Si conclude il maxi processo ai Casamonica, il tribunale di Roma nella sentenza di primo grado: “Sono mafia”

La sentenza di primo grado emessa dal tribunale di Roma ha riconosciuto il clan Casamonica come un'associazione mafiosa, 44 le condanne

Tommaso Panza
Tommaso Panza
Salentino, classe 1993. Una laurea in mediazione linguistica. Fondazione Basso(Roma). Amante della lettura e del cinema, in particolare delle opere che raccontano spaccati di realtà. Deciso sin da piccolo a diventare un giornalista.
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I Casamonica sono un’associazione mafiosa. Dopo sette ore di camera di consiglio, i giudici della X sezione penale hanno emesso il verdetto di primo grado: 400 anni complessivi fra capi e affiliati, 30 anni a Domenico Casamonica, considerato il reggente del clan, usura, estorsioni, spaccio e traffico illecito di armi sono alcuni dei delitti di cui il clan si è macchiato negli anni.

Le famiglie che hanno poi generato lo zoccolo duro del clan Casamonica si sono stanziate nella zona sud est sin dagli anni ‘40, operando principalmente nei settori dell’usura (cravattari come si dice a Roma) e dello spaccio di droga, reinvestendo i proventi illeciti in attività commerciali di vario tipo.

Casamonica: il terzo verdetto che riconosce la presenza della mafia a Roma

Casamonica: il terzo verdetto che riconosce la presenza della mafia a Roma

La sentenza pronunciata ieri a conclusione del processo di primo grado, nato dalle operazioni Gramigna e Gramigna bis, sancisce per la terza volta la mafiositá di un clan su un territorio romano, dopo le condanne ai clan di Ostia: Spada e Fasciani. Ora lo dice una sentenza di primo grado, il clan dei Casamonica stanziato nelle zone di Porta Furba è mafia.

Un processo duro e complicato, specie perché avvolto da un’aura di omertà dettata dal potere intimidatorio degli imputati. Le vittime, ostaggio della violenza spregiudicata dei membri del clan, non si sono costituite parte civile e quando sono state chiamate a testimoniare lo hanno fatto con reticenza, dimostrando di temere la forza e la fama di impunità che i Casamonica si sono costruiti negli anni.

Lo Stato si è fatto sentire, ma l’azione di polizia sappiamo bene non bastare. Una battaglia importantissima questa appena vinta, ma all’azione della magistratura serve affiancare un aiuto alle vittime valido e che dia un senso concreto di sicurezza e protezione verso chi denuncia. Una maggiore valorizzazione dei beni e patrimoni confiscati, oltre che nell’uso, maggiore certezza dell’azione penale, migliori politiche sociali.

Ma serve soprattutto una più forte e condivisa consapevolezza della questione criminale e mafiosa, che sia alla radice di un impegno collettivo in cui ciascuno può fare la sua parte.

Operazione Gramigna: un’erbaccia per definire i Casamonica

L’operazione Gramigna è stata l’operazione madre che ha portato al maxi processo contro il clan Casamonica. A spiegare perché la scelta di questo nome per definire l’intera operazione fu il tenente colonnello del Gruppo Carabinieri di Frascati Stefano Cotugno:

La Gramigna è una erba infestante, detestata dai contadini poiché ovunque si diffondeva, proliferava velocemente e rovinava le colture. Una pianta che si insinua tra le erbe buone ed è difficile da estirpare

L’operazione Gramigna è stato un colpo assestato molto duramente per la famiglia di origine sinti. Testimone chiave che ha portato a tale operazione è stata Debora la ‘gagè’. Debora Cerreoni, 34 anni, era figlia di un ex personaggio legato alla banda della Magliana e vicina a uno dei capi, Giuseppe Casamonica, ma ancora di più al marito Massimiliano Casamonica, legati da un matrimonio celebrato con rito sinti.

Per circa 10 anni è stata interna al clan. Una convivenza difficile sfociata in alcuni episodi gravi che avrebbe fatto scattare la scintilla nella donna divenuta poi collaboratrice di giustizia: la donna, con i figli, viveva di fatto segregata in casa in uno stato di totale assoggettamento agli altri membri del clan.

Quella di Debora è stata una figura chiave: ha raccontato non solo, nel dettaglio, il business illegale dei Casamonica, ma anche i ruoli, dei capi e soprattutto delle donne

E che le vittime, nel corso degli anni, abbiano preso coraggio, lo ha dimostrato anche la storia di Ernesto Sanità, che si ribellò al clan dopo aver subito l’occupazione della sua casa Ater per un debito di droga contratto dal figlio. Una vicenda raccontata proprio tra le carte dell’operazione Gramigna

La mafia dei Casamonica: una sentenza che si attendeva da anni

Dopo la sentenza di primo grado sono state tante le voci che hanno commentato il verdetto tanto atteso, tra queste c’è quella di Licia D’amico, legale dell’associazione “Antonino Caponnetto” costituitasi parte civile nel processo al clan mafioso dei Casamonica:

Una sentenza importante, con un dispositivo davvero significativo. Si è respirata omertà ma questa è una sentenza che dà speranza. Roma è liberata da una morsa mafiosa pesante che l’ha condizionata in maniera significativa. Oggi è un giorno di sollievo.

Anche in quest’aula abbiamo assistito al susseguirsi di testimoni che hanno dato chiari indicatori di essere intimiditi.

Leggi anche: È legittimo l’ergastolo ostativo per i delitti di mafia? Sarà il Parlamento a decidere

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