Intelligenza artificiale, saranno le macchine a curarci?

Clarice Subiaco
Clarice Subiacohttps://medium.com/@ClariceSubiaco
Classe 1986, passato di studi umanistici e presente nel mondo dei dati. In mezzo, esperienze di lavoro come Digital PR, Content Strategist e Project Manager per startup e agenzie internazionali. Ama raccontare l'innovazione che ha un forte impatto sociale.
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51 anni fa, Stanley Kubrick esplorava il rapporto tra uomo e tecnologia nel film 2001: Odissea nello spazio. Un argomento che mette in gioco una questione su tutte, quella dell’etica nel rapporto tra esseri umani e tecnologia. Un tema di cui si parla molto anche in questi giorni e che tocca tanti aspetti della vita umana, il più spinoso tra tutti riguarda il delicato rapporto tra intelligenza artificiale e medicina. Tanti sono i quesiti che ruotano attorno a questo ambito: le macchine saranno un giorno in grado di prendere decisioni importanti sui pazienti al posto dell’uomo? La nostra vita dipenderà dai robot? Di questo e altro si è parlato lo scorso 11 dicembre all’evento #AI4Docs “Opportunità e rischi dell’intelligenza artificiale in medicina”, tenutosi al Policlinico Gemelli Irccs a Roma, e promosso dalla Fondazione in collaborazione con la Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica.

Parola d’ordine: “algor-etica”

L’intelligenza artificiale in ambito medico fa molto discutere perché riguarda la possibilità di rendere “pensanti” delle macchine e quindi di far sì che possano prendere decisioni autonome. Se questo in altri contesti può essere positivo – si pensi alle automobili che si guidano da sole, alle analisi predittive in finanza – nel settore sanitario crea non poche perplessità. Si definisce con il termine “algocrazia” il potere degli algoritmi. Questa parola è stata usata per la prima volta nel 2006 da A. Aneesh nel suo libro “Virtual Migration” per descrivere sistemi di governance informatizzati dove è il codice “algoritmi” che determina, organizza e vincola le interazioni umane con quei sistemi. E a proposito di “algocrazia”, il teologo esperto di bioetica Paolo Benanti, sostiene che “l’intelligenza artificiale è uno strumento e, come tutti gli strumenti, dipende dall’uso che se ne fa e non può prescindere dalla relazione con l’uomo”. In sostanza secondo Benanti, l’intelligenza artificiale deve essere programmata secondo principi e valori stabiliti dagli esseri umani, una algor-etica”, un codice comprensibile per le macchine, che le renda in grado di agire come agirebbe una persona dotata di buon senso. Leggi anche:L’intelligenza artificiale ci ruberà il lavoro? Rispondono gli esperti

I vantaggi per l’uomo e per l’economia

Ma quali sono i campi di applicazione dell’IA nella medicina? Oggi i medici possono avere una diagnostica in tempo reale sul proprio smartphone, sistemi di IA possono desumere alcuni dati clinici dalle intonazioni della voce del paziente e addirittura è stato creato recentemente il primo neurone artificiale che potrebbe essere in grado di combattere l’Alzheimer. Ma c’è di più: secondo una ricerca di Accenture, le applicazioni cliniche dell’AI sanitaria possono potenzialmente permettere di risparmiare 150 miliardi di dollari l’anno per l’economia sanitaria statunitense entro il 2026. Un altro rapporto di Tractica ha rilevato che il mercato sanitario dell’AI varrà 34 miliardi di dollari entro il 2025.

Dal machine learning allo human learning

Ottime prospettive, dunque, per il mondo della medicina, ma a patto che si crei un’alleanza tra macchine e medici.

Si parla tanto di machine learning, ma in Italia l’azione più urgente è incentivare lo human learning: i medici devono imparare a creare e utilizzare queste nuove tecnologie.

A sostenerlo è Fabio Moioli, Head Consulting & Services di Microsoft, presente all’evento AI4docs. Quindi sì all’Intelligenza Artificiale in ambito medico, ma a patto che sia sempre guidata da quella umana.

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Classe 1986, passato di studi umanistici e presente nel mondo dei dati. In mezzo, esperienze di lavoro come Digital PR, Content Strategist e Project Manager per startup e agenzie internazionali. Ama raccontare l'innovazione che ha un forte impatto sociale.
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