Il futuro delle auto è l’elettrico, ma il mercato non decolla. Ecco perché

La Cina detiene il monopolio dei metalli preziosi, quindi produrre elettrico significa dipendere da altri. E poi ci sono gli investimenti, le colonnine, i tempi di ricarica e il riciclo delle batterie. Tutte questioni da risolvere.

Elza Coculo
Elza Coculo
Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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Il futuro delle auto è elettrico non c’è dubbio: zero emissioni, maggiore efficienza, meno costi di manutenzione e abbattimento del prezzo del carburante. Eppure, il mercato non decolla. L’inchiesta di Dataroom di Milena Gabanelli prova a fare chiarezza e i problemi risultano essere molteplici. Attualmente il prezzo delle auto elettriche si aggira tra i 30 e i 37 mila euro, mentre, rende noto Federauto, un consumatore medio può permettersi di spenderne per un’automobile circa 8 mila. E gli incentivi del Governo italiano, 4 mila euro per un’auto ibrida o elettrica, non riescono a fare la differenza. L’elevato costo delle auto elettriche ne rende proibitivo l’acquisto e ciò accade perché le materie prime per la realizzazione di batterie sono monopolio di un solo venditore: la Cina.

Il monopolio delle materie prime

I produttori sono obbligati dalle norme europee a incrementare la produzione dell’elettrico, pena pesantissime sanzioni. Il problema è che per produrre una batteria c’è bisogno di materiali preziosi: cobalto, nichel e litio. La Cina ha in concessione per i prossimi 10 anni quasi il 90% dei giacimenti mondiali di metalli preziosi e controlla anche il know how del processo industriale. Questo perché da anni ha investito nell’elettrico, per far fronte all’inquinamento nelle megalopoli. Basti pensare che su 2,1 milioni di auto elettriche al mondo, la metà sono proprio in Asia. E ha investito nell’elettronica di largo consumo, motivo per il quale anche le più grandi aziende al mondo dipendono dalla Cina per la loro produzione. Tra queste Apple, Hp, Microsoft, Sony, BlackBerry e Amazon.

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Dove si producono le batterie

I rapporti privilegiati della Cina con il Congo, che da solo produce il 55% del cobalto mondiale, dunque, ne è il primo fornitore globale, gli hanno permesso di essere staccare la concorrenza. Attualmente i maxi stabilimenti che producono batterie elettriche sono tre: quello di Tesla in Nevada, USA, il secondo è a Foxconn, Cina, il terzo in Svezia con la Northvolt, appena ricapitalizzata da Volkswagen e Bmw. In realtà, sarebbe già possibile lanciare sul mercato modelli a un prezzo più contenuto, ma la domanda sarebbe tanto maggiore dell’offerta da far esaurire rapidamente lo stock a disposizione, lasciando scontenti la maggior parte dei consumatori.

I grandi investimenti e i guadagni

I numerosi annunci di investimenti nel settore della mobilità elettrica non mancano di certo. La Commissione europea e i produttori hanno introdotto tanti soldi. Solo nell’Unione, si è passati da 3 miliardi investiti nel 2017 a 60 miliardi nel 2019. La Cina ne investe appena 17. Di questi soldi, una buona parte andrà a coprire proprio il costo delle fabbriche che produrranno batterie. E attualmente sono 16 i cantieri aperti nel Vecchio Continente. Grande assente è l’Italia che, nonostante il lancio Fiat della nuova 500 elettrica, non ha intenzione, per ora, di investire nella produzione dell’alimentazione.

Difficile invece capire quale sia l’attuale trend di vendita delle automobili elettriche. A fine gennaio in tutta Europa le vendite erano in aumento dell’80%, crollate al 6,4% nei mesi di marzo, aprile e maggio. Gli effetti della crisi economica innescata dal Covid hanno fatto crollare la domanda delle normali auto, creando una crisi di liquidità delle imprese già sotto pressione per gli enormi sforzi in ricerca proprio nel settore elettrico.

Leggi anche: L’Europa investe sui veicoli elettrici: boom di vendite nei primi mesi del 2020

Le colonnine di ricarica

In Italia le colonnine pubbliche per la ricarica delle auto elettriche sono circa 8.500, i veicoli in circolazione 11 mila. Più della metà sono nelle regioni del Nord e sono distribuite su strade, piazze e parcheggi. Mentre scarseggiano in strade extraurbane e autostrade. Il Governo con l’ecobonus 110% ha previsto la possibilità di istallare punti di ricarica negli spazi comuni condominiali. Questo perché la ricarica completa di una batteria impiega 12 ore di tempo, dunque il luogo più comodo è decisamente la casa. Ma è stato calcolato che circa il 95% degli stabili non ha una rete elettrica adatta a supportare un così pesante assorbimento di potenza. Bisognerebbe quindi iniziare dalla riqualificazione dei vecchi condomini, ma l’operazione, in termini di costi e burocrazia, è decisamente complessa.

Lo smaltimento delle batterie

Infine, c’è il tema dello smaltimento delle migliaia di tonnellate di batterie prodotte. 97 mila solo nel 2018. D’altro canto, il riciclo delle batterie consente di recuperare i materiali rari fino al 90% e questo è sicuramente un vantaggio. Solo che l’Europa, ad oggi, delega lo smaltimento alla Cina, leader indiscusso anche in questo settore. E solo la Norvegia è partita con la realizzazione di una fabbrica per il riciclo, ma sono ancora ai cantieri. Insomma, non si produce o smaltisce elettrico senza passare dai concorrenti cinesi. Un margine di crescita è previsto tra 10 anni, quando le concessioni cinesi scadranno e a quel punto il mercato potrà essere più competitivo.

Leggi anche: Coronavirus, arriva il superbonus ristrutturazioni al 110%

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