Diari di guerra, da Ungaretti all’Ucraina: “La poesia salva”

I diari di guerra possono considerarsi un vero e proprio genere letterario. E, mentre aiutano i poeti a resistere, gettano un amo per la pace: mettendo insieme, oltre alle cronache del conflitto, anche misure per combatterlo.

Rosarianna Romano
Rosarianna Romano
Rosarianna Romano, classe 1997. Formazione umanistica e interessi eclettici, sedotta dall'arte e dalla storia contemporanea, ama leggere i libri e la realtà. Nata in Puglia e bolognese d'adozione.
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I Diari di Guerra. Un genere letterario. Dalla trincea del Porto sepolto di Ungaretti a Diario di Algeria di Vittorio Sereni, prigioniero degli americani. Entrambi contengono poesie tra le più belle del mondo. E, adesso, nel 2023 pieno di guerre come il cuore del Novecento, la poetessa russa Natal’ja Kljucareva scrive Diario della fine del mondo, pagine in cui giorno dopo giorno racconta la sua guerra, dal 24 febbraio 2022.

I diari di guerra: scritti tra le pietre e il fango con carta e penna o digitando lettere su un computer, hanno guidato i loro autori in lunghi mesi di silenzio, morte e speranza, dal Novecento a oggi. Hanno conservato i loro pensieri e mantenersi vivi. E sono diventati anche spazio di dissidenza e lotta alla propaganda. Ancora una volta, ecco come la letteratura salva.

Ungaretti, Il Porto Sepolto

Tra i diari di guerra ne spicca uno in particolare: scritto su pezzi di carta di fortuna che gli capitavano tra le mani nella trincea del Carso, Il porto sepolto di Giuseppe Ungaretti nasce in mezzo alla tempesta della Prima Guerra Mondiale e nasce dalla necessità di rinnovare la lingua poetica, rendendola essenziale, estrema, ridotta a puro vocabolo.

Successivamente inserito nella raccolta Allegria di naufragi (poi Allegria), Il porto sepolto è un viaggio nell’animo umano più profondo, schiacciato da un corpo costretto a stare per ore al gelo e a contatto con la morte. Il poeta, dunque, attinge i suoi canti dall’intimo: trova qui una parola per poi riportarla alla luce, come nei famosi versi che sono un autentico manifesto di poetica: “Quando trovo/ in questo mio silenzio/ una parola/ scavata è nella mia vita/ come un abisso”. E, nel momento in cui l’essere umano tocca la propria fragilità, scopre nel cuore la fratellanza: «un amore per le vite degli altri che ci toccano o a volte ci sfiorano appena, come pallottole». 

Vittorio Sereni, Diario D’Algeria

Tra i diari di guerra per eccellenza c’è anche Diario d’Algeria di Vittorio Sereni. Qui facciamo un salto di qualche anno, fino al secondo conflitto mondiale. Di pochi anni successivo all’esordio poetico rappresentato da Frontiera e anticipatore della maturità espressiva degli Strumenti umaniDiario d’Algeria, uscito nel 1947, compendia la formazione estetica e il nitore stilistico del giovane Sereni col vissuto della prigionia in Nord Africa patita durante la guerra.

Giacomo Debenedetti ha scritto che con questa raccolta “la storia è entrata nella poesia di Sereni”. Giovanni Raboni, invece, si interroga su “quale storia o, meglio, di quale dimensione, di quale immagine, di quale sentimento della storia possa mai trattarsi”, arrivando a definirla come “angolo morto” di se stessa, limbo, “girone grigio” che corre “nello scherno dei mesi”, privazione-rifiuto degli eventi che contano e del loro significato, insomma […] storia degli sconfitti”:

A entrare con il Diario nella poesia di Sereni potrebbe essere, più precisamente, l’esperienza, l’esperienza nella specie emblematica e traumatica di fine della giovinezza, del suo limpido, incantevole, malinconico sogno d’attesa.

Nella verità di un’esperienza umana e, perché no, storica cosi tragicamente complessa è racchiuso il perdurante e inconfondibile fascino, la speciale e perturbante bellezza del libro al quale ci troviamo ancora una volta di fronte come a un oggetto intatto e misterioso di conoscenza e d’emozione.

Ecco una poesia della raccolta, nella quale si respira ancora una volta il contatto con la propria fragilità a contatto con gli elementi esterni, dalla pioggia agli accampamenti di guerra:

Un improvviso vuoto del cuore
tra i giacigli di Sainte-Barbe.
Sfumano i volti diletti, io resto solo
con un gorgo di voci faticose.

E la voce piú chiara non e piú
che un trepestio di pioggia sulle tende,
un’ultima fronda sonora
su queste paludi del sonno
corse a volte da un sogno.

I diari di guerra oggi: Natal’ja Ključarëva

Ed ecco uno dei diari di guerra di oggi. Questo diario è stato scritto tra il 24 febbraio 2022 (quando ha avuto inizio l’aggressione russa contro l’Ucraina) e il dicembre 2022. È la storia della resistenza personale e quotidiana di chi, continuando a vivere in Russia, non vuole omologarsi a una mentalità ferina. È il tentativo di restare umani di fronte all’orrore che penetra nella vita di tutti i giorni.

È il grido di una donna tramortita dal dolore per l’Ucraina, e delle sue lacrime che segnano una reazione rispetto al mondo che la circonda. Natal’ja Ključareva (1981) è poeta, prosatrice e giornalista, autore di programmi per l’infanzia. Vive a Jaroslavl’. Il suo primo romanzo Rossija: obščij vagon è tradotto in francese, tedesco, polacco, serbo, finalndese, greco e italiano (con il titolo Un treno chiamato Russia). È stata vincitrice di premi letterari in Russia (premi “Jurij Kazakov”, “Debjut”), nel 2002 fa parte della shot-list del premio “Poezija”, nel 2009 il suo secondo romanzo, SOS, entra nella long-list del prestigioso premio “Nacional’nyj bestseller”.

Natal’ja Ključarëva racconta la paura e la necessità di mantenere i contatti, nel corso di quei dieci mesi, con altri “resistenti” loro malgrado. Donne e uomini decisi a resistere perché fortemente convinti che l’etica e l’umanità sono concetti superiori a qualunque ragion di stato e alle menzogne che essa necessariamente porta con sé.

Leggi anche: Israele-Hamas, 5 libri per educare alla pace e capire il conflitto

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