Referendum cannabis, i Comuni rischiano di sabotarlo. L’esperto: “Ecco i vantaggi della legalizzazione”

Alcuni Comuni stanno tentando di sabotare il referendum sulla cannabis non consegnando i certificati necessari per la presentazione delle firme digitali in Cassazione. L'intervista al founder di Hemp Act Trivisonne: "La cannabis aiuterebbe i malati gravi e terminali, ma non solo".

Asia Buconi
Asia Buconi
Classe 1998, romana. Laureata in Scienze politiche e relazioni internazionali, ama l’attualità e la letteratura, ma la sua passione più grande è la sociologia, soprattutto se applicata a tematiche attuali. Nel tempo libero divora film e serie tv.
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Comuni sabotano il referendum sulla cannabis. L’introduzione della firma digitale per i referendum è stata una vera e propria rivoluzione. Fare politica dal basso, adesso, sarà molto più semplice: oggi per firmare su Internet basta avere Spid o carta d’identità elettronica (da poco si è aggiunta pure la possibilità di riconoscimento a distanza grazie a una particolare piattaforma). Tutto questo è stato possibile grazie all’emendamento del deputato di +Europa Riccardo Magi al Decreto Semplificazioni in Parlamento, che ha accelerato i tempi del processo di digitalizzazione delle firme.

Ma già qualcuno comincia a storcere il naso di fronte all’inaspettata e ampia partecipazione online dei cittadini alle iniziative referendarie: alcuni temono addirittura che l’istituzione parlamentare sia in serio pericolo. A far discutere è soprattutto il referendum sulla legalizzazione della cannabis per il quale, come riportato il 18 settembre dai promotori dell’associazione Luca Coscioni, erano state raccolte nel giro di una sola settimana le 500mila firme necessarie per la Costituzione a indire un referendum. Ma adesso i Comuni sembra che stiano tentando di boicottarlo.

Comuni sabotano il referendum sulla cannabis: certificati mancanti e il nodo della proroga delle firme

Comuni sabotano il referendum sulla cannabis: certificati mancanti e il nodo della proroga delle firme

Comuni sabotano il referendum sulla cannabis: le firme digitali raccolte per indire un referendum devono essere “certificate” dalle amministrazioni comunali. In breve, occorre che i Comuni confermino che chi ha firmato sia iscritto nelle liste elettorali e che possa quindi partecipare al referendum.

Così, il 21 settembre i promotori del referendum sulla cannabis avevano tempestivamente inviato ai Comuni interessati la richiesta di certificazione delle firme tramite PEC (posta elettronica certificata), con obbligo di risposta entro 48 ore. Nello specifico, sono state inviate circa 37.300 e-mail, contenenti i nominativi dei firmatari e la richiesta dei relativi certificati. Dopo 3 giorni, è arrivata risposta solo a 28.600 e-mail, per un totale di appena 125mila certificati: circa 1.400 municipi italiani sono inadempienti.

Marco Cappato dell’associazione Luca Coscioni ha spiegato la gravità di questo ritardo e ha accusato i Comuni di “sabotaggio”: se le certificazioni non dovessero arrivare entro il 30 settembre, il referendum potrebbe saltare perché il comitato promotore non avrebbe consegnato le firme necessarie alla Corte di Cassazione, lo step successivo alla certificazione comunale necessario per passare al vaglio della Consulta. Tanto che Cappato, per protesta, ha indetto uno sciopero della fame e ha organizzato un presidio di fronte a Palazzo Chigi e ai Comuni inadempienti, che nel frattempo stanno provvedendo a inviare i certificati.

Il limite del 30 settembre per la consegna delle firme, poi, rappresenta per il referendum per la legalizzazione della cannabis un altro problema, come spiegato da Gianluigi Trivisonne, founder di Hemp Act, store innovativo della Capitale che si occupa di produzione e rivendita di canapa legale: “Tutti quanti i referendum hanno avuto la possibilità di proroga al 30 ottobre, noi siamo l’unico con scadenza 30 settembre. Questo perché il “decreto semplificazioni bis” dello scorso luglio aveva posticipato a causa dell’emergenza sanitaria la presentazione delle firme in Cassazione al 31 ottobre (invece che al 30 settembre), ma solo per i quesiti referendari depositati in Cassazione entro il 15 giugno: quello sulla Cannabis, invece, è stato presentato a settembre.

L’intervista al founder di Hemp Act Gianluigi Trivisonne: “La cannabis aiuterebbe i malati gravi e terminali, ma non solo”

L'intervista al founder di Hemp Act Trivisonne: "La cannabis aiuterebbe i malati gravi e terminali, ma non solo"

Dare rilevanza nazionale al tema della legalizzazione della cannabis è certamente un passo importante per il nostro Paese, quasi rivoluzionario. Gianluigi Trivisonne, oltre ad essere il fondatore dell’azienda su Roma leader del settore della canapa light “Hemp Act”, si occupa pure di valorizzare tale prodotto, nella convinzione che sia possibile un superamento degli stereotipi negativi legati alla cannabis light, che può avvenire solo tramite l’informazione e una maggiore consapevolezza delle qualità di questa pianta”.

Gianluigi Trivisonne, quanto è difficile attualmente per un paziente accedere a una terapia a base di canapa regolarmente prescritta? E cosa potrebbe cambiare col referendum?

Attualmente in Italia, le difficoltà per un paziente ad accedere a una terapia a base di Cannabis sono molteplici. La prima, e sicuramente la più importante, è riuscire per il paziente a trovare in modo celere e continuativo la terapia all’interno delle farmacie, perché sostanzialmente in Italia la produzione è delegata solo ed unicamente allo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, che annualmente non riesce a soddisfare il fabbisogno dei pazienti. Questo comporta che l’Italia per far fronte al problema debba acquistare la Cannabis da altri paesi come l’ Olanda, con il conseguente allungamento dei tempi e dei costi.


Il Referendum elimina il reato di coltivazione, rimuove le pene detentive per qualsiasi condotta legata alla Cannabis e cancella la sanzione amministrativa del ritiro della patente, questa sanzione rimane valida per chi guida sotto effetto di Cannabis. Nello specifico caso della coltivazione, consente al paziente di auto-prodursi 4 piante per il solo fabbisogno personale, rimuovendo cosi, semplicemente, tutti quei disagi legati ai lunghi tempi di reperimento e soprattutto non costringe il paziente a rivolgersi, come spesso accade, al mercato illegale condotto delle mafie.

Per quali pazienti è consigliato l’utilizzo di cannabis come medicinale? Chi la prescrive?

E’ consigliato per tutti quei pazienti affetti da Morbo di Alzheimer, Morbo di Parkinson, Sclerosi Multipla, dolore cronico, psicosi, ansia e depressione, Cancro, artrite reumatoide, infezioni e complicazioni diabetiche. Queste sono le patologie più comuni e gravi, ma, per la mia esperienza, posso sostenere che la Cannabis può essere utilizzata anche per piccole patologie e disturbi lievi come per esempio l’insonnia o le dermatiti.

In ambito veterinario può avere molteplici utilizzi, come per le persone, e può trattare malattie come l’epilessia, artrosi e artrite.
La Cannabis terapeutica può essere prescritta da un qualsiasi medico per qualsiasi patologia per la quale esista letteratura scientifica accreditata.

Va fatta però una doverosa precisazione: la maggior parte dei medici, purtroppo, non è favorevole a questo tipo di terapia e conseguentemente, pur potendo, non prescrive la Cannabis anche per i casi più gravi.

Adesso si andrà al referendum abrogativo, si voterà in primavera. Cosa si aspetta?

Per prima cosa, auspico che i miei diritti e quelli di tutti i cittadini che hanno partecipato al Referendum vengano rispettati. In questo fase dove sono stati raggiunti, anzi superati, i numeri richiesti delle 500.000 firme in poco più di una settimana, si sta verificando una grave anomalia sul piano Istituzionale e Costituzionale e cioè neanche 200.000 dei certificati elettorali, inviati tramite spid, sono stati evasi nei termini delle 48 ore previste dalla legge dai comuni di riferimento.

Inoltre, mentre tutti gli altri Referendum hanno tempo fino al 30 ottobre con proroga, il referendum sulla Cannabis è l’unico a dover consegnare le firme entro fine settembre. Quindi con questi presupposti non credo si riesca ad arrivare a una votazione a primavera e spero che le istituzioni, per una volta ascoltino la volontà espressa dai cittadini.

Se il referendum avrà esito positivo, quali saranno i maggiori vantaggi per il nostro Paese?

I vantaggi per il nostro Paese sono tanti e multi settoriali. L’Italia è uno dei paesi europei più ricchi di biodiversità e per la sua posizione geografica potrebbe essere lo Stato più produttivo d’Europa, con conseguente aumento di almeno 50.000 posti di lavoro e con un giro d’affari annuo stimato di 10 mld di euro.

La Cannabis, oltre che per uso medico e ludico, può essere utilizzata nella bio-edilizia, nella cosmesi estetica e nelle bioplastiche, quindi una grande alleata per la sostenibilità ambientale.

Cosa si sentirebbe di dire a chi si oppone categoricamente a un’apertura sul tema cannabis?

Direi che alla soglia del 2022 essere categoricamente contrari alla legalizzazione è un atteggiamento totalmente sbagliato in quanto, ad esempio, tanti Stati al mondo stanno sfruttando questa occasione per monetizzare e per uscire dalla grave crisi economica conseguente la Pandemia.

La Cannabis, come già ampiamente detto, ha molteplici utilizzi, ma sicuramente l’ambito medico e farmaceutico è quello che maggiormente aiuterebbe i malati gravi e in uno stato terminale della malattia. In ultimo, ma non per importanza, parlerei di quanto negativo sarebbe l’impatto economico sulle casse dalla mafia.

Leggi anche: La rivoluzione della Canapa continua e a Roma ci pensa Hemp Act

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Classe 1998, romana. Laureata in Scienze politiche e relazioni internazionali, ama l’attualità e la letteratura, ma la sua passione più grande è la sociologia, soprattutto se applicata a tematiche attuali. Nel tempo libero divora film e serie tv.
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