Università e ricerca, il nuovo decreto è legge: tutte le novità

Approvato dalla Camera, il decreto introduce importanti novità per il mondo dell’istruzione superiore: stabilizzazioni, finanziamenti per il Sud e più tutele per studenti, ricercatori e medici.

Gloria Caruso
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La scrittura è una strada di cui seguire la rotta, per muoversi con determinazione tra fatti e parole. L’informazione vale solo se è fatta bene: con gli occhi attenti e la mente aperta.
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Un passo avanti importante per il mondo accademico e della ricerca. Come riporta Quotidiano Sanità, con 149 voti favorevoli e 91 contrari, la Camera ha dato il via libera definitivo al cosiddetto “Decreto Università”, trasformandolo in legge. Un testo ricco di misure strutturali che promettono di rafforzare il sistema della formazione superiore italiana, con ricadute tangibili anche in ambito sanitario.

Il via libera definitivo al Decreto Università rappresenta un segnale forte e concreto verso una visione moderna del sistema formativo e scientifico italiano. Rafforzare gli enti, proteggere studenti e docenti, integrare formazione e assistenza sanitaria: tutto questo converge verso un unico obiettivo, rendere l’Italia un Paese più competitivo, giusto e sicuro.

Dalle stabilizzazioni del personale precario all’estensione della tutela Inail per studenti e docenti, passando per nuovi fondi destinati alla ricerca nel Mezzogiorno: ecco cosa cambia.

Cosa prevede il Decreto Università

Tra i punti centrali della nuova legge c’è il potenziamento degli enti pubblici di ricerca. Il decreto amplia l’uso dei finanziamenti ministeriali, estendendoli non solo alle infrastrutture scientifiche, ma anche alle collaborazioni internazionali.

Nasce inoltre un fondo sperimentale triennale per alzare il livello qualitativo delle attività scientifiche e tecnologiche svolte dagli EPR (Enti Pubblici di Ricerca).

Il provvedimento punta anche a contrastare il precariato nelle strutture come il CNR, prevedendo nuove procedure di stabilizzazione del personale. Un segnale concreto verso la valorizzazione delle competenze e la costruzione di percorsi professionali solidi nel settore della conoscenza.

Il decreto investe anche sul rafforzamento del Ministero dell’università e della ricerca, che potrà contare su più personale e una maggiore capacità assunzionale. L’obiettivo è garantire un’efficace gestione dei fondi del PNRR e una spinta decisiva alla digitalizzazione del sistema universitario. Un cambio di passo necessario per rendere l’amministrazione pubblica più snella e reattiva, soprattutto nei progetti di innovazione.

Nuovo rapporto tra salute e formazione

Una delle novità più significative arriva dal mondo della sanità. Grazie all’articolo 6 del decreto, le aziende ospedaliero-universitarie potranno impiegare con maggiore flessibilità il personale sanitario già in servizio per affiancare i medici in formazione specialistica.

Questa semplificazione normativa ha un duplice effetto: da un lato migliora la qualità della formazione medica, rendendola più concreta e integrata nei contesti reali; dall’altro, rafforza la continuità dell’assistenza sanitaria ai cittadini.

Sicurezza a scuola e in università

Il decreto stabilizza in via definitiva una misura introdotta in forma sperimentale negli ultimi anni: la copertura assicurativa Inail contro infortuni e malattie professionali per studenti, docenti e personale scolastico. Non solo per attività pratiche o di laboratorio, ma anche per quelle teoriche o didattiche.

Una scelta che rafforza il principio della sicurezza come diritto fondamentale in ogni ambiente formativo. Un passo avanti che allinea l’istruzione al mondo del lavoro sul fronte delle tutele, ponendo al centro la salute di chi ogni giorno contribuisce alla crescita culturale del Paese.

150 milioni per il Sud

Ministra Bernini.

Con l’articolo 5, il decreto assegna 150 milioni di euro al Piano “Ricerca-Sud 2021-2027”. Una misura che, pur non riguardando direttamente il settore sanitario, potrebbe avere importanti ricadute in termini di salute pubblica.

Investire nella ricerca nelle regioni meridionali significa infatti creare infrastrutture, competenze e progetti capaci di innovare anche il sistema sanitario, soprattutto nelle aree più fragili.

Particolare attenzione sarà data alla ricerca biomedica, con potenziali benefici sulla qualità e l’accessibilità delle cure. Una sfida strategica per colmare il divario tra Nord e Sud e garantire pari opportunità di salute e sviluppo.

Leggi anche: Nuovo ingresso alla facoltà di Medicina: “Oltre 54.000 iscritti dopo la riforma”

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