Blitz contro la ‘Ndrangheta, 104 misure cautelari in tre regioni: stroncata la “Narcos Europea”

La maxi inchiesta che ha coinvolto ben tre Procure ha portato ad abbattere la cosca Molé, storica famiglia della ‘Ndrangheta calabrese, operante in diverse regioni italiane e anche all’estero.

Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.
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Sono tre le operazioni antimafia contro la cosca Molé, storica famiglie della ‘Ndrangheta, relative ad una tonnellata di cocaina proveniente dal Sudamerica. Il blitz ha portato a 104 misure cautelari, sequestro di beni per 2,2 milioni di euro, tra cui terreni e aziende, da parte di tre procure distrettuali antimafia, quali Milano, Firenze e Reggio Calabria.

Si tratta di una maxi-inchiesta sulla cosca di Molé della Piana di Gioia Tauro, ramificata in Lombardia, Toscana e anche all’estero. I gruppi, pur essendo separati, lavoravano in stretta sinergia e facevano capo alla medesima famiglia mafiosa.

L’indagine sarebbe partita da un giro di false cooperative. In una telefonata ad un imprenditore del nord emerge lo stile della cosca, misto di modernità e arcaicità: “Noi siamo come le raccomandate arriviamo direttamente a casa”. Tra gli indagati nel filone milanese c’è anche Marino Carugati, ex sindaco di Lomazzo, vicino Como, e anche un ex assessore della giunta. Mentre nel filone calabrese sarebbero coinvolte anche le cosche Pesce e Crea di Rizziconi.

‘Ndrangheta: colpita la cosca Molé

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Tra i reati contestati agli indagati ci sono: associazione mafiosa, detenzione di armi, estorsione, autoriciclaggio, associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, usura, bancarotta fraudolenta, frode fiscale, traffico e cessione di sostanze stupefacenti.

Il prefetto Francesco Messina, Direttore centrale anticrimine, ha spiegato che la cosca Molé controllava anche il mercato del pesce in tutta la zona di Gioia Tauro, anche se l’attività principale restava la droga. Ecco cosa ha detto, come riportato da Il Fatto Quotidiano:

Questa è stata una cosca che è riuscita a portare in Italia oltre una tonnellata di cocaina. Si parla di droga effettiva non droga intercettata

Secondo il procuratore Bombardieri “Quest’indagine ci dà uno spaccato della cosca Molé operativa. Abbiamo riscontrato la presenza a Gioia Tauro di alcuni chimici e di alcuni palombari che si presume abbiano fatto parte di organizzazioni militari di altri Stati

Si tratterebbe di soggetti sudamericani, come “chimici e militari appartenenti alla Marina militare peruviana, impiegati, rispettivamente, per la preparazione e il confezionamento delle partite di cocaina e per il recupero in alto mare dei carichi di cocaina giunti dal Sud America a bordo di navi cargo” .

‘Ndrangheta: la strategia è cambiata

I magistrati hanno raccontato il modus operandi adottato dalla ‘Ndrangheta, oggi diverso rispetto al passato. Ecco cosa hanno detto al riguardo, come riportato da Rai News:

La ‘Ndrangheta si affermava sul territorio con estorsioni a tappeto di somme che in alcuni casi fino a 300 mila euro, riducendo molti imprenditori sul lastrico. Poi c’è stato un cambio di strategia: l’imprenditore non è più vittima ma diventa strumento di arricchimento illecito soprattutto sul fronte del know out in materia di evasione fiscale.

Ora gli imprenditori accettano di far entrare le coop calabresi nei loro consorzi. Il che diventa esplosivo: sono decine le società “acquistate” dalla criminalità, drenate di tutte le risorse economiche e poi fatte fallire. Società che lavorano in un regime di sostanziale monopolio nei settori del facchinaggio, della ristorazione, della logistica e dei trasporti. È sempre la ‘ndragheta a decidere chi lavora e chi no.

Leggi anche: ‘Ndrangheta e traffico di rifiuti: la mafia calabrese continua ad avvelenare l’Italia

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