Gabriella Stramaccioni, garante dei detenuti di Roma: “A Rebibbia 60 donne positive su 300”

Interpellata sul focolaio Covid nell'ala femminile del carcere di Rebibbia, Gabriella Stramaccioni ha raccontato cosa sta succedendo, parlando anche di vaccini, malati psichiatrici detenuti e non solo.

Tommaso Panza
Tommaso Panza
Salentino, classe 1993. Una laurea in mediazione linguistica. Fondazione Basso(Roma). Amante della lettura e del cinema, in particolare delle opere che raccontano spaccati di realtà. Deciso sin da piccolo a diventare un giornalista.
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Gabriella Stramaccioni è la garante dei detenuti di Roma, da sempre attiva nel campo della salvaguardia dei diritti umani e nominata dalla giunta Raggi nel 2017.

Nel 1994 Gabriella Stramaccioni partecipa in qualità di rappresentante della Uisp alle riunioni che porteranno nel ’95 alla costituzione di Libera, l’associazione presieduta da don Luigi Ciotti, di cui diventa vice presidente e coordinatrice nazionale dal 1998 fino a gennaio 2013.

Intervista a Gabriella Stramaccioni

Intervista a Gabriella Stramaccioni

Dottoressa Gabriella Stramaccioni, nei giorni scorsi lei ha parlato di un focolaio di Covid nell’ala femminile del carcere di Rebibbia, ci spiega che cosa è successo?

Al momento abbiamo 70 casi su 300, circa il 25% della popolazione femminile detenuta a Rebibbia. Il focolaio nell’ala femminile è già il secondo che si verifica, il primo lo abbiamo avuto a dicembre con più di 20 donne contagiate.

Questa volta è stata una situazione un pò strana perchè già da qualche mese il femminile era chiuso e non c’erano ingressi.

Inoltre erano cessate le attività, comprese quello scolastiche, quindi diciamo era un carcere abbastanza “protetto”.

Il virus si è diffuso rapidamente, poi come ben risaputo in carcere il distanziamento è impossibile da mantenere. Le donne vivono e mangiano insieme per cui il virus si è propagato molto velocemente.

Attualmente i casi dovrebbero essere scesi a 60, speriamo che con l’isolamento dei prossimi giorni si possa arrivare a un azzeramento.

Questa mattina (giovedì 22) sono cominciati anche i vaccini a Rebibbia e in tutti gli istituti del Lazio, all’inizio verrà vaccinata solo la popolazione detenuta, poi dopo qualche giorno si passerà agli agenti di polizia penitenziaria.

Sono 10.500 dosi destinate a tutti gli istituti penitenziari della regione, il vaccino è Moderna e non più Johnson & Johnson come era previsto inizialmente. Sarà quindi necessario fare una seconda dose dopo 28 giorni.

Posso dire che questa mattina si respirava un’aria di incoraggiamento.

I detenuti di oggi si sono vaccinati tutti o qualcuno si è rifiutato?

Allora la prima fase precedente al vaccino prevede uno screening. C’è un colloquio con un’operatore e bisogna rilasciare un’autorizzazione a fare il vaccino, altrimenti si fa il diniego.

Questa mattina in pochissimi si sono rifiutati, alcuni erano stranieri ma secondo me è capitato solo perchè non sono riusciti a comprendere la situazione. La maggior parte comunque si è vaccinata.

Poi chiaramente non c’è l’obbligo.

In che modo sono state isolate le donne positive dal resto della popolazione penitenziaria?

Sono state tutte spostate nella sezione Camerotti, dove sono state isolate dalle altre detenute.

È un isolamento per persone positive non potendo stare in camere singole, quindi vengono curate li. Fortunatamente sono tutte asintomatiche, quindi questo ha sicuramente aiutato.

Tutto questo però ha messo in luce la questione strutturale del carcere: il carcere non è pensato per ospitare persone che soffrono o hanno patologie, oppure che addirittura hanno bisogno, come in questo caso, di un distanziamento fisico, tutto ciò in carcere è impossibile.

Per questo è difficile arginare il Covid, così come tante altre malattie che in carcere sono presenti.

Io personalmente ho assistito a casi frequenti di tubercolosi. Non scordiamoci che tante persone che arrivano in carcere vengono dalla strada, quindi da situazioni già di difficoltà.

Poi diciamo che queste patologie non vengono individuate e bloccate, anche se adesso il Covid ha portato un maggiore controllo.

Però in condizioni normali questo non avveniva e quindi qualsiasi malattia in carcere rischiava di diffondersi in maniera molto più prepotente.

Attualmente ci sono anche donne incinta tra le detenute di Rebibbia?

Attualmente abbiano solo una donna in stato di gravidanza e si trova nel reparto maternità, ma uscirà a breve.

Altre due donne in stato di gravidanza stavano per essere mandate qui da Civitavecchia, ma fortunatamente l’infettivologa ne ha negato l’accesso.

Mentre abbiamo invece una mamma positiva con un bambino di un mese.

Non appena diventerà negativa, potrebbe essere questione di ore, tornerà a casa presso il campo rom dove viveva prima. Il magistrato l’ha già autorizzata per l’uscita.

Per queste donne, sia per quelle in stato di gravidanza che per quelle che hanno bambini piccoli, il carcere non dovrebbe essere previsto, nemmeno per transitarci.

Devono assolutamente andare nelle case accoglienza o nelle comunità sin da subito.

In questi giorni si parla sempre più spesso delle scarcerazioni riguardanti i malati psichiatrici o quantomeno di inserirli in un percorso loro idoneo, Gabriella Stramaccioni in quanto garante che posizione nutre a riguardo?

Scarcerarli è doveroso, poi ci sono ovviamente tanti casi su cui ci sono provvedimenti e misure di scurezza.

Il problema è che ci deve essere una maggiore presa in carico dai servizi riguardo le persone che soffrono di problemi psichiatrici, in carcere sicuramente non possono essere curate.

In questo periodo molto difficile a maggior ragione. Ci sono state infatti accentuazioni di casi di malattie mentali, abbiamo inoltre bisogno di avere più posti perchè quelli che ci sono non sono sufficienti.

Riguardo questo tema, le istituzioni che cosa pensano?

Sia il Ministero (Grazia e Giustizia) che il Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) sulla carta sono d’accordo. Però poi di fatto la questione sanitaria è in carico alle Asl e quindi al Ministero della salute.

Gli accordi iniziali prevedevano inoltre la chiusura degli Opg (Ospedale psichiatrico giudiziario) con la creazione di posti alternativi, ma questo ancora non si è realizzato pienamente.

Abbiamo quindi una situazione paradossale, poichè in carcere arrivano tante situazioni di malati psichiatrici che invece dovrebbero essere curati in misure alternative all’interno di strutture adeguate. Invece restano in carcere.

Il carcere è un luogo difficile da gestire in condizioni di normalità, in una situazione di emergenza come questa diventa tutto più complicato.

Poi non scordiamoci che in questo periodo hanno anche lavorato a rilento le varie cancellerie, la magistratura di sorveglianza, educatori, tutti hanno rallentato. Le persone in carcere hanno costantemente bisogno di avere le cure adeguate.

Oltre ad avere diritto tutti a un trattamento educativo, che è poi la finalità della pena. Non ci può essere soltanto la pena senza una finalità educativa.

Lei pensa che in questo periodo i magistrati di sorveglianza abbiamo più difficoltà a decidere di scarcerare qualcuno?

Io penso che i magistrati in genere cerchino di rispettare la legge. Le leggi attuali poi devo dire, magari fossero applicate completamente, probabilmente le carceri potrebbero essere meno affollate.

Ti spiego: ci sono delle leggi che per esempio presentano delle incompatibilità col carcere per motivi di salute. Eppure io so di tantissime persone che pur essendo state dichiarate incompatibili sono ancora in carcere.

La legge prevede inoltre che superata la soglia dei 70 anni, a meno che non sia per reati molto gravi, non dovresti andare in carcere.

Mamme con bambini, gente che viene dal mondo della tossicodipendenza. Se hai una pena sotto i 4 anni puoi essere affidato a strutture esterne, sotto i 18 mesi puoi andare in affidamento prova o ai domiciliari.

Ci sono tutte queste serie di leggi che se ben utilizzate potrebbero favorire alcune uscite. Ma anche qui mancano le risorse.

Io conosco bene il tribunale di sorveglianza di Roma: manca il personale, mancano i magistrati, la cancellerie lavorano a rilento. Tutto questo quindi non fa altro che ritardare i procedimenti.

Abbiamo parlato del focolaio di Rebibbia, com’è invece la situazione in provincia di Roma?

Civitavecchia adesso ha un piccolo focolaio con una dozzina di positivi. Un carcere che fino a oggi ha retto molto bene.

Sono stata la scorsa settimana a Velletri e fortunatamente in questi mesi non sono stati riscontrati positivi. A tal punto che li per esempio la parte didattica non si è mai interrotta, gli insegnanti hanno continuato a entrare.

Diciamo che tutto sommato fino a oggi sono riusciti a superare questa parte critica.

Certo però anche li mi rendo conto che a Velletri ci sono circa 300 definitivi su una popolazione tra i 450 e i 500 detenuti, e su un così alto numero di definitivi ci sono poche misure alternative, attività, anche di tipo lavorativo, quindi magari qualcosa in più da questo punto di vista potrebbe essere fatto.

Le 10.500 dosi di Moderna come ci ha comunicato sono per tutti gli istituti penitenziari del Lazio, detenuti e personale, lei invece si è vaccinata?

Si si, io mi sono vaccinata lunedì, era il mio turno e l’ho fatto all’hub della stazione Termini alle 18:50, ho fatto AstraZeneca.

Oggi sto bene, sono stata bene e sono rientrata anche a lavorare in carcere. Tutto bene.

Gabriella Stramaccioni nel 2010 ottiene il riconoscimento internazionale di costruttrice di pace. È stata in questi anni consigliera della conferenza nazionale volontariato e giustizia e della tavola della pace.

Quando nel 2017 Gabriella Stramaccioni venne nominata Garante per i diritti delle persone private della libertà personale di Roma Capitale, Virgina Raggi commentò così la sua scelta:

Gabriella Stramaccioni è stata scelta per la sua storia, il grande impegno sociale e la competenza nel campo dei diritti umani.

Leggi anche: Giornata della memoria 2021 in onore delle vittime di mafia

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