Istat: “Un milione di poveri in meno con il reddito di cittadinanza”

L'Istat ha comunicato l'esito del suo rapporto annuale. Dai dati emerge come il reddito di cittadinanza abbia evitato un milione di poveri in meno.

Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.
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Secondo il rapporto annuale Istat il reddito di cittadinanza e in generale le misure di sostegno economico erogate nel 2020 hanno evitato a un milione di persone di trovarsi in una condizione di povertà assoluta. Senza sussidi l’intensità di povertà sarebbe stata di 10 punti percentuali più elevata.

D’altra parte dal 2005 al 2021 il numero di individui in povertà assoluta è triplicato, passando da 1,9 a 5,6 milioni. Sono maggiormente i giovani tra i 18 e i 34 anni a trovarsi in condizioni difficili.

Da questi dati si deduce che eliminare del tutto il reddito di cittadinanza, come vogliono alcuni partiti politici o datori di lavoro, andrebbe a peggiorare la già aggravata condizione di povertà.

Reddito di cittadinanza e povertà: qual è la situazione

reddito di cittadinanza

Secondo i dati relativi al rapporto annuale dell’Istat sarebbero 4 milioni i dipendenti, 29,5% del totale, che percepiscono 8,41 euro all’ora e una retribuzione totale inferiore ai 12mila euro annui.

E ancora 1,3 milioni di dipendenti, 9,4% del totale, risultano al di sotto della soglia di bassa retribuzione oraria corrispondente a 8,41 euro. Inoltre pare che in alcune famiglie l’unico occupato appartenga alla categoria dei non-standard, corrispondente a un lavoratore a tempo determinato. Questa tipologia rientra negli occupati vulnerabili, che possono esserlo doppiamente se oltre a tempo determinato o collaboratori sono anche part-time.

Reddito di cittadinanza e inflazione

Intanto l’inflazione si fa sempre più sentire in Italia, andando a influire sul potere d’acquisto e di conseguenza sui salari, in media già più bassi rispetto al resto dell’Europa. Se la crescita dei prezzi dovesse proseguire potrebbe determinare a fine anno una variazione del 6,4%, secondo l’Istat, che specifica:

Senza rinnovi o meccanismi di adeguamento ci sarebbe un’importante diminuzione delle retribuzioni contrattuali in termini reali che, a fine 2022, tornerebbero sotto i valori del 2009.

In più nel 2021 i salari per dipendente sono aumentati dello 0,7%, come pure nei primi mesi del 2022. Ancora l’Istat lancia una previsione, vista l’accelerazione dell’inflazione negli ultimi mesi, che in misura percentuale è stata più elevata per alcune famiglie più povere:

Aumentano le disuguaglianze, poiché la riduzione del potere d’acquisto è particolarmente marcata proprio tra le famiglie con forti vincoli di bilancio.

Per loro l’inflazione riguarda beni e servizi essenziali, il cui consumo difficilmente può essere ridotto.

Oltre agli alimentari vi figura la spesa per l’energia, che questo segmento di famiglie destina per il 63% all’acquisto di beni energetici a uso domestico.

Leggi anche: Il Reddito di Cittadinanza, misura eccessiva o necessaria?

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