Stupro di Palermo, il coraggio della vittima in una lettera: “Non siamo noi sbagliate, ma certi uomini”

Negli ultimi giorni, la vittima delle violenze si è fatta sentire, scagliandosi contro quella fin troppo diffusa tendenza che, anche in questi casi, tende a colpevolizzare la vittima.

Asia Buconi
Asia Buconi
Classe 1998, romana. Laureata in Scienze politiche e relazioni internazionali, ama l’attualità e la letteratura, ma la sua passione più grande è la sociologia, soprattutto se applicata a tematiche attuali. Nel tempo libero divora film e serie tv.
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Non si smette di parlare dello stupro di Palermo, avvenuto nella notte dello scorso 7 luglio per mano di sette giovani. Negli ultimi giorni, la vittima 19enne si è fatta sentire sui social, scagliandosi contro quella fin troppo diffusa tendenza che, anche in questi casi, porta a colpevolizzare la vittima. Tendenza che ha un nome preciso: si chiama vittimizzazione secondaria.

Un fenomeno per il quale, paradossalmente, le vittime di un reato, e in particolare di una violenza sessuale, subiscono una seconda aggressione da parte delle istituzioni, dei pregiudizi culturali e degli stereotipi.

Stupro di Palermo, la vittima: “Non siamo noi sbagliate, ma certi uomini”

Dopo lo sfogo social, la vittima dello stupro di Palermo si è fatta sentire anche in tv, nello specifico attraverso una lettera inviata alla redazione della trasmissione Zona Bianca, andata in onda ieri su Rete 4. Il suo è un appello chiaro alle donne che, come lei, sono state vittime di abusi sessuali.

Non siamo noi sbagliate – ha scritto la ragazza – sono sbagliati certi uomini che vedono la donna come un oggetto sessuale e non come un essere pieno di emozioni, sentimenti e vita alle spalle”.

La giovane, dopo la violenza, si è rivolta ai Carabinieri e ha denunciato i sette ragazzi, che l’avrebbero spinta ad ubriacarsi per poi condurla in un cantiere abbandonato, dove si sarebbero consumati gli abusi.

Le accuse della 19enne, oltre che dal suo puntuale racconto, sono sorrette anche da un video girato da uno degli stupratori, Angelo Flores, a cui la vittima era stata legata sentimentalmente. Ora i sette ragazzi sono tutti in carcere.

La vittima dello stupro di Palermo: “Non dobbiamo essere noi a non uscire, ma le bestie”

La vittima dello stupro di Palermo: "Non dobbiamo essere noi a non uscire, ma le bestie"

Nella lettera inviata a Zona Bianca, la vittima dello stupro di Palermo – che da qualche giorno vive in una comunità protetta – ha pure sottolineato come non debbano essere le donne ad aver paura: “Molte hanno paura di denunciare per vergogna, non dobbiamo essere noi a vergognarci ma chi osa sfiorarci senza il nostro consenso. Ho letto di ragazze che dopo quello che è successo a me non vogliono più uscire…ma perché privarci di uscire? Perché noi? Sono le bestie che dovrebbero essere private”.

Ci sono donne che dopo aver denunciato vengono uccise o sfregiate e di certo nessuno vuole rischiare tutto ciò — prosegue la lettera — Se ci fosse più tutela e una legge più incisiva, gli uomini stessi ci penserebbero due volte prima di fare una cosa simile. Molto spesso per loro è un semplice sfogo, ma se si parlasse di ergastolo o comunque di tanti di anni di carcere, ci penserebbero due volte anzi 20 prima di toccare una donna. Poi resterebbero solo i maniaci che purtroppo essendo malati manco gli importa della pena”.

Ho sentito parlare di rieducazione per gli stupratori — ha scritto ancora la 19enne — ma come si fa a pensare di rieducare una persona e lasciarla nuovamente in giro dopo che ha rovinato una ragazza? Ora, se qualcuno provasse a toccarmi, io piangerei. Non sono più capace di interagire con un uomo in tal senso”.

Stupro di Palermo, la vittima: “Vado avanti anche per mia madre”

Dalla lettera della vittima dello stupro di Palermo è emerso pure un vissuto molto difficile: la madre della ragazza è morta per una malattia, il padre l’ha abbandonata e lei per diverso tempo è stata costretta a vivere in casa famiglia. Ma è proprio l’esempio della madre, oggi, a guidarla e a non farle perdere la speranza. La giovane ha concluso:

Non sto sempre bene nonostante ci siano momenti in cui cerco di risollevarmi pensando al futuro. Purtroppo ho affrontato una vita non facile… ma devo andare avanti, controvoglia, ma devo riuscirci.

Non solo perché voglio una vita migliore ma anche per mia madre, che nonostante fosse molto malata e bloccata a letto, si faceva sempre vedere col sorriso. Non si è mai arresa, dopo decenni passati in sedia a rotelle.

Le donne che subiscono violenze devono essere forti, perché per quanto sporche si possano sentire, per quanto dolore abbiano potuto provare, c’è sempre una soluzione.

Leggi anche: Lo stupro di guerra nella Ciociara ci mostra il coraggio infinito delle donne

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Classe 1998, romana. Laureata in Scienze politiche e relazioni internazionali, ama l’attualità e la letteratura, ma la sua passione più grande è la sociologia, soprattutto se applicata a tematiche attuali. Nel tempo libero divora film e serie tv.
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