Terapia rivoluzionaria a Napoli, 38enne recupera la vista: “Ricomincio a vivere”

Un giovane affetto dalla sindrome di Usher ha recuperato la vista, dopo essersi sottoposto a una terapia genica in Campania. È le prima volta al mondo che succede.

Giorgia Fazio
Giorgia Fazio
Estremamente curiosa di questioni attuali, diritti umani e ambiente. Nel tempo libero legge testi di filosofia orientale. Se non c’è differenza non c’è relazione” è il suo mantra.
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Antonio D’Amore, 38enne affetto dalla sindrome di Usher di tipo 1B, ha recuperato la vista sia da vicino che da lontano, dopo essersi sottoposto a un intervento innovativo in Campania, nel 2024.

Il paziente ha affrontato una terapia genica che ha dato dei risultati ottimi. Per la prima volta al mondo, infatti, si assiste a una riacquisizione totale della vista in soggetti affetti dalla sindrome sopracitata.

Terapia genica rivoluzionaria

Il 38enne Antonio D’Amore ha recuperato completamente la vista, sia da vicino che da lontano, e anche in condizioni di scarsa luminosità, grazie a un intervento a cui si è sottoposto a luglio 2024. Affetto dalla sindrome di Usher di tipo 1B, che comporta cecità e sordità, l’uomo ha deciso di essere il primo paziente al mondo a provare la nuova terapia genica.

Il paziente è stato preso in cura presso la clinica oculistica dell’Università degli Studi della Campania Vanvitelli. Nello specifico, la terapia “a doppio vettore” è stata sviluppata nell’Istituto Telethon di Genetica e medicina di Pozzuoli, in provincia di Napoli.

Dopo D’Amore, tra ottobre 2024 e aprile 2025, altri sette pazienti sono stati sottoposti allo stesso trattamento, conferendo maggiore sicurezza alla nuova terapia. Napoli, inoltre, è il centro principale della sperimentazione e l’unico al mondo dove sono stati avviati i trattamenti per vedere i risultati della cura.

A dare maggiori delucidazioni sulla terapia genica è stata Francesca Simonelli, direttrice della clinica oculistica Vanvitelli, la quale ha commentato:

L’intervento di terapia genica non è, in sé, particolarmente complesso, si svolge in anestesia generale e prevede di iniettare nello spazio al di sotto della retina due vettori virali distinti che trasportano ciascuno metà dell’informazione genetica necessaria per produrre la proteina che manca nei pazienti.

Il recupero dall’intervento è rapido e l’effetto sull’acuità visiva è visibile già dopo pochi giorni: a due settimane di distanza, il primo paziente mostrava già un miglioramento della capacità visiva e a un mese era in grado di vedere meglio anche in condizioni di scarsa luminosità.

A oggi gli è stata restituita la vista.

Leggi anche: Un intervento a Torino ridona la vista a bimbo di Gaza: “Una gioia immensa”

Dopo questa terapia “inizio a vivere

Prima dell’intervento, D’Amore aveva una vista inferiore a un decimo, mentre oggi riesce a vedere anche i contorni del campo visivo. Queste sono state le sue parole, una volta constatati i risultati positivi della terapia:

Ho accettato di essere il primo paziente, non solo per me, ma per tutti quelli che vivono le mie stesse difficoltà.

Prima della terapia genica tutto era confuso, indistinto, ora invece riesco a uscire la sera da solo, riconosco i colleghi, le forme degli oggetti, leggo i sottotitoli in tv anche da lontano, vedo le corsie del magazzino dove lavoro senza inciampare.

Non è solo vedere meglio: è iniziare a vivere.

Al 38enne è stata somministrata la dose più bassa prevista nello studio internazionale di fase I/II LUCE-1, sponsorizzato da AAVantgarde Bio, azienda biotecnologica, spin-off dell’Istituto della Fondazione Telethon. Lo studio ha coinvolto anche il Moorsfield Eye Hospital e la The Retina Clinic di Londra.

La cura, quindi, è stata somministrata anche ad altri 7 pazienti con sindrome di Usher di tipo 1B, i quali sono stati trattai per metà con la dose più bassa e per l’altra metà con una dose intermedia. A breve verranno coinvolti altri 7 pazienti, sui quali sarà testato l’effetto di un terzo dosaggio più elevato. Simonelli ha detto a riguardo:

I dati preliminari raccolti sugli altri 7 pazienti trattati finora, confermano la sicurezza e tollerabilità della terapia genica.

Non si sono registrati eventi avversi seri a nessuna delle due dosi testate e l’infiammazione oculare osservata in alcuni pazienti è poco frequente, limitata e si risolve con una terapia a base di corticosteroidi.

Questi risultati molto incoraggianti costituiscono una speranza per tanti pazienti con malattie retiniche ereditarie.

Il nuovo metodo, frutto della ricerca italiana, potrà aiutare a recuperare o preservare la funzione visiva di chi soffre della sindrome di Usher di tipo 1B, ma anche di pazienti con altre patologie ereditarie dell’occhio che dipendono da difetti in geni che finora non potevano essere trasferiti attraverso le procedure standard di terapia genica.

Si aggiunge anche il commento di Orazio Schillaci, ministro della Salute, che ha espresso soddisfazione per il risultato ottenuto: “Oggi celebriamo non solo un successo della medicina, ma la reale possibilità di ridare speranza a chi, fino a ieri, non aveva alcuna prospettiva terapeutica. Diagnosi certe, terapie più mirate, percorsi accessibili su tutto il territorio della nostra nazione: è questo il nostro impegno“.

Leggi anche: La terapia genica sperimentale che ridona la vista ai bambini

La sindrome di Usher

La sindrome di Usher di tipo 1B è una malattia ereditaria rara, che colpisce circa 20 mila persone tar Stati Uniti ed Europa. Si verifica a causa di una mutazione del gene MYO7A e si manifesta con sordità alla nascita, disfunzioni vestibolari e con la perdita progressiva della vista nei primi dieci anni di vita. Sulla difficoltà nel trattamento della malattia è intervenuta Simonelli:

Mentre è possibile trattare la sordità, non esistono terapie che possano curare la Retinite pigmentosa.

La terapia genica, con cui si trasferiscono nei pazienti versioni corrette dei geni responsabili della loro malattia, è una possibilità di intervento ma finora nella sindrome di Usher di tipo 1B era impraticabile a causa delle caratteristiche del gene MYO7A, troppo grande per essere trasferito con uno dei vettori virali usati oggi per correggere i difetti genetici oculari.

Maria Rosaria Campitiello, Capo Dipartimento della prevenzione, della ricerca e delle emergenze sanitarie del Ministero della Salute, ha aggiunto, poi, quanto importante sia stato l’apporto della terapia genica sviluppata a Napoli:

La Sindrome di Usher rappresenta una delle sfide più complesse della medicina moderna.

Grazie al talento, alla competenza e alla collaborazione virtuosa tra Istituzioni, mondo accademico, ricerca e territorio, oggi celebriamo con orgoglio un risultato concreto e tangibile.

Questo traguardo descrive l’eccellenza della ricerca pubblica italiana e la sua straordinaria capacità di trasformare visione e dedizione in progresso reale per il Paese.

Il trattamento sperimentale di terapia genica a doppio vettore, applicato dalla Clinica Oculistica dell’Università Vanvitelli rappresenta una pietra miliare nel campo delle malattie genetiche rare.

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