Un nuovo farmaco sperimentale, chiamato Trontinemab, promette di rivoluzionare il trattamento dell’Alzheimer.
Secondo gli ultimi dati clinici, è in grado di rimuovere in modo mirato i marcatori della malattia senza generare effetti collaterali significativi.
La scoperta rappresenta un passo importante nella lotta contro una delle patologie neurodegenerative più diffuse e devastanti al mondo e potrebbe essere un potente strumento per combattere la demenza.
I risultati ottenuti alla conferenza internazionale dell’Alzheimer’s Association tenutasi a Toronto, in Canada, hanno dimostrato che questo trattamento “rivoluzionario” elimina le placche nel cervello associate all’Alzheimer.
Nel 90% dei pazienti a cui è stato prescritto il Trontinemab si è osservata la scomparsa dell’amiloide entro 28 settimane, il che significa che i marcatori visibili della malattia erano stati eliminati.
Gli esperti sperano che questi cambiamenti portino anche a un miglioramento della memoria e del funzionamento del cervello. Secondo il Telegraph, è attualmente in corso una sperimentazione su 1.600 pazienti.
Cos’è Trontinemab e come agisce contro l’Alzheimer?
Trontinemab è un anticorpo monoclonale sperimentale sviluppato dalla biotech svizzera Roche, attraverso la sua divisione Roche Pharmaceuticals e Genentech.
È stato progettato per superare la barriera ematoencefalica e colpire in modo selettivo la beta-amiloide, la proteina associata ai depositi cerebrali tipici dell’Alzheimer.
A differenza di altri farmaci simili, Trontinemab integra una tecnologia chiamata Brain Shuttle, che facilita il passaggio dell’anticorpo nel cervello.
Una volta raggiunto il sistema nervoso centrale, l’anticorpo si lega alle placche amiloidi e ne favorisce la rimozione, stimolando la risposta immunitaria naturale dell’organismo.
Bisogna sapere che, nel contesto della malattia di Alzheimer, vi sono alcuni principali marcatori biologici, tra cui le placche di beta-amiloide, ossia accumuli anomali di proteine tra i neuroni, che ostacolano la comunicazione sinaptica.
Trontinemab agisce proprio su questi marcatori, considerati il bersaglio primario nella fase iniziale della malattia.
Perché Trontinemab è considerato rivoluzionario?

Gli esperti ritengono che potrebbe diventare il primo farmaco contro l’Alzheimer a essere finanziato dal Servizio Sanitario Nazionale britannico, grazie alle sue proprietà e alla mancanza di effetti collaterali.
Il professor Sir John Hardy, presidente del dipartimento di biologia molecolare delle malattie neurologiche presso l’Institute of Neurology dell’University College di Londra, ha affermato che il farmaco potrebbe essere «rivoluzionario».
I motivi per cui Trontinemab è visto come un farmaco potenzialmente rivoluzionario sono diversi:
- efficacia mirata: colpisce in modo specifico le placche amiloidi senza danneggiare altri tessuti cerebrali
- tecnologia Brain Shuttle: consente di superare la barriera ematoencefalica in modo sicuro ed efficiente, un ostacolo che ha limitato molti farmaci simili
- assenza di effetti collaterali gravi: secondo i dati preliminari, il farmaco non ha causato edemi cerebrali o microemorragie, problemi spesso associati a terapie anti-amiloidi
- somministrazione controllata: può essere dosato in modo preciso per adattarsi alla risposta del paziente
Sperimentazione e prospettive future
Trontinemab, come già detto, è attualmente in fase di sviluppo preclinico e prime fasi cliniche.
Proprio in questi giorni sono stati pubblicati da Roche i primi risultati relativi alla sicurezza e tollerabilità del farmaco su un piccolo gruppo di pazienti. Gli esiti sono stati incoraggianti: il trattamento ha mostrato una rimozione significativa delle placche di beta-amiloide senza effetti neurologici indesiderati.
L’azienda prevede di avviare nel 2026 una fase 2 su larga scala, per valutare l’efficacia clinica del farmaco su pazienti con Alzheimer in fase precoce o lieve.
Se le fasi cliniche successive confermeranno l’efficacia di Trontinemab, il farmaco potrebbe diventare uno dei trattamenti di riferimento per l’Alzheimer, soprattutto nelle fasi iniziali della malattia. Questo comporterebbe:
- diagnosi più tempestive, con possibilità di trattamento prima della comparsa di sintomi gravi
- riduzione del declino cognitivo, con maggiore autonomia per i pazienti
- migliore qualità della vita anche per i caregiver, grazie a una gestione più stabile della malattia
Trontinemab potrebbe rappresentare la nuova frontiera della terapia anti-amiloide, finalmente sicura, mirata ed efficace.
Leggi anche: Trenta dottorati per rivoluzionare scienza e salute pubblica in Italia