Una ricerca condotta presso l’università di Verona ha dimostrato come la stanchezza possa essere determinata da un calcolo sbagliato che avviene nel cervello. Lo studio si inserisce nell’ambito del programma MNESYS sulle neuroscienze ed è stato condotto dalle docenti Mirta Fiorio e Angela Marotta.
A farlo sapere è Tgcom24, che ha riportato i punti salienti della ricerca. Nello specifico, si è compreso che quando si vuole compiere un’azione, il cervello “prevede” le sensazioni che proverà affrontandolo e ne regola l’intensità percepita.
Per risolvere tale situazione, dunque, gli esperti propongono di svolgere attività fisiche come yoga o pilates, che aiutano ad aumentare la consapevolezza del proprio corpo.
Lo studio sulla stanchezza
È stato compiuto uno studio presso l’Università di Verona sulla stanchezza che colpisce numerosi italiani, soprattutto in concomitanza dei cambi di stagione. Stando a quanto riportato da Tgcom24, secondo i ricercatori si tratterebbe di un’incapacità del cervello a valutare gli sforzi compiuti.
È stato riscontrato, infatti, che il 10% delle persone in Italia si sveglia già stanco al mattino e non riesce a riprendersi neanche dopo essersi riposato. Questo tipo di malessere si accentua in concomitanza dei cambi di stagione, soprattutto dell’autunno.
A influire, dunque, sono i cambiamenti di temperatura, di luce e di tutto ciò che questi elementi comportano nella routine di ognuno, determinando un accrescimento della sensazione di fatica. A essere presi in considerazione dallo studio oltre novanta centri in tutto il Paese.
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Come funziona il nostro cervello?

Mirta Fiorio e Angela Marotta, del Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento dell’Università di Verona, principali promotrici della ricerca, hanno dimostrato come la stanchezza possa dipendere da un “cortocircuito” che avviene nel cervello, nel momento in cui deve compiere un’azione.
Nello specifico Fiorio, professoressa ordinario di neuropsicologia dell’Università di Verona, ha spiegato come si verifichi un “difetto” cerebrale nel processo che integra le informazioni sensoriali e motorie che arrivano al cervello e che sono indispensabili per il controllo volontario delle azioni.
Il cervello, infatti, nel momento in cui si vuole compiere un gesto, “prevede” le sensazioni che si proveranno e regola l’intensità con cui esse verranno percepite. Ecco quanto affermato dalla docente:
La fatica è utile, serve a proteggerci da uno stress eccessivo che potrebbe essere dannoso per il benessere fisico e mentale.
Può però diventare un problema, se è così pervasiva da non risolversi neanche con il riposo o se è un tratto di personalità, una tendenza a sentirci stanchi ancora prima di agire.
I nostri dati mostrano che esiste una stretta relazione fra la stanchezza e un ‘difetto’ nel processo che integra le informazioni sensoriali e motorie che arrivano al cervello e che è fondamentale per il controllo volontario delle azioni.
Quando vogliamo compiere un gesto, infatti, il cervello ‘prevede’ sulla base dell’esperienza le sensazioni che proverà affrontandolo e ne regola l’intensità percepita.
Angela Marotta, del Dipartimento di Neuroscienze dell’ateneo veronese, invece, ha poi aggiunto:
Studiando 77 persone con Parkinson o disturbi neurologici funzionali in cui la fatica è un sintomo frequente e invalidante, utilizzando un test di forza target (cioè la pressione esercitata su un dito da un braccio robotizzato) si è visto che nei pazienti con stanchezza patologica, e non in quelli senza, le sensazioni motorie vengono percepite più intense del dovuto.
Così il cervello diventa meno preciso ed attribuisce un livello di sforzo maggiore alle proprie azioni e ritenerle perciò più faticose di quanto siano in realtà.
La fatica patologica sembra derivare dal ripetersi di queste previsioni errate associate al movimento.
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La soluzione alla stanchezza
I ricercatori, dunque, non solo sono riusciti a notare il “cortocircuito” che avviene nel cervello quando si devono compiere determinate azioni, ma hanno fatto luce su possibili soluzioni. A tal proposito, Fiorio ha dichiarato quanto riporta Tgcom24:
Anche in chi ha la tendenza più marcata a sentirsi affaticato nella vita di tutti i giorni il cervello ha una minore capacità di ridurre l’intensità delle sensazioni che provengono dai propri movimenti.
Questo fa ritenere le azioni più faticose del dovuto.
Ciò spiega perché sentirsi affaticati spesso si accompagna alla sensazione di non essere pienamente in grado di portare a termine i compiti che ci prefiggiamo, come se qualcosa ci impedisse appunto di avere il pieno controllo delle nostre azioni.
Sulla base di questi primi risultati potremmo perciò ipotizzare nuove strategie di intervento, preventive e di trattamento per migliorare la qualità di vita di chi convive con la fatica patologica e anche di chi ha una predisposizione a sentirsi privo di energie.
Ecco, quindi, l’importanza che attività come yoga o pilates, che amplificano la connessione con il corpo, hanno per la salute di ognuno di noi. Conclude Fiorio: “Potrebbero rappresentare un utile allenamento per il nostro cervello a prevedere in modo corretto le sensazioni legate al movimento, prevenendo così il senso di stanchezza“.