La violenza sulle donne cambia il loro DNA: il ruolo chiave dell’epigenetica

Non solo effetti psicologici della violenza sulle donne, ma anche effetti sul DNA: il ruolo chiave dell'epigenetica. L'intervista a Simona Gaudi.

Maria Ida Romeo
Maria Ida Romeo
Nata nel 2000, studiosa di giornalismo e amante del teatro, fa della comicità il suo sguardo sulla realtà. Sempre in bilico tra carta e scena, crede che le storie migliori nascano dagli imprevisti.
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La violenza sulle donne modifica la loro biologia, agendo finanche sul genoma. Si tende a pensare che le ripercussioni siano solo di tipo psicologico, ma non è così. Ne parliamo con Simona Gaudi, coordinatrice del progetto di ricerca, EpiWE (Epigenetics for Women).

La violenza può influire sul genoma di una donna. A dirlo è questo studio, condotto dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss) e finanziato dal Ministero della Salute che, nato come progetto pilota, si è ampliato e consolidato grazie all’azione di diverse regioni italiane (Campania, Lazio, Liguria, Lombardia e Puglia). EpiWE, infatti, ha evidenziato come la violenza alteri, attraverso modificazioni epigenetiche, la funzionalità del Dna delle vittime.

Si tratterebbe di vere e proprie “cicatrici” sul DNA. EpiWE lo testimonia raccogliendo campioni biologici di donne che hanno subito violenza, insieme a questionari dettagliati sul contesto vissuto, gli stili di vita, il rischio di recidiva e la presenza di malattie legate allo stress.

Prevenire gli effetti della violenza con l’epigenetica, l’intervista a Simona Gaudi

1. La violenza subita può lasciare un’impronta biologica, come queste “cicatrici epigenetiche” potrebbero essere reversibili?

Sapere che il trauma, e in questo caso la violenza in tutte le sue forme, possa lasciare un segno, non deve spaventare, ma portare alla consapevolezza che bisogna mettere in atto delle strategie di prevenzione per limitare l’insorgenza di patologie non trasmissibili, di cui la violenza sicuramente contribuisce in una manifestazione precoce.

2. L’epigenetica può diventare un alleato per restituire potere alle donne vittime di violenza: come?

Sapere che il nostro genoma “registra” il trauma non vuol dire non avere una via di scampo, ma attribuire alla violenza tutta l’importanza e la gravità che richiede per essere arginata. La violenza è molto più frequente di quanto non si immagini e potere identificare i segni precoci di un possibile effetto negativo è estremamente importante. La prevenzione al centro della salute delle donne.

3. Il tuo studio EpiWE si incentra su strumenti in grado di leggere la violenza nel DNA. Quali sono i vantaggi concreti?

Il profilo epigenetico di una persona è dinamico, quindi i “danni” potrebbero essere reversibili. Studiare il profilo epigenetico non è stigmatizzante come identificare una mutazione nel DNA, responsabile della suscettibilità verso i tumori.

Ad oggi, però, non sappiamo se anche il profilo epigenetico potrà contribuire ad una valutazione medico legale del danno che la violenza subita potrebbe causare nella donna. Quello che speriamo di potere attuare è la valutazione di un profilo di rischio al quale rispondere con protocolli di prevenzione di precisione.

4. A livello di salute pubblica, che cambiamenti comporta tener conto dell’epigenoma delle donne vittime di violenza? 

Ci auguriamo che la violenza possa essere considerata come un fattore in grado di fare ammalare, non dimentichiamoci anche della violenza assistita che, a livello molecolare, non si distingue da quella subita. Ciò che ci auspichiamo è che vengano messe in atto misure preventive per la donna e i suoi figli. Un passo avanti è stato fatto in alcune regioni dove la donna che ha subito violenza ha esenzione almeno per il primo anno dai ticket per le visite specialistiche.

4. Come vivono e affrontano la partecipazione allo studio EpiWE le donne che hanno subito violenza ?

Sinceramente, penso che le donne che hanno aderito allo studio siamo molto motivate, non hanno bisogno di incoraggiamento, hanno il desiderio di condividere il loro dolore e partecipare ad una ricerca che possa dare un futuro in salute a loro e ai loro figli. Ora abbiamo bisogno di raggiungere una certa numerosità delle donne che hanno subito violenza per dare una forza statistica significativa, ma in futuro speriamo di mettere in atto strategie preventive a misura di donna.

5. La violenza ha effetti non solo psicologici, ma anche biologici perché non se n’è mai parlato finora?

Perché mancavano le tecnologie. Oggi quelle omiche, e tra queste in primis l’epigenomica, ci consentono, finalmente, di quantificare e identificare dei marker molecolari associabili alla violenza, ciò che una volta la psicologia e la sociologia mostravano come evidenze, adesso la biologia le traduce in cicatrici sul DNA, che possono essere curate.

Leggi anche: La violenza sulle donne lascia cicatrici nel DNA: “L’analisi del sangue previene altri traumi”

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