Cos’è la doggy bag, proposta di legge contro lo spreco alimentare nei ristoranti

L’abitudine, molto diffusa all’estero, di portare a casa il cibo avanzato nei locali sta prendendo piede anche in Italia. È stata presentata una proposta di legge per rendere obbligatoria la doggy bag.

Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.
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Per evitare di gettare nell’immondizia il cibo che non viene consumato nei bar o nei ristoranti, riducendo così lo spreco alimentare, è stata presentata una proposta di legge che prevede l’obbligo nei ristoranti della doggy bag.

L’iniziativa, già diffusa in America e obbligatoria in Francia e Spagna, è stata presentata sotto forma di proposta di legge dall’esponente di Forza Italia Giandiego Gatta assieme al capogruppo alla Camera Paolo Barelli.

Cos’è la doggy bag: l’origine del nome

Il termine doggy bag significa letteralmente “borsa per il cane” e nasce da ciò che spesso veniva utilizzato come scusa per molti, ossia portare il cibo in avanzo al proprio cane, giustificando un qualcosa che altrimenti sarebbe stato visto come una vergogna.

Per risalire alle sue origini dobbiamo andare indietro, nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, quando negli Stati Uniti vi era l’abitudine di portare via ciò che non si era consumato al ristorante.

Secondo un’altra versione la doggy bag ha origine nel 1949 quando il ristorante Dan Sampler’s Steak Joint di New York fu il primo ad adottare l’impacchettamento degli avanzi, ponendo sul sacchetto l’immagine del cane.

Perché rendere obbligatoria la doggy bag

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Secondo Gatta oggi in Italia lo spreco alimentare è un fenomeno esistente, che va arginato. Ecco quanto riferisce il ministro, come riportato da Agi:

Lo spreco di cibo vale in Italia 65 kg l’anno per individuo e 13 milioni di italiani consumano il pranzo fuori casa almeno 4/5 volte a settimana.

La maggior parte degli sprechi alimentari nei ristoranti avviene nella preparazione degli alimenti, ma il 34% è nei piatti dei clienti. Uno spreco enorme.

Con questa proposta di legge riduciamo in modo impattante i rifiuti, ci allineiamo agli obiettivi dell’Agenda Onu 2030, preserviamo risorse alimentari.

La legge impone al cliente che non consuma il cibo di portarlo via, e di richiedere la doggy bag. Se non lo fa sono previste sanzioni che vanno dai 25 ai 125 euro. D’altra parte chi somministra cibo e bevande ha l’obbligo di munirsi di contenitori riciclabili e riutilizzabili per portare via ciò che il cliente non consuma. È previsto, inoltre, per legge il prezzo del coperto maggiorato, che ha già portato diverse polemiche, ma al riguardo Gatta rassicura:

Sono 6 centesimi in più’ per il contenitore, mi sembra una contestazione pretestuosa.

Doggy bag: cosa ne pensano i ristoratori e i sindacati

In merito alla proposta di legge alcuni chef hanno espresso il loro parere. Ecco quanto ha dichiarato al Corriere delle Sera sulla doggy bag lo chef bistellato Ciccio Sultano:

Bisogna tenere conto anche del risvolto finanziario per il ristorante, che deve munirsi di contenitori adatti al trasporto degli alimenti.

Sulla stessa linea Denis Lovatel, maestro pizzaiolo veneto, secondo il quale “l’impegno per il ristorante non è solo economico, ma anche organizzativo”. Mentre per la chef due stelle Michelin Valeria Piccini si tratterebbe addirittura di un “provvedimento anacronistico che non risolve il problema dello spreco in cucina”. Hanno, invece, espresso parere positivo sulla proposta di legge altri grandi della ristorazione, come Franco Pepe, Ada Stefani ed Enrico Buonocores.

I sindacati, pur apprezzando l’iniziativa anti-spreco, sottolineano quanto sia importante sensibilizzare sia chi va a mangiare fuori sia i ristoratori, perché in realtà oggi già c’è la possibilità per il cliente di portarsi gli avanzi a casa. I clienti devono essere a conoscenza della possibilità di portarsi a casa gli avanzi, senza vergogna o timore di essere giudicati per questo.

Leggi anche: “Il cibo non si butta”: Too Good To Go, l’app per la lotta agli sprechi alimentari

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