La celiachia potrà essere diagnosticata grazie a un nuovo esame del sangue, sviluppato in Australia, senza dover ricorrere, per una diagnosi accurata, alla reintroduzione nella dieta di alimenti che contengono glutine. Oggi, infatti, per la diagnosi della malattia occorre sottoporsi a un lungo ed estenuante protocollo: mangiare glutine per settimane per poi sottoporsi a una gastroscopia con biopsia intestinale. Così molte persone, scoraggiate, evitano di sottoporsi al percorso, senza sapere la diagnosi.
Con questo nuovo esame la diagnosi della malattia auto-immune si semplifica, accelera ed è più sicura con il nuovo test per la celiachia.
Nuovo test per la celiachia
Il nuovo test per la celiachia si basa su un semplice esame del sangue che non richiede l’assunzione di glutine. L’identificazione della celiachia avviene tramite la rilevazione del rilascio di interleuchina-2 (IL-2), un marcatore immunitario scoperto nel 2019 dai ricercatori del Walter and Eliza Hall Institute (WEHI) di Parkville, in collaborazione con il dottor Robert Anderson (ora alla Novoviah Pharmaceuticals di Brisbane). Hanno ricordato gli sviluppatori del nuovo test diagnostico, come riportato da Fanpage:
I tradizionali metodi di diagnosi della celiachia, che includono esami del sangue e biopsie intestinali, richiedono il consumo regolare di glutine per essere affidabili.
Di conseguenza, in tanti non cercano una conferma della malattia perché non vogliono assumere glutine e stare male.
Nelle persone con celiachia i livelli di questo marcatore aumentano, dopo il consumo di glutine, ma questa reazione può essere rilevata anche senza assumere tale complesso proteico, ma eseguendo direttamente “in provetta” un test di provocazione con il glutine.
Lo studio: testati 181 campioni di sangue

In un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Gastroenterology, i ricercatori hanno testato questo nuovo metodo su campioni di sangue appartenenti a 181 persone di cui 75 con celiachia e dieta senza glutine, 13 con celiachia attiva, 32 con sensibilità al glutine non celiaca e 61 soggetti di controllo sani. I campioni sono stati provati con il test di provocazione al glutine “in provetta” consentendo di rilevare, anche nei pazienti che seguivano una dieta senza glutine, una sensibilità fino al 90% e una specificità del 97%. Al riguardo, la dottoressa Olivia Moscatelli, ricercatrice del WEHI e prima autrice dello studio, ha così rilevato:
Il test è un nuovo strumento promettente a supporto della diagnosi, soprattutto per le persone che non possono accertare la celiachia con i test attualmente disponibili.
Abbiamo anche scoperto che l’intensità del segnale dell’interleuchina-2 è correlata alla gravità dei sintomi della celiachia, consentendoci di prevedere la gravità della reazione al glutine senza che sia necessario consumarlo.
Questo test sarebbe in grado anche di individuare la cosiddetta “celiachia silenziosa”, ossia quella presente senza sintomi evidenti ma con danni intestinali in corso. Il test funzionerebbe persino in presenza di altre malattie autoimmuni come diabete di tipo 1 o tiroidite di Hashimoto, condizioni che creano dei falsi positivi negli esami tradizionali. Ha spiegato Moscatelli: “La tecnologia che usiamo è altamente sensibile e può rilevare il segnale IL-2 a livelli eccezionalmente bassi. È come riuscire a rilevare un singolo granello di sabbia in una piscina”.
L’obiettivo è quello di rendere disponibile il test per l’uso clinico entro due anni. Per questo il team del WEHI sta collaborando con la Novoviah Pharmaceuticals, al fine di confermare l’accuratezza del test su popolazioni più diverse e raccogliendo i dati necessari per le approvazioni.
Leggi anche: Gemelle siamesi separate a Genova dopo 12 ore d’intervento, coinvolti 50 medici