Migrante si è impiccato a 23 anni, l’avvocato: “Non riusciva a capire perché fosse stato privato della libertà”

Musa, 23 anni, era stato vittima un paio di settimane fa di un brutale pestaggio a Ventimiglia per mano di tre aggressori. Si è impiccato nel Centro per il rimpatrio di Torino.

Tommaso Panza
Tommaso Panza
Salentino, classe 1993. Una laurea in mediazione linguistica. Fondazione Basso(Roma). Amante della lettura e del cinema, in particolare delle opere che raccontano spaccati di realtà. Deciso sin da piccolo a diventare un giornalista.
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Si è impiccato a 23 anni. Questo è il tragico epilogo che vede triste protagonista della vicenda Musa Balde, un giovanissimo migrante originario della Guinea.

Lo scorso 9 maggio Musa era stato vittima di una brutale aggressione in pieno giorno a Ventimiglia da parte di tre persone. Le accuse: aver rubato un telefonino. Accusa che il giovane ha respinto con forza fin dall’inizio, e confermate in seguito “stava chiedendo l’elemosina”.

Rinchiuso nel Centro per il rimpatrio (CPR), Musa non ha retto la sua condizione psicofisica e si è tolto la vita.

Questa stessa mattina pare che nel CPR di Torino siano proseguite numerose proteste, iniziate stanotte, da parte dei migranti reclusi in condizioni disperate che non credono alla vicenda del suicidio.

Impiccato a 23 anni, la vicenda di Musa: dal pestaggio alla detenzione

Impiccato a 23 anni, la vicenda di Musa: dal pestaggio alla detenzione

Sul CPR di Torino, un vero e proprio carcere se visto dall’esterno, erano già state sollevate alcune polemiche.

Quasi due anni fa infatti, balzò agli onori di cronaca l’impedimento ai migranti detenuti di ricevere una serie di cure sanitarie di cui avevano bisogno.

Adesso sul Centro per il rimpatrio di Torino si scrive un altro triste capitolo. Musa, giovanissimo migrante della Guinea, si è impiccato a 23 anni con le lenzuola nel bagno della sua stanza, questo ha portato alle proteste e allo sciopero degli altri migranti rinchiusi.

Aggredito lo scorso 9 maggio

Prima l’inseguimento e alla fine l’accerchiamento. Una volta a terra una pioggia di colpi, inferti dai vari oggetti contundenti (mazze e bastoni), branditi dai tre aggressori, hanno investito il giovane Musa.

La discussione tra i tre uomini e Musa era avvenuta all’esterno di un supermercato, il gruppo aveva accusato il giovane migrante del furto di un smartphone.

La scena del pestaggio è stata ripresa con il telefonino da un’abitante di zona che ha poi postato sui social la sequenza del violento accaduto.

La polizia di Imperia aveva rintracciato e denunciato subito i tre aggressori. Si tratta di tre cittadini italiani, due originari di Agrigento, di 28 e 39 anni e uno di 44 anni, di Palmi (Reggio Calabria).

La prognosi di 10 giorni e poi la reclusione

Subito dopo il brutale pestaggio, il giovane migrante che si è poi impiccato a 23 anni, aveva ricevuto in ospedale una prognosi di 10 giorni per le lesioni riportate in seguito all’aggressione.

Poi l’inizio del percorso che ha portato al tragico gesto. Dimesso dal Pronto soccorso, Musa era stato portato prima al commissariato di Ventimiglia e poi nel Centro di permanenza per il rimpatrio di Torino.

Una volta aperti i cancelli del centro situato in corso Brunelleschi, nel capoluogo piemontese, le sue condizioni fisiche e psicologiche sono peggiorate, dopo essere stato messo anche in isolamento sanitario.

Ed è proprio qui che tra Sabato e Domenica, durante la notte, Musa ha preso le sue lenzuola e ci ha fatto un cappio con il quale si è poi tolto la vita.

Musa impiccato a 23 anni, parla il suo avvocato: “Era provato, stanco, probabilmente depresso”

Musa impiccato a 23 anni, parla il suo avvocato: "Era provato, stanco, probabilmente depresso"

Secondo il suo avvocato Musa era in uno stato di depressione, il fatto che si sia impiccato a 23 anni sicuramente è il frutto di una condizione disperata.

Pare però che il ragazzo fosse anche molto confuso da tutta la situazione: non capiva perché subito dopo essere stato barbaramente picchiato fosse stato immediatamente privato della libertà una volta uscito dall’ospedale.

Senza contare che i tre aggressori sono stati denunciati a piede libero, non sono in carcere quindi.

Musa inoltre all’interno del CPR, non avrebbe nemmeno ricevuto nessun tipo di assistenza psicologica, è stato abbandonato alla sua condizione. Queste le dichiarazioni postume del suo avvocato, Gianluca Vitale:

Era provato, stanco, probabilmente depresso.

Lo avevo visto pochi giorni fa e stavo cercando di oppormi alla sua espulsione per motivi giudiziari.

Non riusciva a capire il motivo per cui, dopo aver subito un’aggressione così violenta, fosse stato privato della libertà.

A trovarlo senza vita ieri mattina sono stati gli operatori del Cpr, ma nessuno nella notte si era accorto di nulla, l’avvocato poi aggiunge:

Adesso neppure la sua domanda di giustizia avrà una risposta.

Spero di sbagliarmi, ma nel nostro colloquio mi ha detto che, dopo il pestaggio, nessuno degli inquirenti lo aveva ascoltato. Era finito in camera di sicurezza e poi nel centro di Torino. 

Impiccato a 23 anni: reclusi del CPR di Torino in Rivolta

Come riportato sulla proprio pagina Facebook nell’ultima ora, l’associazione No Cpr Torino segnala di una rivolta dei reclusi scoppiata in mattina proprio per protestare contro la morte del giovane Musa Balde.

Di seguito il loro comunicato:

Abbiamo sentito la voce di alcuni reclusi che con coraggio hanno voluto raccontarci quello che sta accadendo dentro il CPR di Torino.

A causa della denuncia in Questura era emersa la sua irregolarità sul territorio nazionale ed era stato portato al CPR di corso Brunelleschi a Torino dove da subito è stato rinchiuso nell’area Rossa insieme ad altri detenuti e successivamente, durante la serata di sabato, portato in isolamento all’interno della sezione denominata “Ospedaletto”.

Secondo la testimonianza di un ragazzo, nonostante dimostrasse chiari segni di sofferenza causati dalle lesioni al corpo, Musa Balde non è stato mai visitato da nessun medico o membro del personale medico del CPR.

Ci ha raccontato che dopo il trasferimento in isolamento, avvenuto senza una chiara motivazione, lo ha sentito urlare e chiedere l’intervento di un dottore senza mai ricevere una risposta.

Domenica mattina la versione del suicidio si è diffusa rapidamente in tutte le aree del centro provocando numerose proteste tra i reclusi a causa del fatto che nessuno di loro ha creduto possibile che Musa Balde si sia potuto suicidare, accusando fin da subito la polizia ed il personale medico del CPR di quanto accaduto.

Cosa è accaduto realmente durante la notte non si sa con certezza e probabilmente non si saprà mai anche perchè non c’erano altri compagni in cella con lui.

E anche se ci fossero stati sarebbero stati rimpatriati rapidamente per eliminare scomodi testimoni come è già successo dopo la morte di Faisal nel 2019, avvenuto sempre all’interno del CPR di Torino nella stessa sezione di isolamento dove si trovava Musa Balde e nel 2020 dopo la morte di Vakhtang, avvenuto nel CPR di Gradisca di Isonzo.

Una cosa però è certa. Ovvero che un altro ragazzo è entrato dentro un Centro di Permanenza per il Rimpatrio con le sue gambe ed è uscito dentro una bara.

Ucciso dallo Stato che ha concepito e continua a giustificare questi luoghi infami.

I ragazzi reclusi all’interno dell’area Verde e dell’area Blu hanno intrapreso uno sciopero della fame rifiutando il cibo avariato che li viene fornito per protestare contro la morte del loro compagno e contro le condizioni in cui sono costretti.

Nella notte le proteste dei reclusi hanno preso forma con diversi incendi che hanno danneggiato parte dell’area Verde e dell’area Bianca.

Leggi anche: Ceuta: cosa c’è dietro il flusso di migranti senza precedenti che scuote la nostra umanità

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