Addio a Toriyama: 5 lasciti di Dragon Ball per i trentenni

La scomparsa del mangaka Akira Toriyama lascia dietro di sé un'eredità che ha segnato una generazione cresciuta davanti a Dragon Ball e alle sue altre opere.

Marcello Caponigri
Marcello Caponigri
Giornalista professionista, classe '91, si è occupato di cronaca, di esteri, di politica e di finanza, sia per testate cartacee sia online. Creatore di podcast e di newsletter tematiche, è ora di base a Milano dove segue il mondo del risparmio gestito.
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La merenda pomeridiana guardando Arale, le ore passate a sconfiggere i malvagi mostri di Dragon Quest, prima sullo Snes e poi sul Nintendo DS, ma soprattutto il momento del pranzo davanti a Dragon Ball. Questi sono ricordi che appartengono a tutti o quasi i trentenni di oggi, quella generazione detta Millennial la cui infanzia è indissolubilmente legata a quei pochi cartoni animati e anime che i sei canali televisivi disponibili al tempo offrivano ad libitum, e che quindi deve così tanto all’appena scomparso Akira Toriyama, mangaka giapponese padre di Goku, Vegeta, Bulma e del Maestro Muten.

1. L’infanzia con Dragon Ball

Tornare a casa da scuola voleva dire guardare un nuovo episodio, scoprire come sarebbe andato a finire lo scontro fra Goku e il triocchiuto Tenshinhan, sperare nel ritrovamento di un’altra sfera del Drago, trattenere il respiro davanti al risveglio del Grande Mago Piccolo o anche solo ridere davanti alle bizzarrie di Oolong e Puar. Il tutto per poi parlarne il giorno dopo con i compagni di classe, durante la ricreazione, e immaginare cosa sarebbe successo. La lunga durata dell’anime, riproposto da Italia1 per anni, lo ha legato ai ricordi dell’infanzia di chi oggi ha 30 anni o poco più.

Dragon ball - il piccolo Goku della prima saga

Il pubblico per cui era stato pensato Dragon Ball era infatti quello meno maturo, nonostante comunque ci fossero scene di violenza e momenti meno adatti che Mediaset provvide a censurare. Il protagonista era però un bambino, che grazie ad una forza fuori dal comune affrontava i pericoli di un mondo selvaggio e adulti che volevano raggiungere il potere e la ricchezza attraverso l’uso delle sfere del Drago.

Goku, nella sua semplicità e purezza, rappresentava tutti gli spettatori. Non cercava qualcosa di materiale, ma voleva solo riavvicinarsi al nonno, scomparso prima dell’inizio della storia, e aiutare i suoi amici. Per farlo, l’unica cosa che poteva fare era cercare di crescere e di diventare più forte.

2. Dragon Ball, la serializzazione

dragon ball

Il fenomeno di Dragon Ball è per i millennials un elemento fondante di quella cultura pop che si è poi arricchita di altri anime duraturi, come One Piece o Naruto, di teen drama, di saghe cinematografiche e di serie TV che oggi divoriamo sulle piattaforme di streaming.

A differenza della maggior parte degli altri prodotti di animazione dell’epoca, come Lupin o i Simpson che avevano puntate autoconclusive, Dragon Ball ha infatti abituato ad attendere il giorno dopo, la settimana successiva o la fine dell’estate per capire cosa sarebbe successo, fino a registrare nella memoria alcuni momenti clou della storia, come la prima trasformazione di Goku in super sayan.

Gli altri anime giapponesi che in precedenza avevano avuto lo stesso ruolo erano stati, ad esempio, quello di Captain Tsubasa, da noi tradotto come Holly e Benji, durante gli anni 80, ma la sua durata era inferiore. Oppure, Saint Seiya, trasmesso in Italia come I Cavalieri dello Zodiaco, che negli anni ’90 era però appannaggio di reti private minori come Odeon e Italia 7 e solo nel 2001 ha raggiunto il pubblico più basto attraverso Mediaset.

3. Il fantasy e la cultura orientale tramite Dragon Ball

dragon ball

La storia, prima di divenire un costante scontro a colpi di trasformazioni colorate, era in tutto e per tutto un fantasy. Il piccolo Goku veniva scovato nelle montagne dalla giovane Bulma, intraprendente figlia di un inventore e industriale, che si era lanciata alla ricerca delle sfere del drago. Già dal primo episodio compaiono quindi gli elementi di rottura della quotidianità del protagonista, l’oggetto magico da trovare e la missione da intraprendere.

Durante il cammino dell’eroe si aggiungono poi aiutanti e avversari, come Yamcha, Crilin, Tao Pai Pai, l’esercito del Fiocco Rosso, Piccolo. I protagonisti superano prove, si addestrano e migliorano in un viaggio costante alla ricerca di quelle sfere e di quel drago capace di esaudire i desideri, per poi ogni volta dover richiedere un desiderio diverso da quello voluto alla partenza. Ogni volta, la situazione portava a mettere da parte le proprie aspirazioni per riparare ai danni e alle perdite subite durante il viaggio.

Dragon ball - una delle sfere del Drago

Un fantasy che ha combinato elementi di tecnologia a scenari preistorici (i protagonisti fanno più volte la conoscenza di dinosauri e di robot), ma che prende spunto da uno dei più celebri classici cinesi: Viaggio in occidente. Il romanzo, scritto alla fine del 16esimo secolo, narra il viaggio del monaco Sanzang dalla Cina all’India, accompagnato dal re scimmia Sun Wukong, che nella traduzione giapponese è appunto chiamato Son Goku e porta con sé un bastone in grado di rimpicciolirsi o allungarsi a seconda delle necessità, proprio come quello del protagonista dell’anime.

4. Le arti marziali in Dragon Ball

Senza saperlo, i bambini degli anni ’90 erano stati così catapultati in una rivisitazione di un classico cinese ed erano stati avvicinati ad una cultura che, prima dei social network, non era così facilmente accessibile, se non per altri prodotti del cinema e della televisione, come i film di Bruce Lee e la trilogia di Karate Kid. Da questi esempi, quella generazione si è anche avvicinata alle arti marziali e oggi il numero di palestre e dojo dove praticare karate, kung fu, jiu-jitsu, aikido, judo o taekwondo si è moltiplicato.

Chi, da bambino, non ha tentato almeno una volta di lanciare l’onda energetica? Ecco, quella posa è presa da un doppio palmo di mano del kung fu shaolin. Lo stesso vale per gli allenamenti del Maestro Muten, che si ispirano alle fatiche giornaliere dei monaci shaolin, di cui tra l’altro faceva parte anche il personaggio di Crilin.

5. La morale di fondo e i cattivi che a volte si redimono

I bambini che guardavano Dragon Ball se lo saranno sentiti dire almeno una volta, dai genitori: “È troppo violento” o “È diseducativo”. Al di lì del discorso educativo, che forse dovrebbe essere lasciato nelle mani di attori diversi rispetto ai cartoni animati e serie tv, quella di Dragon Ball non era e non è mai stata una saga vuota composta di mera violenza. La prima trasformazione di Goku in super sayan avviene infatti in risposta alla morte del suo migliore amico e alla rabbia che ne scaturisce.

Il perdono che il protagonista riesce a concedere prima a Piccolo e poi a Vegeta, che si mostrano successivamente pentiti delle loro azioni, è una lezione per gli spettatori che possono apprendere come le persone non si dividano necessariamente in buoni o cattivi. La rivalità fra Goku e Vegeta è parte importante della storia, ma quando l’orgoglioso principe riesce a guardare in faccia la realtà e a dire “Sei tu il numero uno!”, sta ammettendo i propri limiti.

E poi ancora, il sacrificio per gli amici e le persone che si amano, come Piccolo per Gohan, Vegeta per Trunks, Goku per tutto il pianeta quando tele-trasporta un Cell a un passo dall’esplosione. Il lavoro di squadra di Trunks e Goten. E infine, il momento in cui il più debole e inutile dei personaggi, Mr. Satan, salva il mondo grazie al suo carisma e convince tutti a unirsi per sconfiggere Majin Bu.

Insomma, non si è trattato di semplice intrattenimento. Il manga, la serie animata, i film e i videogiochi hanno accompagnato un’intera generazione e forse anche due, lasciando i nomi dei personaggi e del loro creatore, Akira Toriyama, scolpiti nella memoria e nella cultura pop anche di un Paese così lontano da quello d’origine.

Leggi anche: Lucio Dalla, il ricordo dell’amico Maurizio: “Era umile, ha convinto Curreri a scrivere canzoni”

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