazione per proteggere e tutelare il diritto di cronaca, ma soprattutto l’incolumità e la professionalità di chi quel diritto lo esercita per il bene comune.

Leggi anche: “Sono andato in paradiso, ma mi hanno costretto”: 73 anni fa la mafia uccideva il piccolo Giuseppe Letizia

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