Coronavirus: quando la psicosi corre più veloce della malattia

Clarice Subiaco
Clarice Subiacohttps://medium.com/@ClariceSubiaco
Classe 1986, passato di studi umanistici e presente nel mondo dei dati. In mezzo, esperienze di lavoro come Digital PR, Content Strategist e Project Manager per startup e agenzie internazionali. Ama raccontare l'innovazione che ha un forte impatto sociale.
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Le notizie secondo cui il virus si sarebbe diffuso mangiando zuppa di pipistrello, o che possa essere curato con l’aglio, hanno già fatto il giro del web. Per questo nei giorni scorsi un rappresentante dell’Organizzazione Mondiale della Sanità si è recato in Silicon Valley per parlare direttamente con i giganti del web della diffusione di notizie false sul Coronavirus o Covid-19. La velocità con cui tali notizie false si diffondono in rete ha dato vita a quella che Andrew Pattinson, digital business solution manager dell’OMS, definisce “infodemia”, un’epidemia di disinformazione.

Maschere per il viso, discriminazione e locali vuoti

Da quando il Coronavirus è stato etichettato come emergenza sanitaria mondiale, sono spuntati sul web diversi libri sulla malattia che lo stesso Pattinson definisce “privi di basi scientifiche”. L’OMS è anche preoccupata del fatto che quando gli utenti cercano il termine “Coronavirs” su Amazon, elenchi di maschere viso alla vitamina C appaiono tra i rimedi contro il virus. La situazione sembra essere fuori controllo e a peggiorarla è il fatto che la psicosi da Coronavirus che viaggia sui social ha dato luogo nei giorni scorsi ad episodi di razzismo, allo svuotamento di locali e negozi cinesi e addirittura all’uccisione di cani, ritenuti erroneamente causa della sua diffusione.

Le misure dei social contro le fake news sul Coronavirus

I principali social network stanno lavorando per fornire informazioni il più possibile accurate sul virus, ma il loro compito non è semplice. È proprio sui social infatti che si consumano ogni giorno atti di cyberbullismo e si diffondono campagne contro i vaccini. E ora sono proprio loro ad essere nell’occhio del mirino e a dover mettere in campo le azioni più urgenti contro questa infodemia. Vediamo nel dettaglio quali sono le misure messe in atto per combattere la psicosi da Coronavirus. Leggi anche: Chi Odia Paga: l’Intelligenza Artificiale combatte l’odio online

Facebook: fact-checker al servizio della verità

In questi giorni Facebook ha affermato che limiterà la diffusione delle fake news sul Coronavirus rimuovendo post contenenti “false affermazioni o teorie cospirazioniste”. Per farlo utilizzerà la già esistente rete di fact-checker di terze parti messa in campo dopo lo scandalo di Cambridge Analytica. La piattaforma, invierà anche notifiche ai singoli individui che hanno condiviso o tentato di condividere informazioni etichettate come false. Nello specifico Facebook si focalizzerà su tutti i quei post che riporteranno informazioni che scoraggiano l’uso di vaccini o che propongono false cure per la malattia.

Instagram e Whatsapp: hashtag bloccati

Instagram, sempre parte del gruppo Facebook, sta bloccando l’uso di alcuni hashtag legati al virus, mentre Whatsapp, che in passato ha avuto problemi nel combattere le fake news, lo scorso anno ha annunciato delle misure per impedire agli utenti di inoltrare messaggi a più 5 persone o gruppi e ha aggiunto dei tag sui messaggi oggetto di inoltri di massa.

Twitter: un monito per gli utenti

Secondo Twitter nelle ultime quattro settimane sarebbero stati prodotti oltre 15 milioni di tweet sul Coronavirus. Per combattere la psicosi, la piattaforma mostra a tutti gli utenti che cercheranno l’hashtag #coronavirus, un messaggio che li invita ad usare i canali ufficiali, come quelli dell’OMS, o dell’organizzazione sanitaria del proprio paese, per cercare informazioni sull’argomento.

Il disclaimer informativo di Twitter per combattere la disinformazione sul Coronavirus.

TikTok, una situazione controversa

Dal canto suo, l’app di video sharing TikTok ha aggiunto un link al sito dell’OMS e un reminder per gli utenti a segnalare informazioni che pensano possano essere pericolose.

Cliccando sull’hashtag #coronavirus, TikTok fornisce informazioni sull’epidemia.
Il sistema non è, però, molto intuitivo: per vedere informazioni aggiuntive gli utenti devono prima cercare l’hashtag #coronavirus e poi cliccarvi sopra per espandere l’informazione. La piattaforma proprietà della cinese ByteDance è già stata criticata per aver permesso a dottori e infermieri di postare video con consigli su come trattare il virus. Le linee guida di TikTok impediscono infatti di pubblicare informazioni potenzialmente pericolose. Leggi anche: Finge tutorial di makeup per aggirare censura e parla dei campi di concentramento

YouTube, un invito a restare aggiornati

Le informazioni false di per sé non violano le linee guida di YouTube per i video. La piattaforma, di proprietà di Google, ha però fatto degli investimenti per assicurare che i video più autorevoli appaiano più spesso nelle ricerche. YouTube in generale rimuove i video che contengono discorsi d’odio o che incitano alla violenza; per le ricerche sul Coronavirus, mostra nella preview articoli testuali insieme a un messaggio che avvisa gli utenti della possibilità di un’evoluzione molto veloce delle informazioni.

Da emergenza a buona pratica

Nella sua visita di giovedì scorso ospitata nel quartier generale di Facebook a Mountain View, Pattinson si è trovato faccia a faccia con Google, Apple, Airbnb, Lyft, Uber e Salesforce. Secondo il digital business solution manager dell’OMS l’incontro ha rappresentato un’opportunità, per queste aziende, di ripensare il modo in cui viene affrontata la disinformazione:

Penso che sarebbe davvero importante vedere questa emergenza trasformarsi in un modello sostenibile a lungo termine, in cui queste piattaforme forniscano accesso a contenuti sicuri.

Un nuovo modello di comunicazione dunque, basato sull’informazione responsabile, l’arginamento dei contenuti che non hanno fondamenti scientifici e sul buon senso. Perché a volte la disinformazione può essere più letale di un virus. Leggi anche: Coronavirus: le risposte alle 5 domande più frequenti di Clarice Subiaco

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