Chi era Giovanni Galeone, maestro di Allegri e simbolo di un calcio libero

A 84 anni è morto l'ex allenatore Giovanni Galeone: il mondo del calcio lo ricorderà come un innovatore gentile, un intellettuale del pallone capace di farsi voler bene da tutti.

Alessio Petrocco
Alessio Petrocco
Estremamente determinato e attento al mondo dell’attualità. Il giornalismo è per lui la voce che trasforma i fatti in storie e le storie in conoscenza.
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Il calcio italiano perde uno dei suoi esponenti più rivoluzionari, Giovanni Galeone si è spento ieri a Udine dopo una lunga malattia, aveva 84 anni.

Maestro di Massimiliano Allegri e Gian Piero Gasperini, il “Gale” è stato un innovatore, un pensatore del calcio che ha saputo unire filosofia e passione, idee e istinto. Le sue squadre, infatti, giocavano un calcio offensivo e libero, ma soprattutto incarnavano la sua visione e il suo spirito.

Napoletano di nascita e triestino d’adozione, Galeone era un intellettuale prestato al campo. Come allenatore si ispirava a Cruijff e Liedholm, ma filtrava tutto con ironia e leggerezza. Non sopportava i dogmi tattici: preferiva la creatività dei suoi giocatori, da Junior a Sliskovic, fino al giovanissimo Gattuso scoperto a Perugia.

Un calcio fatto di idee, non di schemi

Giovanni Galeone ha iniziato giovanissimo la carriera da tecnico, nel 1975, guidando il Pordenone e, nella stagione successiva, l’Adriese. Come riporta “Transfermarkt”, i primi incarichi professionistici lo hanno visto sulle panchine di Cremonese, Sangiovannese e Grosseto, mentre dal 1981 al 1983 si è occupato del settore giovanile dell’Udinese, prima di guidare la SPAL per due stagioni in C1.

Il grande salto è arrivato con il Pescara nel 1986-87: partendo da una squadra ripescata in Serie B, Galeone ha centrato subito la promozione in Serie A, ottenendo nella stagione successiva salvezza e vittorie memorabili contro Inter e Juventus.

Nonostante la retrocessione del 1988-89, che lo ha portato ad abbandonare la panchina del Pescara, è poi tornato ad allenare gli abruzzesi nel 1990-91, centrando una salvezza tranquilla e riportando i biancazzurri in Serie A l’anno successivo.

Galeone ha conquistato in seguito altre promozioni nella massima serie con Udinese e Perugia, ha guidato il Napoli e ha fatto ritorno più volte al Pescara, fino all’ultimo incarico di rilievo con l’Udinese nelle stagioni tra il 2005 e il 2007.

Dopo aver rifiutato l’ultima panchina proposta dal Pescara, il 4 marzo 2013 Galeone si è ritirato ufficialmente dal calcio, chiudendo una carriera lunga e intensa, fatta di promozioni, vittorie sorprendenti e un modo unico di intendere il gioco, fatto di passione, ironia e autenticità.

L’eredità di Giovanni Galeone

Considerato maestro di Massimiliano Allegri, Marco Giampaolo e Gian Piero Gasperini, Galeone ha trasmesso la sua filosofia di calcio offensivo e creativo, ispirata alle squadre di Nils Liedholm. Allegri in particolare, dopo la conquista del primo scudetto da allenatore con il Milan, conquistato a maggio 2011, ha dichiarato grande riconoscenza nei confronti di Galeone, suo maestro ai tempi di Perugia e Pescara.

In una recente intervista rilasciata al Corriere dello Sport, Galeone aveva dichiarato: “Max è fantasioso, Gasperini scientifico. A entrambi dicevo, leggete la partita e cambiate quando serve”.

Ieri sera, proprio Allegri e Gasperini si sono sfidati nel big match tra Milan e Roma, valido per la decima giornata di Serie A. Il “Gale” è stato salutato da San Siro con un minuto di raccoglimento, e l’emozione sul volto dei due tecnici era tangibile. Un omaggio dovuto, verso chi ha insegnato che il calcio è soprattutto pensiero, intuizione e coraggio.

Giovanni Galeone non è stato solo un allenatore, ma un maestro di vita: ironico, autentico, libero. Il calcio lo ricorderà come un innovatore gentile, un intellettuale del pallone capace di farsi voler bene da tutti. Forse, come avrebbe detto lui, non se n’è andato davvero — è solo passato “nella stanza accanto” —, dove probabilmente ha già stappato una bottiglia di champagne.

Leggi anche: Addio a Totò Schillaci, il ricordo di amici e colleghi: “Il suo calcio sapeva di passione”

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