Un 35enne si è fatto impiantare 5 microchip sottopelle: “Li uso per pagare e aprire le porte”

La storia di Mattia Coffetti e dei microchip sottocutanei è cominciata nel 2019, anno in cui si è fatto impiantare il primo. Ecco a cosa gli servono e perché sono "molto utili".

Asia Buconi
Asia Buconi
Classe 1998, romana. Laureata in Scienze politiche e relazioni internazionali, ama l’attualità e la letteratura, ma la sua passione più grande è la sociologia, soprattutto se applicata a tematiche attuali. Nel tempo libero divora film e serie tv.
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Sta facendo molto discutere la storia di Mattia Coffetti, un 35enne di Rodengo Saiano, in provincia di Brescia, che si è fatto impiantare un microchip sottopelle per pagare. Si tratta del primo italiano ad aver tentato “l’impresa”.

L’uomo, che lavora nell’ambito della sicurezza informatica, ha dichiarato al Corriere di Brescia: “Lo attivo tramite un’applicazione dello smartphone ed è semplice da utilizzare”. E non si tratta del primo microchip sottocutaneo che possiede: ne ha infatti altri quattro.

Mattia Coffetti: a cosa servono i suoi microchip sottocutanei

La storia di Mattia Coffetti e dei microchip sottocutanei è cominciata nel 2019, anno in cui si è fatto impiantare il primo. “Il primo che ho installato, il più utile, è un chip Nfc-rfid che serve per aprire le porte, oppure una serranda – ha spiegato – Ma anche per registrare i propri dati medici, la carta di identità, il badge del lavoro e condividere, ad esempio, il proprio LinkedIn”.

Per quanto riguarda gli altri microchip, il 35enne ha raccontato all’edizione locale de Il Corriere della Sera che “il secondo è un dispositivo che può essere utilizzato, ad esempio, per l’autentificazione dei dati bancari”.

Mentre “il terzo è un magnete che attrae i metalli e permette, per esempio, di catturare le viti in modo da non perderle mentre si fa qualche lavoro; il quarto è un led e se lo avvicini a una sorgente elettrica si illumina“.

Microchip sottocutanei, dove comparli e costo. Mattia Coffetti: “In futuro potrebbero curare Parkinson e Alzheimer”

Sulle modalità di reperimento dei microchip, Mattia Coffetti ha spiegato che si tratta di un’operazione piuttosto semplice: “Li compro su Internet e poi ci sono dei centri autorizzati che collaborano con le aziende che li vendono e te li impiantano, tipo un piercing”.

E a chi si domanda se la propria privacy non sia messa a repentaglio da questi strumenti, la risposta del giovane informatico è assolutamente negativa: i microchip non contengono strumenti di geolocalizzazione.

Anche il costo è piuttosto contenuto e si aggira su cifre che vanno “dagli 80 ai 100 euro”. Anche se molto dipende dal tipo di microchip: “Quello per scambiare dati e aprire porte ha un costo intorno ai 150 euro e l’ultimo che ho installato, ovvero per effettuare i pagamenti, di 200 euro”.

Quello che Mattia Coffetti si augura per il futuro è che i microchip possano avere un ruolo sempre più importante nella vita degli esseri umani, magari anche come aiuto per i pazienti affetti da problemi di salute particolarmente invalidanti.

Il 35enne ha affermato: “Mi auguro che queste integrazioni uomo-tecnologia possano essere ancora più al servizio della collettività e della salute. Mi piacerebbe che riuscendo a mappare il nostro cervello riuscissimo ad andare a risolvere malattie neurodegenerative, come Parkinson e Alzheimer, con strumenti e modalità d’azione ad ampio raggio”.

Chi è Mattia Coffetti, pioniere del transumanesimo

Chi è Mattia Coffetti, pioniere del transumanesimo

Mattia Coffetti è appassionato di informatica sin da quando era piccolo: basti pensare che a 13 anni installava sistemi operativi liberi sui computer degli amici. Nel corso del tempo si è appassionato al biohacking e si è avvicinato al transumanesimo, un movimento culturale che sostiene l’utilizzo delle scoperte tecnologiche per migliorare le capacità fisiche e cognitive degli esseri umani. Intervistato da Fanpage.it, il 35enne ha raccontato come si è sviluppata la sua passione:

Nasce tutto dalla filosofia dietro il biohacking. Ho iniziato a leggere i blog che parlano di questi argomenti e a capire come farli miei. I chip sono un passo molto semplice, ma aiutano a migliorare il nostro corpo.

Per biohacking intendo tutto quello che può migliorare la nostra condizione fisica. Si tratta di una serie di pratiche che affrontano tantissimi aspetti. Non parliamo solo di tecnologia: si va dalla dieta alla routine di allenamento. Sto vedendo chip che si possono addirittura programmare da soli. Adesso li sto valutando per il prossimo impianto.

Leggi anche: Alzheimer, vaccino sperimentale può prevenire e rallentare la malattia

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Classe 1998, romana. Laureata in Scienze politiche e relazioni internazionali, ama l’attualità e la letteratura, ma la sua passione più grande è la sociologia, soprattutto se applicata a tematiche attuali. Nel tempo libero divora film e serie tv.
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