Come il networking ci ha liberato dalle raccomandazioni

Silvia Buffo
Silvia Buffo
Silvia Buffo, 1985, giornalista. Ha fondato e dirige Il Digitale. Formazione classica e filologica, un dottorato di ricerca in Letteratura italiana, sui legami tra scrittura e nuovi media. “La bellezza è promessa di felicità” è il suo motto, che ha delicatamente rubato a Stendhal.
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  L’imbarazzo da raccomandazione è quasi una sensazione dimenticata. Le relazioni però contano eccome, più del ‘superato’ curriculum e della freddissima lettera di presentazione. Fare rete ha un enorme potenziale per il proprio percorso professionale, metterci la faccia e le competenze, rispettando sempre il valore della meritocrazia. Ad incentivare le nuove modalità nella ricerca di occupazione: app, piattaforme e social media. I protagonisti del web 4.0 dettano le regole del gioco anche per trovare lavoro.

L’importanza della propria rete

Abbandonare eticamente la pessima abitudine di sfruttare le conoscenze in modo cinico per trovare lavoro ma allo stesso tempo coltivare la propria rete in maniera professionale: sembrerebbe un’impresa difficile per gli italiani non ricorrere alle raccomandazioni e dedicarsi invece al networking. È quanto è emerso dai dati Istat nell’ambito di un’indagine del 2017 sul mercato del lavoro, targettizzata sulla fascia di età compresa fa i 15 e i 34 anni. Un giovane su cinque ha trovato impiego facendo richiesta diretta al datore di lavoro e solo il 6% tramite agenzie e centri per l’impiego. Gianluigi Bonanomi, esperto di web, social media e coautore del libro Job War, edito da Ledizioni, si è dedicato proprio alle diverse strategie di ricerca del lavoro per i Millennials e over 40, rivelando cambiamenti importanti: “Quello che ho riscontrato nella mia esperienza di analista nel mondo del lavoro e formatore è che alcuni strumenti considerati ancora prioritari come il curriculum e la lettera di accompagnamento sono sempre meno efficaci mentre funziona sempre benissimo sfruttare le conoscenze. In negativo si parla di raccomandazione. Proviamo però a considerare questa abitudine in un’ottica non necessariamente negativa. Tutti noi apparteniamo ad una rete, ad un network, costituito da legami forti e deboli: i primi con i familiari, i secondi con amici, colleghi, conoscenti. Secondo gli esperti di recruitment la maggiorparte delle opportunità non emerge più dai legami forti ma da quelli deboli e se per trovare lavoro si considerano anche le proprio conoscenze dirette e indirette non c’è nulla di cui scandalizzarsi”. Bonanomi, sottolinea l’importanza di essere costanti nella propria attività del networking: “In quest’ottica il networking non va visto in modo negativo anzi è un’attività che chiunque dovrebbe portare avanti nel corso della sua giornata non solo chi è a caccia di un’occupazione ma anche chi sta cercando collaboratori, investitori, partner. E se perdendo il lavoro vorreste far fruttare il vostro network non potete certo cominciare il giorno stesso: essere sul mercato vuol dire costruire e tenere i contatti con le persone che potrebbero esservi utili al momento giusto”.

La pausa pranzo: momento ideale per il networking

Dagli Stati Uniti arriva un nuovo trend per fare networking: la pausa pranzo, come un caffé o altre occasioni conviviali. Si tratta di pozioni di tempo in cui risulta efficace cambiare compagnia e non stare mai da soli. Bonanomi consiglia: “Non sottovalutare nessun tipo di incontro o conoscenza. Cercate di essere sempre aperti a nuove conoscenze e siate generosi nel dare informazioni prima di pretenderle: vi tornerà indietro dal vostro network”.

I social: aumentano la propria credibilità professionale

Con l’aiuto dei social è tutto più immediato, sopratutto per quelli specializzati come Linkedin, spiega Bonanomi: “Nel momento in cui scrivete la vostra candidatura online sottolineando l’esperienza o i successi che avete maturato in un settore, segnalare la testimonianza che il precedente datore di lavoro vi ha lasciato su Linkedin darà alle vostre parole un valore maggiore. E se le segnalazioni saranno più di una tanto meglio. Il meccanismo è lo stesso di Tripadvisor: quando scegliete un hotel o un ristorante non vi interessa quello che dice la struttura ma la recensione dei vostri pari, quella che in gergo si chiama la “peer revew”.

I biglietti da visita sempre con te in ogni occasione

Mai uscire senza biglietti da visita: è importantissimo per il personal branding. Il suggerimento di Bonanomi: “Usate anche i contesi informali perché potrebbe essere presente qualcuno in grado di cambiare la vostra vita professionale. Quando ci sono incontri di settore o aperitivi di networking di professionisti cercateli e siate presenti. Portatevi un biglietto da visita e parlate con chi avete di fianco. Ricordatevi che quando incontrate una persona state incontrando anche tutta la sua rete.

La lettera di presentazione: sì ma fatta di concretezza

Quando si chiede una lettera di presentazione al datore di lavoro, detta anche referenza, deve essere ricca di dettagli concreti, altrimenti è quasi inutile. Le segnalazioni sono sempre utili, è più sono meglio è, da parte di collaboratori colleghi e conoscenti, non solo da parte del datore di lavoro. Spiega Bonanomi: “Il meccanismo di persuasione funziona così: il nuovo, potenziale datore di lavoro si potrebbe immedesimare nel precedente, sotto un duplice aspetto, notando che il lavoratore o collaboratore è stato talmente bravo che il suo capo ha scelto di sostenerlo mettendoci la faccia, oppure pensando che se ha risolto così brillantemente i problemi in quella azienda, potrebbe rivelarsi prezioso in un contesto simile”. di Silvia Buffo

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Silvia Buffo, 1985, giornalista. Ha fondato e dirige Il Digitale. Formazione classica e filologica, un dottorato di ricerca in Letteratura italiana, sui legami tra scrittura e nuovi media. “La bellezza è promessa di felicità” è il suo motto, che ha delicatamente rubato a Stendhal.
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