Aviaria può diventare pandemia? Arduini: “Il potenziale c’è ma il rischio è contenuto”

Secondo l'Oms vi è la possibilità che l'influenza aviaria diventi pandemia. Abbiamo chiesto un parere a Daniela Arduini, Presidente dell'Ordine dei Biologi del Lazio e Abruzzo, e a Piera Lisa Di Felice, consigliera Ordine dei Biologi del Lazio e Abruzzo, e referente ambiente Abruzzo per l’Ordine.

Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.
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L’epidemiologo dell’Organizzazione mondiale della sanità, Richard Peabody, in un’intervista al quotidiano spagnolo El Pais ha dichiarato che l’influenza aviaria potrebbe diventare una pandemia e, di conseguenza, la comunità globale deve prepararsi a quest’evenienza. Ecco quanto ha espresso:

Temiamo che il virus acquisisca la capacità di diffondersi da persona a persona, e in maniera sostenuta, e possa provocare una nuova pandemia: dobbiamo prepararci.

La comunità scientifica sta studiando la sequenza genetica di questi virus al fine di monitorarli e sviluppare anche vaccini che saranno disponibili se necessario.

Dello stesso parere è anche l’Oms che ha lanciato un allarme. In un mondo già provato dal Covid la prospettiva di un’altra pandemia è allarmante. Abbiamo intervistato Daniela Arduini, Presidente dell’Ordine dei Biologi del Lazio e Abruzzo, e a Piera Lisa Di Felice, consigliera Ordine dei Biologi del Lazio e Abruzzo, e referente ambiente Abruzzo per l’Ordine, le quali, riguardo alla possibilità che possa esservi un rischio reale che l’aviaria diventi pandemia, hanno specificato: “le attuali prove virologiche ed epidemiologiche dimostrano che allo stato attuale i ceppi esistenti del virus dell’influenza aviaria non abbiano una particolare capacità di trasmissione tra esseri umani e, pertanto, il rischio per la popolazione rappresentato da questo virus sembra essere contenuto”.

Aviaria, la morte della bambina cambogiana e l’analisi di Thijs Kuiken su Nature

La morte di una bambina di 11 anni in Cambogia, dopo aver contratto l’influenza aviaria, e il fatto che anche il padre sia risultato positivo ha rinnovato la preoccupazione che possa scatenarsi un’influenza diffusa e addirittura una pandemia. Per Thijs Kuiken, patologo veterinario presso l’Erasmus University Medical Center di Rotterdam, nei Paesi Bassi, è difficile prevederlo.

Le versioni ancestrali dell’attuale virus H5N1 circolano tra gli uccelli da circa 25 anni e non hanno ancora acquisito la capacità di diffondersi tra gli esseri umani, specifica il patologo su Nature. Di conseguenza, considerando questo aspetto il rischio di una pandemia umana sarebbe minimo.

Ad allarmare però è stato il recente aumento dei casi tra gli uccelli selvatici e la scoperta che il virus può essere trasmesso tra i mammiferi, e quindi che potrebbe diffondersi nell’uomo. Per questo Kuiken auspica si attui una sorveglianza più attenta delle persone che lavorano nel settore avicolo, assicurandosi che eventuali infetti siano prontamente individuati e isolati.

Aviaria: come può prepararsi la comunità globale per evitare una pandemia

Daniela Arduini e Piera Lisa Di Felice, nell’affrontare la questione aviaria hanno svolto un excursus, soffermandosi sulla situazione in Europa. Ecco in risalto le criticità:

Dalla fine del 2021 si è assistito alla diffusione di una delle peggiori epidemie globali di influenza aviaria (H5N1) nei volatili, con morie di massa di uccelli selvatici e  milioni di capi di pollame abbattuti.

Un focolaio di H5N1 si è diffuso anche in un allevamento di visoni in Spagna: in questo caso probabilmente c’è stata  trasmissione da mammifero a mammifero.

Si precisa che  i visoni hanno dei particolari recettori  per i virus aviari e in questo sono diversi dall’uomo. Pertanto un contagio tra visoni merita attenzione, ma non deve procurare eccessivo allarme.

Hanno poi sottolineato che “l’infezione per l’uomo può avvenire attraverso l’esposizione ad ambienti contaminati o a animali contaminati. Anche se in casi piuttosto rari si può verificare il passaggio da animale a uomo mediante contatto diretto. Secondo l’OMS, dal 2003 a oggi ci sono stati 873 casi di aviaria in esseri umani con 458 decessi, in 21 paesi: con tali dati la letalità sarebbe di quasi il 50%. Tuttavia tale dato potrebbe non essere veritiero a causa di un’errata stima dei contagi reali: molte persone possono essere asintomatiche mentre altre si ammalano gravemente, fino alla morte, per cause ancora non conosciute”.

Aviaria: in caso di pandemia esistono vaccini? Parola agli esperti

Esistono dei vaccini approvati contro l’influenza aviaria, ma le scorte sono basse e non basterebbero se dovesse sopraggiungere una pandemia. L’Organizzazione Mondiale della Sanità monitora l’evoluzione dell’H5N1 in modo che i vaccini possano essere aggiornati. Secondo studi realizzati sugli animali e dati osservativi sull’uomo il farmaco antivirale Tamiflu è efficace contro l’H5N1 nelle persone, fatta eccezione per alcuni ceppi più resistenti. Anche gli strumenti non farmaceutici, come le maschere facciali, possono limitare la diffusione della malattia. Sul vaccino Arduni e Di Felice hanno specificato:

Allo stato attuale non esiste uno specifico vaccino contro l’influenza aviaria, anche se ce ne sono numerosi in fase di studio.

Molti laboratori in tutto il mondo, collegati in rete, lavorano per avere prototipi di vaccini aggiornati.

sarebbero sufficienti pochi mesi per avere una buona disponibilità di vaccini. Questo permetterebbe di avere tempi di reazione molto più celeri in caso di emergenza rispetto a quanto avvenuto con Covid, contingentando sicuramente il danno rispetto a quanto accaduto per l’ultima pandemia.

Considerando i farmaci a disposizione e i vaccini disponibili secondo diversi scienziati una pandemia di H5N1 sarebbe probabilmente più gestibile rispetto a quella di Covid.

Aviaria, cosa si può fare per il futuro

D’altro canto non si può negare che l’influenza aviaria sia una malattia dal potenziale pandemico”, sottolineano Arduini e Di Felice. Per il futuro però qualche accorgimento si può adottare, essendo consapevoli di quello che alla base provoca alterazioni in primis e lo sviluppo di nuovi virus in primis sugli animali e poi nell’uomo:

Se aumenta la diffusione del virus, cresce il rischio del salto di specie. Anche i cambiamenti ambientali, con la distruzione di habitat, possono favorire tale passaggio.

Degrado ambientale, cambiamenti climatici, eccessivo sfruttamento delle risorse, il maggior consumo di prodotti animali, conseguenze della rapida crescita della popolazione globale, aumentano in maniera esponenziale la pressione che l’umanità sta esercitando sul Pianeta.

È pertanto fondamentale uno sviluppo sostenibile che mitighi lo spillover, cioè la comparsa di nuovi virus patogeni per l’uomo, precedentemente circolanti solo nel mondo animale.

Pertanto i biologi lavorano secondo l’approccio “One Health”, per il quale la salute degli esseri umani è intimamente connessa alla tutela dell’ambiente.

Garantire il funzionamento degli ecosistemi e la loro gestione è fondamentale per gestire le malattie, ostacolandone la diffusione.

Leggi anche: Cresce l’allarme per l’influenza aviaria in Italia: “Numero di focolai senza precedenti”

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