Italcementi a processo per disastro ambientale in Sardegna, grazie al coraggio di Omar Cabua

È disastro ambientale in Sardegna: la Procura della Repubblica contesta agli imputati l'interramento illecito di vari rifiuti locali provenienti dallo stabilimento Italcementi a Nuraxi.

Andrea Atzori
Andrea Atzori
Gattaro, giornalista esperto in Scienze politiche e conduttore TG. Ama la tv, il mare e predilige il giornalismo d’inchiesta.

Lo scorso 25 novembre, a termine della sesta udienza preliminare, il gip del Tribunale di Cagliari Elisabetta Partito ha deciso il rinvio a giudizio dei cinque indagati per il reato di disastro ambientale nelle campagne del piccolo paese di Samatzai, nel Sud Sardegna.

Accanto a loro, a rispondere a livello amministrativo di uno dei più gravi casi di inquinamento ambientale in Italia per estensione temporale e territoriale, figura pure Italcementi, uno dei principali colossi italiani del cemento.

Il processo penale comincerà il prossimo 16 febbraio 2023. Un traguardo, questo, che è stato possibile raggiungere soprattutto grazie al cruciale contributo di un uomo, Omar Cabua, 45 anni, nato e cresciuto in quel paesino il cui territorio è oggi martoriato dall’inquinamento e dagli interessi economici dei grandi colossi del cemento. Un’azione solitaria quanto eroica la sua, che di certo non è stata priva di conseguenze.

Omar Cabua tra intimidazioni e minacce: “Non tollero che per qualche posto di lavoro abbiano devastato il territorio

Italcementi di Nuraxi, 10 aree sotto sequestro

Ormai per Omar Cabua ogni rumore è un incubo. Il 45enne non conosce più il significato di tranquillità: ha subito atti intimidatori, due aggressioni fisiche. Qualcuno è arrivato a lanciare una molotov in piena notte contro casa sua. Qualcun altro gli ha rivolto apertamente un laconico ma eloquentissimo messaggio mentre era per strada, con tanto di nome e cognome: “Se licenziano, sei morto”.

Tutto questo per aver denunciato ciò che da anni accade a Samatzai, sotto gli occhi di tutti. Ha dichiarato Omar Cabua:

Ho deciso di denunciare lo stato delle cose perché non tollero che per un pugno di posti di lavoro abbiano devastato il territorio.

Per fortuna la giustizia sta facendo il suo corso e qualcuno si è accorto del disastro ambientale che è stato fatto in questi 50 anni.

Hanno svenduto il territorio e a noi restano solo macerie, malattie, inquinamento e devastazione.

Adesso Omar Cabua è passato dall’essere “super testimone” a parte civile nel processo, dunque formalmente un potenziale danneggiato con diritto a un possibile risarcimento. Accanto a lui, altre otto parti: i Comuni di Samatzai e Nuraminis, cinque agricoltori locali che lamentano di aver subito danni per via dell’attività di Italcementi, e l’associazione ambientalista “Gruppo d’intervento giuridico“, guidata da Stefano Deliperi. Pesa l’assenza della Regione autonoma della Sardegna e del Ministero dell’Ambiente, che hanno rinunciato a costitursi parte civile.

I 5 imputati per l’interramento illecito di rifiuti provenienti dallo stabilimento di Italcementi

Se le parti civili sono otto, gli imputati del processo che avrà inizio a febbraio 2023 sono cinque, uno dei quali è stato pure sottoposto al provvedimento degli arresti domiciliari: si tratta del direttore del cementificio di Samatzai della Italcementi Spa Salvatore Grimaldi Capitiello.

Assieme a lui, sono stati rinviati a giudizio pure Ignazio La Barbera, Lorenzo Metullio, Giuseppe Cataldo e Basilio Putzolu, oltre alla Italcementi Spa, che dovrà rispondere per responsabilità amministrativa.

La Procura della Repubblica imputa loro l’interramento illecito di vari rifiuti locali provenienti dallo stabilimento Italcementi in località Nuraxi, che per anni ha messo a rischio la salute della popolazione del luogo.

Omar Cabua ha parlato di un disastro ambientale “che si protrae da 50 anni, perché la pratica di sotterrare i rifiuti dannosi sarebbe cominciata nel lontanissimo 1973, con effetti fino ad oggi permanenti. Le indagini della Procura di Cagliari, però, sono partite solo nel 2018: l’inchiesta non è stata semplice e sono stati utilizzati video, foto, testimonianze e mezzi meccanici inviati per scandagliare i terreni.

Italcementi di Nuraxi, 10 aree sotto sequestro. Anche arsenico e piombo nella falda acquifera

La Procura ha sottoposto a sequestro dieci aree dello stabilimento Italcementi in località Nuraxi, nelle quali sarebbero stati nascosti ben 196mila metri cubi di materiali pericolosi. Come reso noto in un comunicato stampa del comando tutela ambientale di Roma:

Oli minerali, parti di demolizioni di impianti, mattoni refrattari, pet coke hanno gravemente compromesso le matrici ambientali, suolo e falda per la riscontrata presenza fuori limite dei paramentri arsenico, cromo esavalente, ferro, manganese nonché floruri e solfati, esponendo a pericolo la salute della locale popolazione.

Mentre l’ingegner Paolo Littaru ha sottolineato nei verbali della sua consulenza tecnica: “Le immagini documentano come la Italcementi avesse appena disposto terra di riporto sopra i rifiuti, si ritiene al chiaro scopo di occultarli. L’alterazione dell’ecosistema vegetale pare evidente anche in prossimità delle trincee realizzate a valle del cumulo dei rifiuti dove è stata coperta la sorgente Mitza Surri e parte dell’alveo del Rio Surri.

Il cumulo di rifiuti insiste, infatti, sulle acque della sorgente che sono venute facilmente a giorno a seguito degli scavi durante le indagini. In condizioni normali la sorgente avrebbe fornito acqua durante tutto l’anno“.

La relazione finale del consulente non lascia spazio a dubbi: “I rifiuti rinvenuti nel sottosuolo di pertinenza dello stabilimento dell’Italcementi S.p.A. hanno cagionato inquinamento ambientale, con conseguente compromissione e deterioramento significativo e misurabile del terreno e dell’acqua“.

Il reato di “disastro ambientale” in Italia: pene previste e precedenti

Il reato ipotizzato è quello di disastro ambientale, che in Italia è stato introdotto recentemente con la legge del 2015. I processi già svolti per il suo accertamento, alcuni ancora in corso, portano tra i nomi più famosi quelli dell’ex Ilva di Taranto, della Thyssenkrupp/Eternit di Torino o del Petrolgate/Eni di Potenza (Val d’Agri).

Il delitto di disastro ambientale, considerato molto grave, è disciplinato dall’art. 452-quater del codice penale e prevede che «fuori dai casi previsti dall’articolo 434» – Crollo di costruzioni o altri disastri dolosi – «chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni».

Fino al 2015, non esisteva una vera e propria figura autonoma di reato, configurandosi il disastro ambientale quale grande evento, comprensivo sia degli evidenti eventi disastrosi (immediatamente percepibili), sia degli eventi non immediatamente percepibili come tali, che mostrano i propri effetti in un lasso di tempo più dilatato e distante rispetto all’evento-causa.

La differenza tra disastro ambientale e disastro innominato è enorme: nel primo caso il bene giuridico tutelato è il bene ambiente, nel secondo caso è la pubblica incolumità.

Quanto costerebbe bonificare il terreno

Così come previsto dalla seconda fattispecie dell’articolo 452 codice penale, la perizia dell’ingegner Paolo Littaru ha analizzato anche i costi di una eventuale bonifica. Nel caso in cui lo smaltimento di quei «veleni» avvenisse in Sardegna, se le discariche sarde ne avessero possibilità di capienza, il costo supererebbe i 20 milioni di euro. Se si dovessero, invece, utilizzare altre discariche fuori dall’isola l’esborso salirebbe fino a 26 milioni di euro.

La presunzione d’innocenza sino al terzo grado di giudizio vale per tutti e qualche appiglio alla difesa per la non sussistenza del reato di disastro ambientale sembra trovarsi nella conclusione del perito, nel passaggio dove si legge:”ricorrendo almeno parzialmente le condizioni di cui alla fattispecie del reato di disastro ambientale caratterizzata da una imponente contaminazione di siti mediante accumulo sul territorio e versamento nelle acque di ingenti quantitativi di rifiuti speciali altamente pericolosi”. Su quel “ricorrendo almeno parzialmente“, si incentreranno con tutta probabilità le tesi difensive della Italcementi.

di Andrea Atzori

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Andrea Atzori
Andrea Atzori
Gattaro, giornalista esperto in Scienze politiche e conduttore TG. Ama la tv, il mare e predilige il giornalismo d’inchiesta.
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