Emilia incandescente, il voto che decide la storia

Aldo Torchiaro
Aldo Torchiaro
Aldo Torchiaro, giornalista da quando si usavano le macchine da scrivere, si occupa oggi di innovazione digitale, nuovi media, e-democracy.
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Dieci settimane al 26 gennaio. La tastiera fuma, sono le tre di notte ma il lavoro procede febbrile. Vanno mandate in stampa le scalette per tutte le diciotto manifestazioni previste questa settimana. Solo quattro ore di riposo. Alle sette bisogna che il turno del mattino inizi a fare le rassegne stampa. Alle 7,30 suoneranno i corrieri che consegnare i giornali e le Sim. Ogni telefono deve essere dual-Sim. E ogni settimana si finisce per smarrire, rompere o farsi rubare un cellulare. L’organizzazione è un’idrovora di energie e di risorse. Siamo nella tana del lupo. Nella war room. Nella sede del comitato elettorale più caldo dell’anno. Siamo in Emilia-Romagna, dove la madre di tutte le campagne si sta combattendo clic dopo clic, porta a porta, campanile per campanile. Il centrosinistra e il centrodestra, le due vecchie parrocchie della politica italiana, non esistono più. Qui adesso ci sono solo due competitor in campo, con le loro ombre ingombranti. Uno si chiama Stefano Bonaccini, Pd. Governa (bene, dicono tutti) la Regione già da cinque anni. L’altro è un’altra, che di nome fa Lucia e ha un cognome che si scrive Borgonzoni ma si legge Salvini. Il leader della Lega ha il fiuto del cacciatore e nel naso, il profumo della preda nel bosco. Bonaccini – detto Bòna o il Près – ha tanta energia e già tanta buona caccia nel carniere, ma una compagnia dalla scarsa lena venatoria. Il Movimento Cinque Stelle non ha deciso da che parte stare e correrà in solitaria: come chi alla battuta di caccia preferisce la comfort zone del tiro al piattello.

Uno scenario esiziale

I sondaggisti invece sono tutti in campo. E certificano il testa a testa. Lorenzo Pregliasco, YouTrend, è netto: “Già fotografare il testa a testa iniziale indica una notizia enorme”. Definisce lo scontro in Emilia-Romagna come il più decisivo ed epico duello di questi anni di storia politica. È così: se il centrosinistra resisterà all’avanzata leghista, il governo andrà avanti. Se cadrà, l’esperienza di Giuseppe Conte andrà in archivio, e con lui la seconda Repubblica: Mattarella dovrà suonare la campanella delle urne. L’epic fail dell’Umbria è dietro l’angolo e con i Cinque Stelle è calato il gelo: Bonaccini affronta l’avversario da solo, a petto nudo.

L’Algoritmo segreto

Nelle segrete stanze non circolano solo i sondaggi. C’è un algoritmo che calcola le probabilità di successo dell’una e dell’altra squadra sulle ali di un programma di Artificial Intelligence; sulla doppia base dei risultati della Camera, seggio per seggio, e delle intenzioni di voto, si stabilisce la possibilità di attribuzione definitiva di ogni singolo collegio. L’Emilia-Romagna è stata divisa nelle sue nove province secondo lo schema del micro-clusting, come fece Cambridge Analytica per la campagna di Donald Trump. Nove provincie come nove Stati, dentro ai quali segmentare il target degli elettori indecisi e provare lo swing. Il cambio di segno. Ghisleri di Euromedia Research certifica la parità ai blocchi di partenza, ma vede di buon occhio l’avanzata di Salvini, pardon: Borgonzoni. “Salvini avoca tutto a sé perché sa di rappresentare un traino”, fa notare la sondaggista milanese.

Il risiko della via Emilia

Tutti danno per scontato che le tre provincie rosse della Romagna si manterranno fedeli. Rimini, Forlì-Cesena e Ravenna non destano preoccupazioni per il Pd. Ma rappresentano poco più del 20% del peso elettorale regionale. Le sei provincie dell’Emilia invece sono espugnabili. Piacenza e Ferrara vedono la Lega sopra al 50%. Reggio Emilia – con Del Rio sempre attivo, a fare la campagna elettorale in piazza – conferma il centrosinistra. Parma, dove il sindaco uscente Pizzarotti appoggia Bonaccini, ha visto eleggere sei deputati in quota Lega. Persino chi non immaginava neanche di essere votato, è stato alla fine eletto. Ed il trend leghista è in crescita nella seconda città emiliana. Bologna è divisa quasi a metà. Il 45% degli elettori sotto le Torri voterà Borgonzoni, il 55% Bonaccini. In molti temono il ritorno dell’effetto-Guazzaloca, il primo sindaco di centrodestra a Bologna. Lo swing-State dell’Emilia-Romagna però si chiama Modena. È nel distretto industriale, nella provincia operosa del modenese che il cambio di segno da sinistra verso destra inquieta i sonni della sinistra. Per questo è un territorio battuto palmo a palmo da entrambi. La motor-valley e la packaging valley d’Italia si incrociano; le auto da corsa e i vassoi di plastica, alluminio e polistirolo che vanno in mezza Europa partono proprio da qui. Valter Caiumi, il potente presidente di Confindustria Emilia-Romagna, punta il dito sulla Plastic tax: “La misura determinerà un incremento del 110% del costo della materia prima”, con conseguenze pesantissime sulle aziende emiliane e sull’occupazione. Bonaccini lo sa e si scaglia contro il governo, amico-nemico. “È una follia. A Roma qualcuno vuole farci perdere”, si lascia sfuggire il governatore, che ha invano provato a scongiurare la misura. Al governo interessa fare cassa, e gli 800 milioni di euro che entreranno ogni anno all’erario dalla Plastic tax sono un boccone succulento. Nei due comitati elettorali, a Bologna, non si parla d’altro. Si farà nottata, anche stanotte. Per chi perde, sarà buio a lungo. Leggi anche: Il partito del selfie ha il suo perché   di Aldo Torchiaro  

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