Coppia incarcerata in Zanzibar: si è trasformato in un vero e proprio incubo il viaggio della 45enne Francesca Scalfari e del marito inglese Simon Wood in Zanzibar. Il tribunale ha convocato la coppia lo scorso 7 giugno e i due hanno qui scoperto ben 13 capi d’accusa a loro carico, tra cui quello di riciclaggio di denaro, che non prevede il rilascio su cauzione e che li ha costretti al carcere.
Rinviati a giudizio, i due torneranno in aula domani e i loro legali ne chiederanno la scarcerazione. Nel frattempo, il fratello della donna, che vive nel Padovano, è arrivato in Zanzibar e ha denunciato le terribili condizioni di detenzione della sorella e del marito, definite “disumane”, oltre ad aver sottolineato come le accuse mosse nei loro confronti siano infondate.
Coppia incarcerata in Zanzibar: cosa è successo
Coppia incarcerata in Zanzibar: Francesca Scalfari ha origini calabresi ma è nata a Sesto San Giovanni (Milano). Oggi abita nella Bassa Padovana, ma un tempo viveva in Tanzania, dove ha conosciuto il marito Simon Wood. I due hanno un figlio di 11 anni che, per fortuna, è riuscito a tornare in Italia dai nonni materni dopo l’arresto. Le accuse che hanno fatto finire in carcere Scalfari e Wood sarebbero da rimandare a una lunga battaglia legale con i loro soci in affari, Giovanni Viale e la moglie Liliana Isabella Ferro.
Le due coppie si conoscono nel 2011: Viale e Ferro sono cooperanti e imprenditori in Tanzania e decidono di entrare in società assieme a Scalfari e Wood. I quattro scelgono di ristrutturare una villa di Wood sulla spiaggia di Jambiani e la trasformano nel Sharazad Botique Hotel, la cui ristrutturazione e gestione è oggi motivo della sequela di denunce.
Coppia incarcerata in Zanzibar: la versione degli ex soci d’affari
Coppia incarcerata in Zanzibar: in tribunale compariranno anche Viale e Ferro. Il primo, spiegando l’origine degli screzi e delle accuse, ha detto: “Abbiamo messo a disposizione i nostri avvocati, ma finora i contatti con i parenti di Francesca non sono stati distesi. Certo, abbiamo fatto loro causa per riavere quel che abbiamo investito nell’hotel, ma non li vogliamo sapere in carcere”.
Viale ha raccontato: “Siamo entrati in affari nel 2011, noi abbiamo finito per investire quasi un milione, loro dicevano di avere competenze nel settore, avrebbero dovuto curare ristrutturazione e gestione. Noi eravamo soci di maggioranza al 70% e ci siamo dovuti trasferire a Zanzibar per finire i lavori. Gli screzi sono diventati sempre più acuti. Per un prestito che gli abbiamo fatto ci hanno dato come garanzia un terreno che invece era dello Stato”.
“A quel punto a maggio 2017 – continua Viale – hanno fatto causa alla società. Il tribunale stabilì che per 600mila dollari avrebbero potuto rilevare le nostre quote. Nel 2020 registrarono la società dicendo di essere gli unici intestatari. Infine anche noi abbiamo presentato causa contro di loro: a marzo il tribunale ha ribadito che noi siamo soci di maggioranza e siamo in attesa dell’Appello”.
Alle battaglie in sede civile si sono aggiunte quelle penali quando nel 2019 Viale e Ferro hanno denunciato la coppia di ex soci alla Polizia: “I reati legati al riciclaggio sono frutto di quelle indagini, è per quelli che sono in carcere. Come sono siano arrivati a formularli non lo sappiamo”, conclude Viale.
Coppia incarcerata in Zanzibar, l’appello del legale e del fratello di Scalfari: “Scarcerateli”
Coppia incarcerata in Zanzibar. Manuela Castegnaro, avvocato di Scalfari e Wood, in difesa degli assistiti ha detto:
L’Alta corte di Zanzibar autorizzò i miei clienti a rilevare per 600mila dollari le quote dei Viale, il cui valore è stato stabilito da un perito. Hanno messo i soldi su un conto vincolato, come imposto dal tribunale, ma i Viale non li hanno mai ritirati. Passati sei mesi, il tribunale ha stabilito che la società era a metà di Francesca e a metà di Simon. I Viale non si sono appellati, quindi oggi non sono più soci.
Non solo, i miei clienti pur di liquidarli sono arrivati a offrire 1,2 milioni, ma anche quest’offerta non è stata accettata. Ciò che viene contestato sono trasferimenti di denaro che però sono tutti derivati da sentenze e indicazioni del tribunale. Non ci sono prove a loro carico, mentre noi abbiamo tutta la documentazione. Dimostreremo che Francesca e Simon hanno ragione, ma ora la priorità è farli uscire dal carcere dove non hanno a disposizione nemmeno il cibo.
Un appello, quello relativo alla scarcerazione, rinnovato anche da un altro fratello di Francesca Scalfari: “Noi non stiamo chiedendo una grazia o un intervento risolutivo su Francesca e Simon. Noi vogliamo che la giustizia abbia il suo percorso nel modo corretto. Ne chiediamo la scarcerazione, che si possa difendere da casa e preparare la difesa con i legali.
Il fratello ha aggiunto: “Come si può arrivare a sentenza se una persona non ha avuto modo di difendersi? Con quale diritto una persona viene presa e rinchiusa in carcere senza avere prove e un quadro giudiziario certo? È stata privata di ogni diritto e messa in una cella insieme ad altre 6 persone. Per Simon è situazione più drammatica, si trova in uno stanzone con 200 persone. È una situazione esasperante, soprattutto per noi che siamo qui”.
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