Ieri, 8 maggio, dopo la fumata bianca, il mondo ha conosciuto il 267esimo Pontefice. Robert Francis Prevost, statunitense agostiniano, ha deciso di farsi chiamare Leone XIV. Comunemente, il nome scelto è presagio di quello che sarà l’orientamento del Pontificato.
Chi era, però, Leone XIII, a cui il neo Santo Padre fa riferimento? Innanzitutto, è da ricordare che Pecci fu autore di una delle encicliche cattoliche principali, ossia la Rerum Novarum, che pose le basi della moderna dottrina sociale della Chiesa.
Perché Prevost ha scelto il nome di Leone XIV?

Ad annunciare il nuovo Pontefice e il nome papale scelto da quest’ultimo è stato il cardinale Dominique Momberti. Dalla Loggia delle Benedizioni di San Pietro, dunque, poco dopo le 19:00 di ieri, 8 maggio, si è affacciato Robert Francis Prevost, Papa Leone XIV.
La scelta del nome papale è uno dei passaggi fondamentali nell’iter pontificio, in quanto spesso è presagio di quello che sarà l’orientamento adottato dal neo eletto. È evidente, in questo caso, il richiamo di Prevost a Leone XIII, 256esimo Pontefice, ricordato come “il Papa dei lavoratori” o “il Papa sociale”.
Vincenzo Gioacchino Raffaele Luigi Pecci, infatti, è considerato il fondatore della Dottrina sociale, che con la sua enciclica Rerum Novarum ha posto le basi della Chiesa Cattolica moderna.
Leggendo la biografia di Prevost, per anni missionario in Perù, e ponendo attenzione sulle parole pronunciate nel discorso di presentazione ai fedeli, è apparsa la sua attenzione verso la mediazione politica e la gente comune:
Dobbiamo cercare insieme come essere una Chiesa missionaria, una Chiesa che costruisce i ponti, il dialogo, sempre aperta a ricevere, come questa piazza, con le braccia aperte a tutti, tutti coloro che hanno bisogno della nostra carità, la nostra presenza, il dialogo, l’amore.
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Chi era Leone XIII?
Gioacchino Pecci, Papa Leone XIII, è stato Pontefice dal 1878 al 1903 e ha rappresentato una figura fondamentale nella Chiesa Cattolica. Eletto in un clima post-risorgimentale, dopo il Pontificato dell’ultimo Papa-Re Pio IX, Pecci ha presieduto la sede papale per 25 anni. Si tratta del terzo pontificato per durata.
Leone XIII è stato un Papa modernizzatore, se si tengono presenti gli anni a lui contemporanei, caratterizzati dalla rottura della Chiesa con il nuovo stato italiano. Il Pontefice, infatti, è stato autore di una delle encicliche più famose della storia, ossia la Rerum Novarum.
Attraverso tale bolla, Pecci ha dimostrato la propria vicinanza ai lavoratori, suggerendo alla Chiesa una via differente da quella socialista e liberista, rispetto al tema dell’impiego. E ancora, Leone XIII ha dato esempio di come si potesse istituire una comunità cristiana aperta alle novità sociali, in ambito economico.
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Cos’è la Rerum Novarum?
La Rerum Novarum è la prima enciclica sociale della Chiesa Cattolica. Promulgata il 15 maggio 1891 da Papa Leone XIII, viene considerata un documento fondante della Dottrina sociale. Grazie a tale bolla, dunque, l’allora Pontefice è stato denominato “il Papa dei lavoratori” o “il Papa sociale”.
Nell’enciclica, infatti, sono numerosi i riferimenti alla dignità e alla tutela di chi lavora, toccando i temi del capitalismo, del socialismo e del liberismo, a cui il 256esimo Vescovo di Roma ha provato a trovare un’alternativa.
Già dal nome della bolla papale si può comprendere il contenuto, inerente al comportamento che la Chiesa doveva adottare nei confronti di quelle che, al tempo, erano le “cose nuove”. Il riferimento principale è, soprattutto, alla rivoluzione industriale e all’impatto che questa ha avuto sui popoli.
L’incipit del documento è, perciò: “L’ardente brama di novità che da gran tempo ha cominciato ad agitare i popoli doveva naturalmente dall’ordine politico passare nell’ordine simile dell’economia sociale“. Il testo prosegue, poi:
Se con il lavoro eccessivo o non conveniente al sesso e all’età, si reca danno alla sanità dei lavoratori; in questi casi si deve adoperare, entro i debiti confini, la forza e l’autorità delle leggi.
Nel tutelare le ragioni dei privati, si deve avere un riguardo speciale ai deboli e ai poveri.
Il ceto dei ricchi, forte per se stesso, abbisogna meno della pubblica difesa; le misere plebi, che mancano di sostegno proprio, hanno speciale necessità di trovarlo nel patrocinio dello Stato.
Perciò agli operai, che sono nel numero dei deboli e dei bisognosi, lo Stato deve di preferenza rivolgere le cure e le provvidenze sue.
I riferimenti a chi lavora, alle persone povere e alle questioni sociali, presenti nell’enciclica firmata da Pecci, sono stati mostrati, come già detto, nel discorso di Papa Leone XIV. Prevost, infatti, è apparso come attento non solo agli aspetti spirituali della Chiesa, ma anche a quelli umani.