Che cos’è lo sharenting e quali rischi comporta per i bambini

Lo sharenting consiste nel porre online le foto dei propri figli. Ma quali sono le implicazioni di una tale pratica?

Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.
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L’espressione sharenting fa riferimento alla pubblicazione in rete, sui social e in altri ambienti digitali di foto e video riguardanti bambini, sia da parte dei genitori e sia dei parenti.

Un primo aspetto che questa pratica andrebbe a toccare è il fatto che i minori, in quanto tali, non possono ne dare il consenso e tantomeno comprendere le implicazioni relative alla loro eccessiva esposizione sui social e su tutti i dispositivi esistenti. Una volta divenuti adulti potrebbero anche non aver gradito l’uso che ne è stato fatto della loro persona da parte dei genitori.

Sharenting: significato e origine del termine

sharenting

La parola sharenting è un composto costituito dal verbo inglese to share, che significa condividere, e il gerundio parenting che fa riferimento alla condizione di essere genitori. Si tratta di un neologismo che il dizionario Collin’s inserisce nel 2016 come nuova parola dell’anno, anche se il termine sarebbe stato coniato nel 2010.

Lo sharenting, pur divenendo una pratica internazionale diffusa sia negli Stati Uniti che in Europa, trova diversi in disaccordo. Gli oppositori ritengono che violi la privacy dei bambini e danneggi la relazione genitore-figlio, oltre a vedere lo sharenting come un’espressione dell’orgoglio dei genitori nei loro figli.

Le sue origini sono state attribuite al Wall Street Journal dove lo chiamavano oversharenting, ovvero un composto di oversharing e parenting, che sta ad indicare l’eccessiva e costante sovraesposizione online di bambini e bambine.

Che cosa implica lo sharenting

sharenting_foto

Sono tantissime le mamme che postano foto dei propri figli fin dai primi anni di vita, immortalando ogni momento non solo per la propria famiglia ma divenendo contenuti social oggettivamente alla mercé di chiunque. Solo in Gran Bretagna, ad esempio, l’80% dei bambini è presente online entro i due anni di vita, secondo quanto riferisce uno studio della Northumbria University.

In Italia invece, secondo un’indagine realizzato da Davide Cino e Silvia Demozzi, il 68% del campione intervistato pubblica con una certa frequenza foto dei figli sui propri profili social, mentre il 30% tende a pubblicarle non solo sulle proprie bacheche, ma anche su gruppi Facebook o altri spazi virtuali.

Il fenomeno nel nostro Paese sembrerebbe più diffuso per i bambini piccoli, da 0 a 3 anni, le cui immagini sono condivise dall’86% dei genitori, mentre tende a calare con l’età. Anziché salvaguardare i minori quando sono più piccoli da noi avverrebbe l’opposto, forse perché quella fascia d’età rappresenta la più bella da immortalare.

Una volta divenuti adulti i figli potrebbero non gradire la loro presenza online, o il modo in cui i genitori avrebbero narrato la loro storia. Inoltre potrebbero essere compromessa ormai la loro identità digitale, essendo in circolazione foto anche dal contenuto imbarazzante per chi magari vuole costruirsi una professione seria in futiro.

E ancora il bambino potrebbe essere preso di mira per via delle foto pubblicate, divenire vittima di cyberbullismo e nei casi più gravi le immagini potrebbero cadere nelle mani sbagliate ed essere trasformate in contenuti pedopornografici oppure essere adescato (Grooming).

Sharenting: cosa pensano i giudici al riguardo

Pare che non vi sia ancora una legge specifica per lo sharenting anche se alcuni giudici si sarebbero già trovati ad affrontare dei casi, dando ragione ai ragazzi che hanno denunciato i loro genitori per aver postato numerose immagini senza il loro consenso. Ecco quanto dichiarato da un giudice del Tribunale di Mantova, il quale ha condannato una madre che si rifiutava di togliere dai social le immagini della figlia:

L’inserimento di foto di minori su social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte in foto on-line.

Non potendo inoltre andare sottaciuto l’ulteriore pericolo costituito dalla condotta di soggetti che taggano le foto on-line di minori e, con procedimenti di fotomontaggio, ne traggono materiale pedopornografico da far circolare fra gli interessati, come ripetutamente evidenziato dagli organi di polizia.

Il pregiudizio del minore è dunque insito nella diffusione della sua immagine sui social network sicché l’ordine di inibitoria e rimozione va impartito immediatamente.

Sharenting: alcuni consigli per i genitori che non ne possono farne a meno

Se un genitore non vuole rinunciare a condividere scatti dei figli sui propri profili social dovrebbe comunque far attenzione, tutelandosi il più possibile. Vediamo cosa può fare:

  • Aggiornare le impostazioni della privacy per ogni Social Network
  • Evitare di rendere pubbliche le abitudini quotidiane come luoghi, orari e dati personali
  • Usare Google Alert, in modo da ricevere delle notifiche quando la parola chiave predefinita, che può indicare nome e cognome del bambino, viene cercata in rete
  • Non pubblicare foto di minori nudi

Leggi anche: Ghosting e orbiting: cosa sono e che problemi causano in chi li subisce

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