Chi è Giovanni Di Lorenzo, che ha portato il Napoli allo scudetto: “I sacrifici hanno un senso”

Ripercorriamo la storia di Giovanni Di Lorenzo, il quale ci ha sempre creduto, dagli esordi alla Reggina fino all’arrivo al Napoli, dove oggi festeggia lo scudetto da capitano.

Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.
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Giovanni Di Lorenzo non avrebbe mai immaginato di poter alzare lo scudetto a Napoli, 33 anni dopo Maradona. Da capitano è riuscito a mantenere il giusto equilibrio nel farsi seguire e ascoltare.

Il suo contributo è stato determinante da un punto di vista tattico. Inoltre come calciatore, da esterno, si è mostrato uno dei migliori mezzali del campionato. Da ottobre a febbraio è stato al massimo della sua forma fisica, nel gestire la palla e suggerire gli attaccanti, servendo sei assist.

Ha saputo tenere il ritmo atletico della squadra anche nella fase di fisiologico calo. Giovanni Di Lorenzo ha infine dimostrato con i fatti un equilibrio tale che non gli ha permesso di urlare per farsi ascoltare ma lo ha fatto con classe e compostezza.

Giovanni Di Lorenzo, carriera come calciatore e vita privata

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Giovanni Di Lorenzo, nato a Castelnuovo di Garfagnana nel 1993, è calciatore, difensore e capitano del Napoli. Chiamato anche in Nazionale, ha iniziato la carriera giocando come attaccante. Successivamente si è spostato a giocare in difesa ed è stato impiegato come terzino.

Nel giugno del 2018 è stato acquistato dal Napoli per 8 milioni di euro. Nel 2019 Roberto Mancini lo chiama in Nazionale dove esordisce giocando nella partita contro il Liechtenstein.

Giovanni Di Lorenzo ha una compagna, Clarissa Franchi. Quest’ultima è originaria della Toscana e non appartiene al mondo calcistico né a quello dello spettacolo. La coppia ha una figlia di nome Azzurra.

Giovanni Di Lorenzo: la lettera in cui ripercorre la gavetta, dagli esordi a capitano del Napoli

Dopo essere stato scelto da Spalletti come capitano Di Lorenzo ha scritto una lettera ai suoi compagni, raccontando la sua storia. Riportiamo alcuni stralci più significativi della missiva, pubblicata dal portale online Cronache di Spogliatoio:

Se alzo lo sguardo, non posso far altro che vedere un tetto in mattoncini rossi che sbuca dietro la tribuna. Gli schiamazzi di Forcoli vanno a sbattere contro quelle case e tornano indietro. Non c’è molta gente sugli spalti, anche per questo mi arriva qualche voce: “Guarda, guarda, entra quel ragazzino”. Quel ragazzino si chiama Giovanni Di Lorenzo. Il ragazzino, di 15 anni ma che ne dimostra anche meno, sta per fare il proprio esordio in Serie D.

Mentre mi divoravo le partite di Champions League in televisione, la mia vita scorreva tra panini, treni e allenamenti. Insomma, mangiavo quei maledetti panini con la speranza di arrivare in Serie A. Sacrifici, sì, che non saprai mai se verranno ripagati. Eh, ne arriva uno su un milione. Vero, ma perché non provarci.

Certo, il sapore di un panino mangiato da un ragazzino che si allena con una società di Serie D non è lo stesso di un coetaneo delle giovanili di Napoli, Juventus, Inter o qualsiasi squadra professionistica. Ha un sapore più amaro, fatto di incertezze e addolcito solo da un pensiero: sei l’unico artefice di te stesso, la scalata ha una pendenza proibitiva e serve anche un pizzico di fortuna.

Sia l’allenatore che i dirigenti stravedevano per me. Tanto che, alcuni giorni dopo, mi mandarono a un torneo giocato a Parma tramite l’Udinese, dove c’erano i migliori osservatori. Rientrato a casa, squillò il telefono. Risposi ed era Paolo Giovannini, il ds della Lucchese, che chiamava dalla sede. Voleva parlare con i miei genitori. Gli passai mia madre, che dopo qualche minuto mi rese il telefono: «Vuole parlare con te».

La domanda fu secca: «Giovanni, vuoi andare alla Reggina?». Mi si offuscò la mente, venni ricoperto da una vampata di calore. Balbettai qualcosa, pensai che sarebbe stato davvero strepitoso. Certo, a centinaia di chilometri da casa.

Il periodo dell’incertezza e la svolta

Poi il momento difficile di Giovanni DI Lorenzo, alla fine del prestito alla Reggina:

Avevo quasi 23 anni quando, dopo due stagioni in Calabria, ci venne comunicato che la società era fallita. Di botto, tutti i sacrifici si erano arenati come l’ultima onda della giornata sulla sabbia. Risucchiati e scomparsi. Ero svincolato, non più giovanissimo. Senza una squadra dopo i treni, i panini e tutte le risorse che avevo investito sul mio sogno.

Mi allenai da solo, a Ghivizzano, per sentirmi a casa. Non era facile. Anzi, era davvero tosta. Paolo Giovannini, che nel frattempo era diventato il direttore sportivo del Pontedera, mi disse: «Giovanni, io ti prenderei subito, ma tu meriti altri palcoscenici». Si diede da fare e dopo qualche giorno mi richiamò: «Ascolta, ti va di andare a Matera? Sono una bella squadra, ti do una mano io con i contratti e tutte le scartoffie». Si prese cura di me e in poco tempo trovai squadra.

La partita decisiva e l’ingresso nel Napoli

Dopo il gol in casa contro il Torino il procuratore avvisa Giovanni Di Lorenzo dell’interesse del Napoli:

Scoppiai a ridere, pensando che fosse uno scherzo. Sì, qualche squadra si era già interessata. Ma dai, il Napoli! E invece era tutto vero, vollero fare le cose in fretta e appena terminata la stagione, ero già a sostenere le visite mediche. Averci sempre creduto mi aveva portato lì, vestito d’azzurro. Fino a quando non ottiene la fascia da capitano del Napoli:

Tutti quei panini, d’un tratto, avevano un senso. Tutti quei treni, tutte quelle corse, tutti quei saluti ad Antonio davanti alla stazione. Tutte le volte che ho abbracciato i miei in stazione. Tutto aveva un senso.

Leggi anche: Il Napoli conquista il suo scudetto: pareggia e vince

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