Dieci anni fa il naufragio della Costa Concordia, i superstiti: “Non torneremo più in mare”

Dieci anni fa, il naufragio più drammatico della storia italiana, quello della Costa Concordia. Una ferita che continua a bruciare nel cuore di chi l'ha vissuta, una macchia indelebile nella storia italiana. Ecco quello che è accaduto e cosa ci rimane oggi di questa tragedia umana.

Asia Buconi
Asia Buconi
Classe 1998, romana. Laureata in Scienze politiche e relazioni internazionali, ama l’attualità e la letteratura, ma la sua passione più grande è la sociologia, soprattutto se applicata a tematiche attuali. Nel tempo libero divora film e serie tv.
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10 anni fa si consumava il naufragio della Costa Concordia.

Se volessimo ricostruire le fasi principali di uno dei naufragi più gravi d’Italia, dovremmo partire dal momento in cui, alle 21.45 e 7 secondi di 10 anni fa, 13 gennaio 2012, la nave Costa Concordia urtò il più piccolo degli scogli de Le Scole, situato a circa 500 metri dal porto dell’Isola del Giglio. L’incidente provocò uno squarcio di 70 metri nello scafo, una ferita tremenda, mortale.

Il danno fece sbandare la Costa Concordia sul lato di dritta (la parte destra della nave), sino a farla sommergere sul lato dritto. La nave, poi, finì per appoggiarsi al fondale, restando in larga parte emergente: l’immagine è ancora nitida nella mente di tutti.

Gli strascichi di questa tragedia umana, a distanza di 10 anni, si fanno ancora sentire. Quegli attimi di terrore bruciano anzitutto nei ricordi e nel cuore di chi li ha vissuti. Ma anche in quelli di chi, guardando il telegiornale, ha assistito a un incubo che si faceva realtà, tremando al pensiero di immaginarsi lì al posto dei malcapitati a bordo, un totale di 4.229 persone, di cui 1.013 membri dell’equipaggio e 3.216 passeggeri.

Naufragio della Costa Concordia: la crociera “Profumo d’agrumi” e l’incidente

La Costa Concordia era salpata da Savona per accompagnare i passeggeri nella crociera “Profumo d’agrumi”, alla volta di Marsiglia, Barcellona, Palma di Maiorca, Cagliari, Palermo e Civitavecchia, la tappa finale, a cui sarebbe seguito il ritorno a Savona. L’incidente si è consumato proprio durante l’ultimo step di questo percorso da sogno, quando la nave, di ritorno a Savona, si era fermata come da prassi sotto l’Isola del Giglio per una manovra di passaggio ravvicinato, nota come l’ “inchino”, una sorta di saluto rivolto a chi si trova sulla terraferma. Sarà proprio nel tentativo di portare a termine questo scomodo passaggio che si consumerà l’incidente.

Il comandante Francesco Schettino, quando si rese conto di essere troppo vicino agli scogli, diede indicazione al timoniere Rusli Bin di dare timone per 10° e poi per 20° a sinistra, ma quest’ultimo capì male ed accostò a dritta. Allora Schettino ordinò “hard to port” (tutta la barra a sinistra), ma due secondi più tardi la nave impattò contro il più piccolo degli scogli de Le Scole.

L’acqua, che progressivamente entrava nella falla, ha poi fatto il resto: ha messo fuori uso i motori elettrici principali della nave, i generatori a gasolio, causando un black out pochi secondi dopo l’impatto e privando la nave della propulsione, fino a sommergere il quadro elettrico principale, i motori elettrici principali, i generatori diesel e le pompe ordinarie. In pochissimo i compartimenti 4-5-6-7 erano completamente allagati.

Sarà così, nel buio e in mezzo all’acqua del mare, che avrà inizio la tragedia umana. Quella del naufragio della Costa Concordia, di un comandante che fugge, di famiglie trasformate in protagoniste di un film horror, di morti che ancora oggi continuano a sanguinare. Di incidenti imperdonabili, che mai dovrebbero verificarsi.

La corsa alle scialuppe, la paura di morire e il bilancio finale

L’urto, la nave che trema, il buio, il terrore, la consapevolezza, la corsa alle scialuppe di 4.000 persone: questo ha significato il naufragio della Costa Concordia. La paura di morire, nel modo peggiore. La paura di vedere i propri cari morire, nel modo peggiore. Sono emozioni indicibili quelle provate da chi ha vissuto il dramma in prima persona.

Il bilancio finale è di 32 morti e 110 feriti. Il corpo dell’ultima vittima, il cameriere indiano Russel Rabello, è stato ritrovato incastrato sotto i mobili di una cabina del ponte 8 mille giorni dopo il naufragio, il 3 novembre 2014, nel corso della fase di demolizione del relitto a Genova.

Naufragio della Costa Concordia: le voci dei superstiti

Naufragio della Costa Concordia: le voci di chi è sopravvissuto sono ancora consumate da quel trauma. Tra queste c’è quella di Elena Mazzoni, che dieci anni fa era a bordo della Costa Concordia con il marito Mauro Massagrande, il figlio di 9 anni, ormai uomo, e 11 concittadini di Verona. Oggi, su quanto avvenuto quella sera, dice: “Certo che ci penso, soprattutto con un sentimento di rabbia, per tutti quanti non ce l’hanno fatta e per i loro familiari. Non tornerò mai più in mare, neppure su una barca, tanto meno su una nave, ormai mi fa terrore”.

Poi c’è anche la dolorosa storia di chi non ce l’ha fatta, come Williams e Dayana Arlotti, padre e figlia di 37 e 5 anni, che hanno perso la vita precipitando in una voragine tra i ponti 3 e 4 della nave, nel tentativo di guadagnarsi un posto sicuro sulle scialuppe.

E ancora la testimonianza di Stefania Vincenzi, un’altra superstite, che era in crociera per festeggiare il 50esimo compleanno della madre. La perderà nell’incidente: “L’atmosfera che si respirava era tranquilla, anche a causa delle rassicurazioni che ci arrivavano da parte del personale. Questo ha fatto sì che lei scendesse in cabina per prendere il salvagente, soprattutto per la sua amica che non sapeva nuotare, quindi ci siamo separate e non siamo state più in grado di ritrovarci. Credevo che lei stesse prendendo la scialuppa dall’altra parte, cosa che mi aveva detto telefonicamente, in realtà non era così, era una rassicurazione che mi aveva dato in quel momento”.

Ci sono anche le parole di Antonella Zingaro, dipendente di uno dei centri estetici della Concordia, che oggi dice: “Provo emozioni contrastanti ma perfettamente motivate, cioè gioia e rabbia. Gioia perché sono qui, sono viva e ho la possibilità di raccontarlo ancora. Anzi, spero di arrivare a 90 anni e raccontarlo ai miei nipoti come la nonnina del Titanic. Gioia, perché ho capito cosa significa avere la vita e avere la possibilità di spiegarlo agli altri e perché ho avuto la possibilità di diventare moglie e mamma con altre sfide da affrontare”.

Ma anche rabbia– ha aggiunto –perché 32 vite non ci sono più e non hanno potuto condividere con me questo momento. Rabbia, perché Schettino non ha ancora avuto il coraggio di ammettere di aver sbagliato. Restano tanti ricordi contrastanti, belli e brutti, che rimarranno per sempre nel mio cuore. In virtù della mia esperienza mi permetto di dire: non sprecate un solo attimo”.

Due settimane fa, il Tribunale di Genova ha riconosciuto a un passeggero superstite, Ernesto Carusotti, il danno patrimoniale e non patrimoniale provocatogli dall’incidente: è stato stabilito che Costa Crociere dovrà risarcirlo con circa 92.700 euro per il danno da stress post-traumatico subito. Un importante precedente giudiziario che certamente non potrà cancellare il dramma vissuto, ma che rappresenta comunque un passo significativo per chi ancora oggi sconta quegli attimi terribili.

L’arresto del Capitano Schettino e degli altri. Oggi il ricordo delle vittime

Naufragio della Costa Concordia: le voci dei superstiti

Vada a bordo, c…o”, risuonano come una citazione indimenticabile dei film le parole che il capitano di fregata della Capitaneria di Livorno Gregorio De Falco rivolse al capitano Francesco Schettino quando quest’ultimo, ancor prima di assicurarsi che tutti i passeggeri fossero in salvo, decise di abbandonare la nave.

La vicenda giudiziaria si è chiusa quattro anni fa, nel maggio 2017: Schettino è stato condannato a 16 anni di reclusione per omicidio colposo plurimo, naufragio colposo e abbandono della nave. Oggi si trova a scontare la sua pena nel carcere romano di Rebibbia.

Assieme a lui, sono stati condannati con patteggiamento con pene inferiori ai tre anni di carcere il comandante in seconda Ciro Ambrosio, il terzo ufficiale Silvia Coronica, il timoniere Jacob Rusli Bin, il responsabile della sicurezza della Costa Crociere Roberto Ferrarini e l’hotel director Manrico Giampedroni.

Oggi alle 12 al Giglio si celebra una messa in suffragio delle vittime e verrà deposta una corona di fiori in mare. Alle 21.30, invece, si terrà la canonica processione con fiaccolata dalla chiesa di Giglio Porto fino alla lapide commemorativa posta sul molo di Levante, dove alle 21.45 e 7 secondi avrà luogo la “tufata”, ovvero il suono unito delle sirene delle imbarcazioni, seguita dalla preghiera per le vittime e dalla scopertura della lapide “preghiera del marinaio”. Un brivido corre ancora lungo la schiena di chi, guardando il mare cristallino del Giglio, ripensa a quanto accaduto 10 anni fa.

Leggi anche: Titanic: 109 anni fa il più celebre naufragio della storia

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