Alberto Fortis: “Noi artisti non creiamo niente, andiamo a prendere cose scritte nell’aria”

Alberto Fortis si racconta, dal liceo Rosmini alla musica nel DNA: "Ai concerti non si riusciva ad andare via. Venivano organizzati anche sit-in sotto il palazzo dove abitavo in via Rovello a Milano".

Ilaria De Santis
Ilaria De Santis
Classe 1998. Esperta in Editoria e scrittura, è molto attenta ai dettagli, scrive poesie e canzoni ed è appassionata di musica, serie TV e sceneggiatura. “In tristitia hilaris, in hilaritate tristis”.
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Alberto Fortis, icona negli anni ’80 con sedici album all’attivo, 1 disco di platino e con oltre un milione e mezzo di dischi venduti si racconta al “Corriere della Sera”, dall’incontro con Paul McCartney dei Beatles e con Tina Turner alla voglia di prendere per la prima volta parte a Sanremo:

Siamo in quattro ad avere il record di non averlo mai fatto: io, De Gregori, Branduardi e Ligabue, che poi è salito sul palco come ospite.

Ai tempi me lo chiesero due volte e dissi di no, era troppo orientato alla canzone nazionalpopolare. Ora ci andrei subito.

Alberto Fortis: “La musica è sempre stata nel mio DNA”

Dal liceo Rosmini di Domodossola e quel sogno di fare musica. Ha iniziato la sua carriera nel 1979 e da subito ha avuto un successo straordinario, stando in classifica solamente dietro a Michael Jackson e ai Dire Straits ed è sempre stato orgoglioso della sua musica e anche di “essere stato in scia a dei colossi importanti”.

Ha spaziato moltissimo da “Milano e Vincenzo”, “La sedia di lillà”, “Svegliati amore con me”, “Settembre”, dalla canzone d’autore alle note più pop, perché “si tende sempre a voler da te la stessa cosa, ma sono un libero battitore e ho sempre fatto ciò che la musa mi ha ispirato nell’animo”.

Inoltre, proprio in linea con la poetica musicale, ha da poco pubblicato un brano latin pop, “Mambo Tango & Cha Cha Cha”. Ma da dove viene la passione la passione per le sette note? Trae le sue radici nell’infanzia, da quando ha chiesto la batteria per Natale e da lì è stato sempre e solo un crescendo:

La musica è nel Dna inconscio. A volte ci sono aspetti quasi inspiegabili dei perché.

A cinque anni chiedo la batteria come regalo a Babbo Natale e non la lascio più.

Al liceo, quando entro nelle prime band, il repertorio prevedeva cose tipo Vanilla Fudge, Creedence Clearwater Revival.

Alberto Fortis e Paul McCartney: “Era stato molto gentile con me”

Dopo le prime esperienze, Alberto Fortis ha intrapreso la carriera musicale da solista e ha persino conosciuto Paul McCartney negli studi di registrazione di Abbey Road di Londra, nel borgo di Westminster, divenuta celebre per essere non solo il titolo di un album dei Beatles, ma è celeberrima per la foto di copertina in cui i Fab Four attraversano le strisce pedonali:

Con Paul McCartney negli studi di Abbey Road, dove entrambi stavamo registrando.

Era un luogo organizzato in maniera molto british, durante la pausa ci si vedeva tutti in mensa.

Io avevo la tremarella quando parlai con lui.

Ma nonostante l’enorme successo fui colpito dall’aspetto affabile da ragazzotto di Liverpool. E con me fu molto affabile, gentile.

Alberto Fortis: “Le ragazze mi aspettavano sul pianerottolo di casa”

Ma non solo Paul McCartney. Alberto ha avuto il piacere di parlare anche con Tina Turner, a Los Angeles, rimanendo impressionato dalla sua energia:

Dopo il suo concerto presi una limousine con lei per andare a cena.

Ricordo la grande umanità di questa donna, la carica, l’impressione della vicinanza con il mito.

E anche Bob Dylan, quando nel 1992 salì sul palco prima di lui:

Era in buona quel giorno, chiacchierammo e mi disse una frase: “noi artisti non creiamo niente, andiamo a prendere cose scritte nell’aria, tutto dipende da quanto sono lunghe le nostre”.

Ricorda anche che “dopo i concerti non si riusciva ad andare via dai palazzetti, perché c’erano tra le 600 e le 800 persone ad aspettarti”:

Una volta che riuscivi a entrare nel van iniziavi a sentire il rumore sordo delle mani che battono sui vetri.

C’erano anche sit-in sotto il palazzo dove abitavo in via Rovello a Milano, non si riusciva a entrare.

Leggi anche: Maneskin incendiano l’Olimpico: “Arrivare qui è sempre stato un sogno per noi”

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