Omicron: quanto tempo si rimane positivi e per quanto si può contagiare

La variante Omicron differisce dalle altre, con delle peculiarità proprie. Ci si chiede per quanto tempo si può rimanere positivi e quanto risulta contagiosa.

Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.
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Riguardo alla positività di Omicron e quanto possa durare non c’è una risposta chiara ed esaustiva al riguardo. Studi hanno dimostrato che non c’è una risposta valida per tutti. Ad influire però è certamente la gravità della malattia. Le persone asintomatiche e i vaccinati tendono a negativizzarsi prima.

In riferimento invece alla capacità di infettare diversi studi dimostrano come si sia più contagiosi nei giorni in cui compaiono i primi sintomi.

Omicron: questioni sulla contagiosità

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Riguardo alla capacità di infettare si sarebbe più contagiosi nei giorni in cui compaiono i sintomi. Da una ricerca statunitense pubblicata su Clinical Infectious Diseases sul coronavirus in generale emergerebbe come l’infettività diminuisca col passare dei giorni. Si può arrivare a zero dopo circa 10 giorni nei pazienti con sintomi lievi o moderati, mentre nei pazienti più critici si giunge anche a 15 giorni. Si è osservato che in alcuni casi si può rimanere infetti anche fino a 20 giorni.

Inoltre rispetto ad altre varianti con Omicron la contagiosità avverrebbe più tardi, nei tre giorni successivi al manifestarsi della malattia, e risulterebbe più contagiosa, pur avendo una carica virale minore rispetto alle altre varianti. Di conseguenza porterebbe a forme meno gravi di Covid.

Lo conferma anche lo studio dell’University of California di Berkeley, in base al quale su 2 gruppi di pazienti che si sono ammalati con Delta e Omicron, su quest’ultimo emergerebbe un rischio di ricovero minore del 52%, in terapia intensiva del 74% e di morte del 91%. Anche se i ricercatori al riguardo precisano: “Gli alti tassi d’infezione possono comunque sopraffare i sistemi sanitari e tradursi in un numero assoluto elevato di ricoveri e decessi”.

Anche nei bambini al di sotto dei cinque anni, per i quali non è ancora disponibile il vaccino, Omicron causa forme meno aggressive di Covid, confermato studio condotto dalla Case Western Reserve University School of Medicine di Cleveland. Anche in questo caso i ricercatori avvertono: “Monitorare le conseguenze acute a lungo termine dell’infezione da Omicron e la propensione allo sviluppo di long-Covid”.

Omicron: quali sono i sintomi

Diversi studi hanno dimostrato come la variante Omicron non tocchi le basse vie respiratorie, motivo che può esserci alla base della minor carica virale e del fatto che rispetto ad esempio alla variante Delta ci si negativizzi molto prima.

I sintomi più frequenti sono: tosse, dolori articolari e muscolari, febbre, la mancanza di gusto e olfatto. Nei casi gravi si riscontrano anche problemi respiratori, perdita di concentrazione, vertigini e polmonite. Gli effetti di questi sintomi possono essere più o meno duraturi.

Nei bambini invece i sintomi sono più lievi rispetto agli adulti, anche se variano in base all’età. Molti di loro si infettano ma rimangono asintomatici e potrebbero però soffrire di Mis-C, sindrome infiammatoria multisistemica.

Leggi anche: “Con Omicron fine della pandemia”: per Bassetti Oms ha perso credibilità

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