Alzheimer, un sonnifero ne ritarda gli effetti

Dormire bene potrebbe aiutare a prevenire la formazione delle placche tipiche della malattia di Alzheimer nel cervello. Lo indica l’ultimo studio condotto negli Stati Uniti su 38 volontari, i quali hanno assunto un sonnifero, che potrebbe rivelarsi fondamentale per lo sviluppo della malattia. 

Ilaria De Santis
Ilaria De Santis
Classe 1998. Esperta in Editoria e scrittura, è molto attenta ai dettagli, scrive poesie e canzoni ed è appassionata di musica, serie TV e sceneggiatura. “In tristitia hilaris, in hilaritate tristis”.
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È terminata una ricerca che ha rilevato il collegamento tra Alzheimer e il sonno ed è stata svolta da scienziati della Scuola di Medicina dell’Università Statale di Washington, che hanno lavorato a stretto contatto con i colleghi del Tracy Family SILO Center, del Center on Biological Rhythms and Sleep e del Biomolecular Analytical Research and Development di Milliporesigma, azienda internazionale di bioscienze.

Coordinati dal Professor Brendan Lucey, Docente presso il Dipartimento di Neurologia e Direttore dello Sleep Medicine Center dell’ateneo di St. Louis, hanno condotto uno studio su un gruppo di 38 partecipanti volontari di età compresa tra i 45 e i 65 anni, senza declini cognitivi, a cui hanno somministrato un sonnifero e il risultato potrebbe essere sorprendente.

Alzheimer e il legame con il sonno

È evidente che c’è uno stretto legame con il sonno, in quanto dormire male e, soprattutto, poco, crea scompensi al cervello e l’Alzheimer, al contrario, favorisce l’insonnia. Sebbene debbano essere condotti studi ulteriori e più approfonditi, si è comunque notato il potenziale dei sonniferi contro l’avanzamento della malattia.

Nello studio, pubblicato su Annals of Neurology, è stato utilizzato il Suvorexant, un farmaco approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense, indicato principalmente per il trattamento dell’insonnia.

A tutti i partecipanti sono state somministrate dosi diverse del sonnifero ed è stata misurata la presenza, nel liquido cerebrospinale ― che assolve al compito di proteggere il cervello e il midollo spinale da possibili urti improvvisi e traumi cerebrali ― dei livelli delle proteine amiloide, sostanze anomale che causano alcuni malfunzionamenti nei pazienti, e della proteina tau, che provvede ai neuroni, ma, se non agisce correttamente, forma depositi che portano al decesso delle cellule nervose e, quindi, alla demenza.

Ritardare l’Alzheimer con il Suvorexant: quali sono i risultati dello studio?

I volontari, che sono stati seguiti per 36 ore, sono stati divisi in tre gruppi. Al primo, composto da 13 persone, sono state somministrate due dosi del sonnifero da 10 mg, mentre, nel secondo, 12 persone hanno assunto due dosi da 20 mg e infine al terzo gruppo è stato dato un placebo. Dopo aver analizzato il liquido cerebrospinale, i ricercatori hanno rilevato dei cambiamenti nei livelli delle proteine ed è stata notata una riduzione all’incirca del 10-20% della proteina amiloide e del 10-15% della proteina tau per chi ha assunto 20 mg del sonnifero.

Questo decremento è stato definito come “un buon segno”, dal momento che un innalzamento dei livelli è legato a un peggioramento del morbo. Invece, mentre la proteina amiloide è rimasta bassa, la tau è aumentata durante la prima e la seconda notte, per chi ha assunto 10 mg, ma è scesa di nuovo grazie alla seconda dose somministrata.

Il Suvorexant previene il declino cognitivo?

Il Professor Brendan Lucey ha così dichiarato:

Questo è un piccolo studio proof-of-concept. Sarebbe prematuro per le persone che sono preoccupate di sviluppare l’Alzheimer interpretarlo come un motivo per iniziare a prendere Suvorexant ogni notte.

Non sappiamo ancora se l’uso a lungo termine sia efficace nel prevenire il declino cognitivo, e se lo fosse, a quale dose e per chi. Tuttavia, questi risultati sono molto incoraggianti.

Questo farmaco è già disponibile e si è dimostrato sicuro, e ora abbiamo la prova che influisce sui livelli di proteine che sono fondamentali per guidare l’Alzheimer.

Come spiegato dagli stessi ricercatori e dal Professore, però, la ricerca è ancora in fieri, perciò non bisogna allarmarsi e dotarsi subito di questo sonnifero, anche perché usarlo per lunghi periodi potrebbe causare una dipendenza, ma, al momento, il consiglio è quello di cercare di dormire bene e di riposare il più possibile in base alla fascia d’età.

Leggi anche: Alzheimer, ci sarà il vaccino? E come agisce?

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