L’Italia con la pandemia perde 1.9 milioni di posti di lavoro: le previsioni per il 2021

Posti di lavoro persi in pandemia nel Paese: il Rapporto Cerved segnala una disoccupazione al 17% e una riduzione degli investimenti delle imprese di circa 65 miliardi di euro.

Mara Bruni
Mara Bruni
Ama scrivere di tutto ciò che riguarda l'analisi economica, anche in un'ottica green. Nel tempo libero produce cosmetici ecosostenibili.
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Disoccupazione, investimenti delle imprese e divario Nord-Sud: ecco gli aspetti salienti del Rapporto Cerved 2021. Gli effetti della crisi pandemica ed economica hanno fatto emergere le debolezze e le fragilità del nostro Paese.

L’attuale clima economico ha rafforzato il divario tra Nord e Sud d’Italia, gap che sembra nessun governo riesca a colmare.

Italia post pandemia: quanti posti di lavoro a rischio?

Perdita di posti di lavoro pari a 1.9 milioni, disoccupazione dal 10% al 17% e una riduzione degli investimenti delle imprese di 65 miliardi di euro. Questi i possibili scenari per il lavoro in Italia nel 2021. Una stima, quella del Rapporto Cerved 2021, che potrebbe modificarsi se il piano di vaccinazione proseguisse senza intoppi e se la maggior spesa di governo venisse investita in opere produttive.

La perdita di posti di lavoro in Italia però non è uguale in tutta la Penisola: le province del Sud come Messina, Trapani, Vibo Valentia, Catanzaro, Sud Sardegna e Agrigento, caratterizzate già da una sostenibilità sociale bassa, soffrirebbero un maggiore impatto sull’occupazione.

Non solo, altre province che accuserebbero una forte perdita di posti di lavoro sono quelle turistiche e quelle caratterizzate da una forte presenza di settori che sono stati particolarmente colpiti dalle restrizioni anti-Covid19.

La possibile contrazione di ben 68 miliardi di investimenti delle imprese è un rischio per la sostenibilità dell’Italia. E non solo per la capacità delle imprese di trainare il Paese vero la transizione digitale ed ambientale, ma anche per la possibile ricaduta sui posti di lavoro.

Mini green bond per salvare ambiente e posti di lavoro

Nel tema della transizione green, la finanza è uno strumento fondamentale, perché attraverso corretti  incentivi e modalità di investimento, può riuscire a  gestire e a coinvolgere le risorse verso progetti sempre più green e sostenibili.

Come fa notare il rapporto Cerved, gli effetti dell’azione finanziaria sono palesi. Una soluzione potrebbero esssere i green bond, o anche detti “obbligazioni verdi”, quelle obbligazioni cioè legate a progetti che permettano di impattare positivamente sull’ambiente: efficienza energetica, produzione di energia da fonti pulite, uso sostenibile dei terreni.

In Italia, è stato stimato come il mercato potenziale per i mini green bond possa arrivare fino a 7.2 miliardi di euro.

Sempre più frequentemente le decisioni dei grandi fondi di investimento integrano, all’interno dell’analisi finanziaria tradizionale, aspetti ambientali, sociali, generalmente connessi alla creazione di valore a lungo termine.

I dati parlano chiaro: nell’ultimo anno gli strumenti sostenibili hanno fatto segnare nuovi record, specialmente sul mercato europeo, in termini di asset, flussi e sviluppo di prodotti.

Nel corso del 2020 fondi aperti ed Etf sostenibili operanti in Europa hanno ricevuto 233 miliardi di euro di flussi netti, di cui circa 100 miliardi nel solo quarto trimestre.

Il problema però, è rappresentato dalle piccole imprese che costellano il settore produttivo italiano: i costi relativi alla riduzione degli impatti ambientali, conseguenti certificazioni e posti di lavoro per sostenere la transizione ecologica, possono non essere a livello finanziario sostenibili dalle piccole imprese.

Occorre dunque uno sforzo da parte dello Stato per finanziare ed incentivare gli investimenti green, e far in modo che nessuna dimensione d’impresa sia un elemento di diseguaglianza che impedisca la transizione ecologica.

L’eterno divario tra Nord e Sud d’Italia

I criteri di sostenibilità ambientale, economica e sociale elaborati dal Rapporto Cerved sono stati analizzati a livello di provincia italiana e il quadro che emerge conferma ancora il divario tra Nord e Sud del Paese.

17 sono le provincie che il Rapporto considera come eccellenti, poiché caratterizzate da un alto livello di sostenibilità. 22 invece sono le province che hanno un basso livello di sostenibilità. Bolzano ha il primato sia in sostenibilità ambientale che sociale.

Ciò che traspare dal rapporto è il divario tra Nord e Sud, il quale la crisi pandemica ed economica ha ulteriormente allargato: lo squilibrio generale di sostenibilità infatti, va “ben oltre il mero divario economico, che investe l’intero ecosistema e che minaccia la coesione sociale. I problemi del sistema produttivo e gli equilibri sociali e ambientali sono dunque strettamente connessi e non possono essere affrontati separatamente.”

Leggi anche: Roma, rivoluzione Led: la tecnologia Li-Fi entra a scuola per la prima volta in Italia

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