L’endometriosi è l’urlo disperato di una malattia dominata dallo stigma sociale

L'Endometriosi è una delle malattie più comuni al mondo, eppure, le diagnosi, oltre ad essere difficili e rare, si portano dietro il lungo calvario che devono sopportare le donne prima di essere ascoltate.

Melissa Matiddi
Melissa Matiddi
Esperta in comunicazione e digital marketing, studia lo yoga e le discipline orientali. Ama creare, leggere e viaggiare. Silenziosa ma rumorosa, è sempre pronta a varcare nuovi orizzonti.
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L’endometriosi è un problema serio e reale che invalida la salute fisica e mentale delle donne che, molto spesso, non sanno di soffrirne. In Italia, questa malattia colpisce circa 3 milioni di persone e può causare anche il 30-40% di infertilità.

Il tempo medio per effettuare una diagnosi oscilla tra i 7 e i 10 anni, questo ritardo nella valutazione è essenzialmente legato allo stigma sociale del mestruo che, nel 2022, riesce ancora a tenere per il collo la salute delle donne.

Questa patologia, infatti, subisce di continuo le molestie debilitanti e opprimenti di una classe sociale che, non solo, non prende in considerazione il malessere femminile, ma lo abolisce, negandogli il diritto alle cure e attribuendogli il sacro e inviolabile potere di un tabù.

Ma allora, se si tratta di un problema che riguarda le ragazze, perché la società continua ad imporre il suo giudizio e ad emettere il lascito screanzato di una cultura retrograda, schernente e limitante?

Endometriosi: a caccia del mostro femminile

Il ciclo, è da sempre, considerato un problema sociale, una questione che agita e preoccupa le masse. È un affare dello Stato che, con il suo tono buonista e perentorio, intende neutralizzare le richieste d’aiuto avanzate dalle donne per paura di entrare in una realtà ritenuta troppo oscena.

Che le mestruazioni siano un segreto da mantenere e nascondere, ce ne siamo accorti un po’ tutti, da quell’imbarazzo generato dalla semplice lettura o pronuncia della parola ciclo o dal contenuto delle campagne pubblicitarie per la vendita di assorbenti, in cui al colore rosso del sangue viene sempre favorito quello del blu oceano, quasi a voler sottolineare la nostra appartenenza al mondo degli avatar o dei puffi.

Le scorciatoie linguistiche, con cui ogni ragazza stringe un legame eterno dal quale non si libererà facilmente, servono per placare il senso di vergogna e di inadeguatezza genereato dall’impossibilità di parlare con chiarezza e disinvoltura del proprio corpo.

Ho le mie cose, sono indisposta e sono in quei giorni”, sono solo alcune delle frasi di sopravvivenza che le donne hanno dovuto adottare per risolvere un problema sporco e sgradevole: quello del mestruo.

Per non dare fastidio e per mantenere una condotta consona, la società ha imposto all’universo femminile di sfruttare ogni nomignolo possibile e immaginabile per mascherare il fastidio generato dal solo pensiero del sangue. Fingere di stare bene, nonostante i dolori lancinanti, nascondere gli assorbenti come se fossero bombe e mostrarsi sempre in perfetta forma fisica, malgrado le contrazioni terribili, sono doveri testamentari tramandati da generazione in generazione che tutte le donne sono chiamate a rispettare.

L’endometriosi è una questione di stigmatizzazione sociale?

Ogni 28 giorni a una donna viene chiesto di mentire circa il suo stato di salute per non disturbare e tormentare le coscienze comuni.

Lo stigma sociale prodotto dal ciclo e causato dal cambiamento fisiologico, rende la questione dell’endometriosi particolarmente spinosa e insidiosa. Considerata una malattia invisibile e inesistente è la perfetta dimostrazione di quanto la società non voglia che le donne parlino del proprio corpo.

Ancora oggi per molte culture, le mestruazioni rendono il corpo femminile impuro, sbagliato e sudicio. In alcune regioni del Nepal, le donne, durante il ciclo, sono costrette a rimanere chiuse nelle capanne, in India gli si vieta di fare la doccia, invece, in Bolivia gli si fa credere che gli assorbenti provochino il cancro.

Come il protagonista spaventoso di un film horror, il sangue deve essere allontanato dall’immaginario collettivo e nascosto con ogni tipo di strumento. Con una modalità simile al vade retro dei latini, al mestruo e più precisamente alle donne, viene ordinato di occultare un processo naturale del corpo umano in nome delle regole istituite da una società che ha paura.

L’endometriosi: anamnesi di una malattia invisibile

L’endometriosi è un’infiammazione cronica benigna, degli organi genitali femminili, causata da un’alterazione delle cellule endometriali che si ritrovano al di fuori dell’utero, provocando un dolore straziante che accompagna la vita di una donna dalla prima mestruazione fino al menarca.

Questa patologia è molto frequente nella popolazione, colpisce infatti il 10-15% delle donne in età fertile tra i 25 e i 35 anni. La malattia, oltre a causare dismenorrea e dispareunia, determina anche sterilità.

Nonostante, in Italia ne soffrano circa 3 milioni di persone, la diagnosi accertata del disturbo è sempre quasi un miraggio. L’American Society for Reproductive Medicine ha classificato la patologia in quattro stadi distinti:

  • Stadio 1, endometriosi minima: si caratterizza per la presenza di pochi centimetri di tessuto al di fuori dell’utero.
  • Stadio 2, endometriosi lieve: è costituita da lesioni più profonde.
  • Stadio 3, endometriosi moderata: l’estensione dell’endometrio è maggiore, compaiono le cisti ovariche mono o bilaterali tra gli organi pelvici.
  • Stadio 4, endometriosi grave: gli impianti di tessuto si presentano spessi e voluminosi con la presenza di cisti che causando un dolore atroce su entrambe le ovaie.

Leggi anche: Congedo mestruale: quando una legge in Italia?

Perché ci sono ritardi nelle diagnosi?

Nello scenario mondiale è un’abitudine molto diffusa, quella di minimizzare e screditare il dolore causato dal mestruo femminile che, nella maggior parte dei casi, viene associato ad una esagerazione della percezione e sopportazione del malessere, da parte delle donne.

Alle ragazze viene insegnato a subire i dolori strazianti del ciclo. Infatti, ogni qual volta una donna manifesta la sua sofferenza fisica, la risposta più comune che viene data è che tutto il genere femminile soffre, senza lamentarsene, dello stesso problema.

Il ritardo nella diagnosi per endometriosi è causato da due diverse condizioni: da un lato, è causato dallo stigma sociale del mestruo che isola e impedisce alle donne di chiedere un adeguato aiuto sanitario, dall’altro, è provocato dal tipico e popolare cliché, del giudicare le persone indisposte come irritanti, arrabbiate e insopportabili che limita e influenza la libertà di ognuna di noi.

Per eludere questo dannato tabù è necessario reintrodurre, con sfrontatezza e serietà, nel vocabolario comune quelle terminologie vietate e negate dalla nostra società.

Riappropriarsi del corpo, significa iniziare a chiamare con il proprio nome quel sanguinamento che ci accompagna per 2400 giorni della vita: “il mestruo, il ciclo, il flusso mestruale e le mestruazioni” rappresentano la prima conquista di un lungo percorso di riacquisizione fisica e mentale che noi donne dobbiamo assolutamente avviare.

Leggi anche: Endometriosi: sintomi, diagnosi, cura e esenzioni

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