Chi è Durov, fondatore di Telegram, 17 miliardi di eredità e 106 figli

Il fondatore di Telegram, Pavel Durov, ha raccontato di essere padre naturale di 6 figli e “donatore di sperma” di altri 100. Tuttavia, la sua eredità sarà ripartita in parti uguali e non verrà concessa subito ai suoi figli, poiché suo desiderio è che essi crescano come persone comuni.

Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.
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Pavel Durov, uno dei fondatori di Telegram, ha dichiarato di voler suddividere la sua ingente ricchezza, stimata 17,1 miliardi di dollari secondo Bloomberg, in parti uguali tra i suoi 106 figli.

In un’intervista a Le Point ha raccontato di essere padre biologico di sei figli, ma di aver donato il proprio sperma, in forma anonima, per la nascita di oltre 100 bambini in 12 Paesi diversi. Ha spiegato Durov al
quotidiano politico francese:

Sono tutti figli miei e avranno tutti gli stessi diritti!

Non voglio che si distruggano a vicenda dopo la mia morte.

Durov e l’insegnamento che si nasconde dietro l’eredità

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L’eredità di Durov sarà divisa tra i suoi 106 figli. Visto l’ingente ammontare comunque ognuno potrà godere di circa 131 milioni di dollari. Il magnate russo della tecnologia ha spiegato, però, che i suoi figli non avranno subito accesso all’eredità:

Ho deciso che i miei figli non avranno accesso alla mia fortuna prima che siano trascorsi 30 anni, a partire da oggi.

Voglio che vivano come persone normali, che si costruiscano da soli, che imparino ad avere fiducia in sé stessi, che siano in grado di creare, che non dipendano da un conto in banca.

Nessuno dei miei figli potrà accedere all’eredità prima del 19 giugno 2055.

Pavel, inoltre, ci tiene a sottolineare che non vi sono differenze tra i suoi figli: “Voglio chiarire che per me non esiste alcuna differenza tra i figli concepiti naturalmente e quelli nati grazie alle mie donazioni: sono tutti miei figli e avranno pari diritti”.

Pavel Durov, espressione del movimento pronatalista

Non è un caso che nella Silicon Valley o nell’universo high tech in generale, trovare esempi di miliardari pronti a investire nel mercato della riproduzione. Da anni il movimento pronatalista spinge in questa direzione, per scongiurare il crollo demografico. Per pronatalista si intende qualsiasi azione o politica che incoraggi la riproduzione.

Il movimento esiste da un secolo, già dalla prima guerra mondiale, quando furono approvate leggi che proibivano l’uso dei contraccettivi e dell’aborto. Tra i suoi sostenitori più accaniti ci sono Elon Musk e il CEO di OpenAI, Sam Altman, il quale ha investito in diverse startup di tecnologia riproduttiva e sta finanziando ricerche per creare ovuli umani da cellule staminali. Mentre Jaan Tallinn, co-fondatore di Skype, ha donato mezzo milione di dollari alla fondazione pronatalista di Simone e Malcolm Collins, diventata punto di riferimento del movimento.

Chi è Pavel Durov

Pavel Durov nasce a Leningrado, nel 1984, ma cresce a Torino. Durante l’adolescenza torna in Russia, pur non avendo un buon rapporto con il suo paese d’origine. Nel 2006 fonda, insieme al fratello Nikolai, VKontakte, un social network simile a Facebook che diventa il più usato in Russia. Nel 2014, tuttavia, si dimette dalla società che lui stesso ha creato, spiegandone così le ragioni:

Il Paese è incompatibile con il business di internet, al momento.

Il suo obiettivo era quello di abbracciare i principi di libertà abbattendo qualsiasi confine nazionale. Da qui l’idea di realizzare un portale di comunicazione sicura, veloce e priva di controlli e manipolazioni politiche: così nel 2013 nasce Telegram.

Durov oggi ha 40 anni, ha lasciato la Russia nel 2014, e nel 2017 si è trasferito a Dubai. Oggi la piattaforma da lui creata è tra le cinque app più scaricate a livello globale, e ha come obiettivo quello di mantenere attiva “la privacy degli utenti e dei diritti fondamentali umani come la libertà di parola e di assemblea”.

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Michela Sacchetti
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