La Cina vieta i bitcoin: “Alimentano il mercato illegale delle criptovalute”

Secondo Pechino ci sarà una repressione riguardo la speculazione sulla valuta virtuale, per salvaguardare le proprietà delle persone e mantenere l'ordine economico, finanziario e sociale.

Tommaso Panza
Tommaso Panza
Salentino, classe 1993. Una laurea in mediazione linguistica. Fondazione Basso(Roma). Amante della lettura e del cinema, in particolare delle opere che raccontano spaccati di realtà. Deciso sin da piccolo a diventare un giornalista.
spot_img

La Banca Centrale della Repubblica Popolare ha sostanzialmente messo fuori legge i bitcoin. Tutte le transazioni effettuate con criptovalute saranno considerate illegali.

Cosa c’è dietro la messa al bando dei bitcoin da parte della Cina?

Cosa c'è dietro la messa al bando dei bitcoin da parte della Cina?

Venerdì, i più potenti regolatori cinesi, con a capo la Banca del Popolo, hanno intensificato la repressione delle criptovalute con un divieto generale su tutte le transazioni e il mining di criptovalute, colpendo bitcoin e altre monete importanti e facendo pressioni sui titoli legati alle criptovalute e alla blockchain.

La Banca del Popolo ha quindi vietato la circolazione di bitcoin su tutto il territorio della repubblica popolare. Il divieto è rivolto sia al trading, cioè la vendita, sia al mining, cioè l’attività di estrazione delle criptovalute, la loro creazione insomma.

Già a maggio la Cina aveva vietato agli istituti finanziari e alle società di pagamento di fornire servizi relativi alle transazioni di criptovaluta e aveva già emesso dei divieti simili nel 2013 e nel 2017.

La dichiarazione di venerdì è la più dettagliata ed espansiva di sempre dei principali regolatori del paese, che sottolinea l’impegno di Pechino a soffocare il mercato cinese delle criptovalute.

In una dichiarazione Winston Ma, professore della NYU Law School ha dichiarato

Nella storia della regolamentazione del mercato delle criptovalute in Cina, questo è il quadro normativo più diretto e completo che coinvolge il maggior numero di ministeri.

La mossa arriva nel mezzo di un tentativo di repressione globale della criptovaluta da parte dei grandi governi che dall’Asia agli Stati Uniti si preoccupano del fatto che le valute digitali gestite da privati ​​potrebbero minare il loro controllo dei sistemi finanziari e monetari, aumentare il rischio sistemico, promuovere la criminalità finanziaria e danneggiare gli investitori.

Temono anche che il “mining”, il processo di elaborazione ad alta intensità energetica attraverso il quale vengono creati bitcoin e altri token, la cosiddetta “estrazione” stia danneggiando gli obiettivi ambientali globali.

Le agenzie governative cinesi hanno ripetutamente sollevato preoccupazioni sul fatto che la speculazione sulla criptovaluta potrebbe sconvolgere l’ordine economico e finanziario del paese, una delle principali priorità di Pechino per esercitare il proprio controllo.

Gli analisti affermano che anche la Cina vede le criptovalute come una minaccia per il suo yuan digitale, la criptovaluta cinese che è in una fase pilota avanzata. Sebbene ufficialmente il suo nome sia CBDC, acronimo di Central Bank Digital Currency un nome che lascia ben intendere che lo sviluppo si è svolto sotto il patrocinio della banca centrale cinese, e sarà proprio questa istituzione a gestirlo.

In un tweet il senatore repubblicano degli Stati Uniti, Pat Toomey, si è scagliato in maniera critica contro la decisione del governo cinese:

Pechino è così ostile alla libertà economica che non può nemmeno tollerare che la sua gente partecipi a quella che è probabilmente l’innovazione finanziaria più entusiasmante degli ultimi decenni

Anche se nonostante il mancato controllo da parte dei governo centrali sulle criptovalute alcune autorità di regolamentazione statunitensi esaminando attentamente i rischi delle risorse digitali, hanno affermato che queste offrono anche opportunità, anche per promuovere l’inclusione finanziaria.

La People’s Bank of China (PBOC) ha affermato che le criptovalute non devono circolare e che agli scambi esteri è vietato fornire servizi agli investitori con sede in Cina. Ha inoltre impedito alle istituzioni finanziarie, alle società di pagamento e alle società Internet di facilitare il commercio di criptovalute a livello nazionale.

Insomma, tesi e narrazione sono sempre le stesse: i bitcoin moneta del crimine. Coinbase, Binance (quest’ultima cinese) e altre simili piattaforme che permettono lo scambio di “beni digitali” sono altresì fuorilegge in Cina e “ci saranno conseguenze legali per gli individui e le imprese che partecipano alle attività di scambio delle valute virtuali”.

Leggi anche: Bitcoin, la moneta digitale che ha conquistato vip e governi: è davvero il futuro?

spot_img

Correlati

Chi è Alessandro Araimo, CEO di Warner Bros Discovery che ha portato Fazio e Amadeus sul NOVE

Alessandro Araimo è Executive Vice Presidente, General Manager e Amministratore Delegato di Warner Bros....

Antitrust restituisce 122 milioni a 600mila consumatori: “Beneficenza e sponsorizzazione li penalizzano”

Nella giornata di ieri 17 aprile il presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del...

Stellantis, approvato il maxi stipendio del CEO Carlos Tavares: quanto guadagnerà al giorno

Il 70,2% degli azionisti di Stellantis, nata dalla fusione di PSA e Fiat-Chrysler, ha...
Tommaso Panza
Tommaso Panza
Salentino, classe 1993. Una laurea in mediazione linguistica. Fondazione Basso(Roma). Amante della lettura e del cinema, in particolare delle opere che raccontano spaccati di realtà. Deciso sin da piccolo a diventare un giornalista.
spot_img