Il giallo dell’auto di Giambruno e l’inchiesta sui servizi segreti: perché Meloni teme il complotto?

Lo scorso novembre due uomini sono stati sorpresi mentre armeggiavano vicino all’auto di Andrea Giambruno. Chi sono e perché la premier teme il complotto?

Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.
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Lo scorso novembre due uomini si sono avvicinati all’auto di Giambruno, separato già da Giorgia Meloni, mentre questo si trovava a casa della premier.

Inizialmente non sono state identificate queste due figure ma grazie alla testimonianza di un’agente di polizia, appostata nei pressi della villa per prestare vigilanza, è stata ipotizzata l’identità: pare che si tratti di due 007 dell’Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna).

A rivelarlo è il quotidiano Domani nella sua edizione cartacea di oggi, domenica 28 aprile.

Cosa è accaduto lo scorso novembre vicino all’auto di Giambruno

auto di giambruno_meloni_

Queste ultime rivelazioni potrebbero aver alimentato nella premier la teoria del complotto contro di lei. Ma cosa è accaduto quella notte di novembre? A ricostruire la dinamica dei fatti ci pensano i due giornalisti di Domani, Emiliano Fittipaldi e Nello Trocchia. Andrea Giambruno si trovava nella casa dell’ex compagna e della figlia Ginevra, in zona Torrino, a Roma.

Alle tre di notte, come documentato da una pattuglia di sorveglianza del commissariato Eur, giunge nei pressi della villa una vettura da cui escono due figure che si avvicinano all’auto di Giambruno con una torcia. A questo punto l’agente scende dalla macchina e chiede di fare identificarsi. I due uomini si presentano come colleghi, mostrando anche un tesserino, ma risalgono subito a bordo della loro vettura allontanandosi senza essere identificati.

La dinamica dei fatti e l’incontro con queste die figure finisce nel rapporto di servizio. Ne vengono al corrente la Digos e i vertici, il capo della Polizia Vittorio Pisani, il ministro dell’Interno Piantedosi, il sottosegretario con delega ai servizi segreti Alfredo Mantovano, l’allora capo dell’Aisi Mario Parente e il suo braccio destro Del Deo. E ovviamente anche la premier.

Auto di Giambruno, la teoria del complotto e la scelta del nuovo capo dell’Aisi

In seguito al rapporto della Digos la Procura di Roma decide di aprire un’indagine, gestita direttamente dal procuratore capo Francesco Lo Voi. L’Aisi inizia a investigare e risale ai due agenti dei servizi segreti dell’Aisi, in servizio nella scorta della premier. Meloni, a questo punto, sposta i due agenti all’Aise, i servizi segreti.

Due mesi dopo, però, l’Aisi deduce dalle celle telefoniche che i due agenti non si trovassero vicini all’abitazione della premier, ma molto lontano. Di conseguenza secondo l’agenzia potrebbero essersi trattato, banalmente, di due ricettatori, interessati a oggetti di valore nell’auto di Giambruno, e non agenti intenti a piazzare cimici.

Questa vicenda non passa inosservata e nella premier non si spegne il timore che parte dell’intelligence stia cercando informazioni su di lei. Domani, ipotizza, che anche la scelta del nuovo direttore dell’Aisi sia dovuta a quanto accaduto. Meloni punta su Bruno Valensise, vicedirettore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS) dal 2019, esterno all’Agenzia, che prevale sull’altro candidato, Giuseppe Del Deo, vicedirettore dell’agenzia, considerato vicino a Meloni e al ministro Guido Crosetto.

Questa è una vicenda che intreccia misteriosi tentativi di furto, ipotesi di spionaggio, investigazioni segrete ordinate dai vertici dell’intelligence e presunte falle nel sistema di protezione del presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

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